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Mennyből az angyal

Miklós Varga
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OriginaleTraduzione italiana di Riccardo Venturi
MENNYBŐL AZ ANGYAL

Vers:
(Mennyből az angyal, menj sietve
Az üstökös fagyos Budapestre. 
Oda, ahol az orosz tankok 
Között hallgatnak a harangok. 
Ahol nem csillog a karácsony, 
Nincsen aranydió a fákon, 
Nincs más, csak fagy, didergés, éhség. 
Mondd el nekik, úgy, hogy megértsék. 
Szólj hangosan az éjszakából: 
Angyal, vigyél hírt a csodáról.)

Ének:
Mennyből az angyal, menj sietve
Az üstökös fagyos Budapestre. 
Oda, ahol az orosz tankok 
Között hallgatnak a harangok. 
Ahol nem csillog a karácsony, 
Nincsen aranydió a fákon, 
Nincs más, csak fagy, didergés, éhség. 
Mondd el nekik, úgy, hogy megértsék. 
Szólj hangosan az éjszakából: 
Angyal, vigyél hírt a csodáról. 

Csattogtasd szaporán szárnyad, 
Repülj, suhogj, mert nagyon várnak.
Ne beszélj nekik a világról, 
Ahol most gyertyafény világol, 
Meleg házakban terül asztal, 
A pap ékes szóval vigasztal, 
Selyempapír zizeg, ajándék, 
Bölcs szó fontolgat, okos szándék. 
Csillagszóró villog a fákról: 
Angyal, te beszélj a csodáról. 

Mennyből az angyal, menj sietve
Az üstökös fagyos Budapestre. 
Mennyből az angyal-menj sietve
Oda, ahol az orosz tankok 
Között hallgatnak a harangok.


Mondd el, mert ez a világ csodája: 
Egy szegény nép karácsonyfája 
A Csendes Éjben égni kezdett- 
És sokan vetnek most keresztet. 
Földrészek népe nézi, nézi, 
Egyik érti, másik nem érti. 
Fejük csóválják, sok ez, soknak. 
Imádkoznak vagy iszonyodnak, 
Mert más lóg a fán, nem cukorkák: 
Népek Krisztusa, Magyarország. 

És elmegy sok ember előtte: 
A Katona, ki szíven döfte, 
A Farizeus, ki eladta, 
Aki háromszor megtagadta. 
Vele mártott kezet a tálba, 
Harminc ezüstpénzért kínálta 
S amíg gyalázta, verte, szidta: 
Testét ette és vérét itta- 
Most áll és bámul a sok ember 
De szólni Hozzá senki nem mer. 

Mert Ő sem szól már, nem is vádol, 
Néz, mint Krisztus a keresztfáról. 
Különös ez a karácsonyfa, 
Ördög hozta, vagy Angyal hozta- 
Kik köntösére kockát vetnek, 
Nem tudják, mit is cselekszenek, 
Csak orrontják, nyínak, gyanítják 
Ennek az éjszakának a titkát, 
Mert ez nagyon furcsa karácsony: 
A magyar nép lóg most a fákon. 

Mennyből az angyal, menj sietve
Az üstökös fagyos Budapestre. 
Mennyből az angyal-menj sietve
Oda, ahol az orosz tankok 
Között hallgatnak a harangok.


És a világ beszél csodáról,
Papok papolnak bátorságról.
Az államférfi parentálja,
Megáldja a szentséges pápa.
És minden rendű népek, rendek
Kérdik, hogy ez mi végre kellett.
Mért nem pusztult ki, ahogy kérték?
Mért nem várta csendben a végét?
Miért, hogy meghasadt az égbolt,
Mert egy nép azt mondta: "Elég volt!”

Mennyből az angyal, menj sietve
Az üstökös fagyos Budapestre. 
Mennyből az angyal-menj sietve
Oda, ahol az orosz tankok 
Között hallgatnak a harangok.


Nem érti ezt az a sok ember, 
Mi áradt itt meg, mint a tenger? 
Miért remegtek világrendek? 
Egy nép kiáltott. Aztán csend lett. 
De most sokan kérdik: mi történt? 
Ki tett itt csontból, húsból törvényt? 
És kérdik, egyre többen kérdik, 
Hebegve, mert végképp nem értik- 
Ők, akik örökségbe kapták,- 
Ilyen nagy dolog a Szabadság? 

Angyal vidd meg a hírt az égből, 
Mindig új élet lesz a vérből. 
Találkoztak ők már néhányszor 
-a gyermek, a szamár, a pásztor- 
Az alomban, a jászol mellett, 
Ha az Élet elevent ellett, 
A Csodát most is ők vigyázzák, 
Leheletükkel állnak strázsát, 
Mert Csillag ég, hasad a hajnal, 
Mondd meg nekik, mennyből az angyal.

New York, 1956.
ANGELO DAL CIELO

Recitato:
(Angelo dal cielo, vai in fretta
nella gelida Budapest ferita.
Angelo dal cielo, vai in fretta
Là, dove tra i carrarmati russi
tacciono oramai le campane.
Là, dove il Natale non risplende,
non ci sono addobbi [1] sugli alberi,
altro non c'è che gelo, brividi, fame.
Diglielo, ché possano capire.
Parla loro forte dalla notte:
Angelo, porta il messaggio d'un prodigio.)

Cantato:
Angelo dal cielo, vai in fretta
nella gelida Budapest ferita.
Angelo dal cielo, vai in fretta
Là, dove tra i carrarmati russi
tacciono oramai le campane.
Là, dove il Natale non risplende,
non ci sono addobbi sugli alberi,
altro non c'è che gelo, brividi, fame.
Diglielo, ché possano capire.
Parla loro forte dalla notte:
Angelo, porta il messaggio d'un prodigio.

Sbatti rapidamente le tue ali,
vola, frulla perché aspettano tanto.
Non parlare loro del mondo
dove adesso ardono le candele,
le tavole traboccano [2] in case calde,
il prete conforta con solenni parole,
fruscia la carta: ecco il regalo!
Si medita [3] una saggia parola, un buon proposito.
Una candela riluce sugli alberi:
Angelo, parla di un miracolo.

Angelo dal cielo, vai in fretta
nella gelida Budapest ferita.
Angelo dal cielo, vai in fretta
Là, dove tra i carrarmati russi
tacciono oramai le campane.


Diglielo, perché questo è il prodigio del mondo:
L'albero di Natale di un povero popolo
ha preso a accendersi nella notte silente,
e ora in tanti si fanno il segno della croce.
E i popoli dei continenti guardano, guardano,
qualcuno capisce, qualcun altro no.
Scuotono il capo, e per tanti è già tanto.
Stanno pregando o provando disgusto
Ché qualcos'altro pende dall'albero, non caramelle:
il Cristo dei popoli, l'Ungheria.

Davanti a Lui [4] passano tante persone:
il Soldato che gli ha trafitto il cuore,
il Fariseo che lo ha consegnato,
e chi lo ha tradito tre volte,
chi con Lui ha intinto la mano nel piatto,
voleva venderlo per trenta denari
e intanto lo oltraggiava, lo picchiava, lo insultava:
ha mangiato il Suo corpo e bevuto il Suo sangue.
Ora tanta gente sta là e Lo guarda fisso,
ma nessuno osa dirgli niente.

Perché Lui non dice niente e non accusa,
guarda, come il Cristo dalla croce.
È strano, quest'albero di Natale,
chissà chi lo ha portato: il Diavolo, o un Angelo.
Chi si gioca a dadi la sua tunica
non sa che cosa sta facendo,
solo presente [5], presagisce, sospetta
il segreto di questa notte,
perché questo è un Natale assai bizzarro:
è il popolo ungherese, ora, che pende dagli alberi. [6]

Angelo dal cielo, vai in fretta
nella gelida Budapest ferita.
Angelo dal cielo, vai in fretta
Là, dove tra i carrarmati russi
tacciono oramai le campane.


E il mondo parla di miracolo,
i preti blaterano di coraggio.
L'uomo di stato pure fa la predica
e sua santità il papa lo benedice.
E tutti i popoli d'ogni ordine e classe
si chiedono perché è dovuto succedere.
Perché non è finito tutto, come chiedevano?
Perché non hanno atteso, zitti, la fine?
Perché s'è squarciato il firmamento,
E popolo ha detto: “Ora basta!”

Angelo dal cielo, vai in fretta
nella gelida Budapest ferita.
Angelo dal cielo, vai in fretta
Là, dove tra i carrarmati russi
tacciono oramai le campane.


Tante persone non lo capiscono,
perché tutto questo è straripato come un mare?
Perché ha tremato l'ordine mondiale?
Un popolo ha gridato. E, poi, silenzio.
Ma ora in molti si chiedono: che è successo?
Chi di carne e ossa ha fatto legge? [7]
E se lo chiedono, e se lo richiedono
balbettando, perché davvero non capiscono
quelli che la hanno ricevuta in eredità:
è una cosa tanto grande, la Libertà?

Angelo, reca il messaggio dal cielo:
sempre dal sangue sgorga nuova vita.
Già s'incontrarono, qualche volta,
il bambino, il pastore e l'asinello
in sogno, accanto alla mangiatoia.
Se la vita ha dato vita,
anche ora sorvegliano il prodigio,
lo proteggono col loro fiato.
perché splende una Stella, sorge l'alba;
e tu diglielo, Angelo dal cielo.
[1] Lett. "noci dorate, noci d'oro".

[2] Il verbo terül (in ungherese i verbi non si nominano all'infinito, ma alla III persona singolare del presente indicativo della coniugazione soggettiva) significherebbe alla lettera "cadere, stramazzare al suolo". Si usa però nell'espressione terülj asztalkám!, ovvero: "tavolino mio, riempiti [d'ogni ben di Dio]". In pratica, il famoso: "Tavolino, apparecchiati!" della fiaba.

[3] Nelle traduzioni italiane questa parola è tralasciata. Ed è comprensibile, perché pone delle difficoltà: il soggetto della frase (al nominativo) è bölcs szó e il predicato è fontolgat "medita, riflette". La mia soluzione è qui "ad sensum".

[4] O "davanti a Lei": poiché l'Ungheria è Cristo, l'ambiguità e voluta. La lingua ungherese, del resto, non ha alcun genere grammaticale e non distingue tra "lui" e "lei". L'identificazione tra il tradimento subito da Cristo e quello subito dall'Ungheria è qui totale e indistinguibile. Se si vuol intendere "Lei, l'Ungheria" (e la cosa, ripeto, è totalmente libera e legittima), in italiano è ovviamente necessario mettere tutti i pronomi al femminile. Io ho optato per il "Cristo dei Popoli". Un traduttore turco o finlandese non ha qui di tali problemi, fortunato lui.

[5] Dal verbo "presentire".

[6] L'immagine ha un chiaro doppio senso: nelle case del "mondo libero" si festeggia il Natale con gli addobbi e i dolci che pendono dagli alberi di Natale, mentre agli alberi ungheresi pende il popolo ungherese, impiccato.

[7] Vale a dire: chi per legge ha sterminato e massacrato.


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