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Beg ar Van

Alan Stivell
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OriginaleTraduzione italiana di Flavio Poltronieri
BEG AR VANLA PUNTA DI VAN
  
Goursaw-heol gouañv gant gouloù loar 'dreus red ar c'houmoul louedSolstizio d'inverno, luce di luna attraverso la corsa grigia delle nubi,
D'an New'amser warlec'h kreisteiz en aour al lannegin primavera, pomeriggio nell'oro della landa,
E Beg ar Van goude kuzh-heol 'raog nos, er misioù dualla Punta di Van [1] subito dopo il crepuscolo nei mesi bui
Pa ba' bourc'h Plogoñv da vitin araog dihun an dudo nel borgo di Plogoff [2], il mattino prima del risveglio della gente
  
"Ar chass a glewan o harzhal, setu ar soudarded c'hall".« Sento i cani abbaiare, ecco i soldati francesi! » [3]
Prest eo ar bobl e penn ar Bed, prest eo hi' wid ar gad diwezañIl popolo dell'estremità del mondo è pronto, è pronto per l'ultimo combattimento,
'Vo ket 'wid c'hoari 'vel boas, ga'r voger bar c'hein 'vo dic'hrassquesto non sarà un gioco come al solito, la schiena al muro, sarà senza pietà
  
Dirag plegmor an Anaon epad nos KalannaIn faccia alla Baia dei Trapassati [4], durante la notte di San Silvestro,
E chomen mud, torret ma naon, o wel penn Eurasiaio restavo muto, senza fame, guardando la punta eurasiatica,
Leun oa ma fenn gant hunvreoù Morgan, Isold, Ahesla mia testa era piena di sogni di Morgana, Isotta, Ahes [5],
Gant kleier ilisoù Kêr-Ys ha manati drouizeseddei carillon della città di Ys [6], del monastero delle sacerdotesse druide
  
Mallozh, mallozh d'an heñi a gred disakro douar hol lorc'hMaledizione, maledizione a colui che osa profanare la terra del nostro orgoglio
Prest eo....È pronto...
  
Ba' daoulagad an dud'so krog ba' kerreg du KernewNegli occhi del popolo che si aggrappa alle rocce nere di Cornovaglia [7]
Dimezo 'ra a neñv ga'r mor, an eñvor o skedosi sposano il cielo e il mare, il ricordo vi risplende,
E peb sellad pell ar c'hornog 'ma oll furnezh ar Bedin ogni sguardo all'estremo-occidente si trova tutta la saggezza del mondo
Brasset war ar chadenn-buhez diboa geneliezh mab-denche è cresciuta sulla catena della vita dopo l'apparizione dell'Uomo
  
Mallozh, mallozh d'an heñi a gred disakro douar hol lorc'hMaledizione, maledizione a colui che osa profanare la terra del nostro orgoglio
Prest eo....È pronto...
  
Ba' daoulagad an dud dre'man e chom ur vadelezh donNegli occhi della gente di qui abita una bontà profonda,
Dont'ra deus an tri mil kantved, o beaj hir war an henttremila secoli, il loro lungo viaggio, l'hanno elevata,
E ped lagad e c'haller lenn ur gounar gozh ha leunin ogni occhio si può leggere una collera antica e piena
Sevel gorreg 'vel un arme divent 'wid 'r gad diwezañlevarsi lentamente come un esercito immenso per l'ultimo combattimento
  
"Ar chass a glewan o harzhal, setu ar soudarded c'hall!"« Sento i cani abbaiare, ecco i soldati francesi! »
Prest eo....È pronto...
[1] Riguardo al significato di Beg ar Van[n] ci sono due ipotesi : la prima vuole che significhi « Punta della Spuma Marina » (ma man, di cui van è la forma mutata, significa anche « lichene ») ; la seconda, invece, dovrebbe voler dire « Punta del Niente » (mann « niente, zero »). Si propende per la prima ipotesi. Nessun dubbio invece per il nome della Pointe du Raz (in bretone : Beg ar Raz) : in bretone (e in francese) il raz è una forte corrente marina che si insinua negli stretti, e lo stretto in questione è il famoso Raz de Sein, che separa la Punta di Raz dall'isola di Sein. Come curiosità estrema, si sappia che dalla Baia dei Trapassati parte un percorso di sentieri, l' « E5 » lungo circa 3000 km, che arriva fino a Venezia.

[2] Nel testo (ricordiamo che l'ortografia di Alan Stivell in questo testo non corrisponde a quella ufficiale unificata) si usa la forma Plogoñv ; la denominazione ufficiale bretone attuale del borgo è invece Plougon. Per quanto possa sembrare incredibile, nell'antica grafia del bretone si utilizzava -ff, del tutto convenzionalmente, per indicare la nasalizzazione della vocale precedente : da qui Plogoff (grafie antiche anche : Plougonff, Plogonff).

[3] La citazione è un verso da un canto del Barzhaz Breizh, Ar re c'hlas (« I blu, gli azzurri ») [Flavio Poltronieri]

[4] La Baia dei Trapassati (in bretone : Bae an Anaon ; in francese : Baie des Trépassés è interamente compresa tra la Pointe du Raz e la Pointe du Van ed è, probabilmente, uno dei siti più visitati di tutta la Bretagna (il qui presente tentò di farci pure il bagno, rimanendo congelato all'istante e rischiando, appunto, di trapassare). Naturalmente, come per tutta la zona, le leggende fioccano : spiriti di naufraghi, i cadaveri dei marinai trasportati al cimitero di Sein, fantasmi e quant'altro (leggende ovviamente alimentate dai locali, dato che buttarsi in quel mare là dà i brividi e non solo per il gelo). In realtà, pare che il nome originale della baia fosse assai più prosaico : siccome vi si getta un piccolo corso d'acqua, si chiamava Bae an Avon, poi trasformatosi in Bae an Anaon (anaon : « trapassati, anime dei morti »).Tale trasformazione deve avere alimentato assai le leggende, anche se di naufragi in quel non facile braccio di mare ce ne devono essere stati comunque parecchi.

[5] Se Morgana e Isotta dovrebbero essere personaggi arturiani decisamente noti, Ahès lo è senz'altro un po' meno. Dalle leggende non si sa bene se sia una principessa, una fata o una gigantessa ; spesso è confusa con Dahut, la figlia del re Gradlon nella leggenda della città di Ys (v. nota 6). Ahès è comunque, nelle leggende, una indefessa costruttrice di strade ; questa specie di ANAS arturiana ha dato origine ai numerosi « Chemins d'Ahès » che pullulano in Bretagna e pure nello spazio siderale, dato che « Chemin d'Ahès » si chiama pure la Via Lattea, e « Char d'Ahès » è un carretto nella costellazione dell'Orsa Minore. Un'etimologia popolare le ha fatto fondare anche la città di Carhaix (intesa come Kêr Ahez « città di Ahès »). La sua tomba si troverebbe sotto un dolmen a Prat.

[6] Sarebbe qui troppo lungo ripercorrere tutta la leggenda della città di Ys (in bretone : Is o Kêr-Is), l' « Atlantide bretone » inghiottita dal mare (in tutte le mitologie c'è almeno una città che ha fatto tale orrenda fine). Le vicende di San Guénolé, del re Gradlon e della di lui figlia Dahut sono d'altronde abbastanza note ; ma a chi non lo fossero consiglierei di leggersi, in francese, il buon articolo Wikipediano. Is, in bretone, è la forma primitiva di isel « basso » : significa quindi « Città Bassa », o « Città sotto (il mare) ». E' durata a lungo la leggenda paretimologica che legava questo nome a quello di Parigi: secondo alcuni, il nome « Paris » sarebbe stato pure di origine bretone, con il significato di « ugualmente bassa » (par-is). Sulla città di Ys e sulla sua non invidiabile fine è stato scritto di tutto : libri, storie, poemi, sinfonie (famosa quella di Jef Le Penven), canzoni e brani musicali (come la famosa Ys di Alan Stivell, in Renaissance de la Harpe Celtique del 1971, che lo stesso Stivell eseguì anche nel concerto fiorentino al teatro Apollo, il 1° giugno 1981, presentandola in un modo indimenticabile -almeno per me che ero presente : Una....una cansone sulla scittà di Ys...che era...la cità somersa por el mare....y poi...mi italiano es muy pobre...)



[7] Si tratta qui, ovviamente, della Cornovaglia bretone (Kernev o Bro-Gernev). La Cornovaglia britannica si chiama in bretone Kernev-Veur (o Kerneveur), cioè « Grande Cornovaglia » (allo stesso modo come la « Gran Bretagna » è Breizh Veur).


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