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Wreccan wifes ged [The Wife's Lament; The Wife's Complaint]

anonimo
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Traduzione italiana di Giuseppe Brunetti.
IL LAMENTO DELLA MOGLIE ESILIATAIL LAMENTO DELLA MOGLIE
Canto questo lamento di me misera, e della
mia dolorosa esperienza, e posso dire
che tutte le mie afflizioni antiche e nuove
sopportate da me da quando sono donna
non furono mai così atroci come lo sono ora.
Sempre nella mia vita ho dovuto combattere
contro durissime pene. Il mio signore un giorno
partì sopra le onde che si frangono, abbandonò il suo popolo,
e io rimasi insonne nell'angoscia, e mi chiedevo
in quali terre il mio principe vivesse.
Allora anch'io me ne andai, misera e senza amici,
alla ricerca d'un nobile che mi potesse accogliere
al suo servizio. Ma i più vicini congiunti
di mio marito, in segreto consiglio,
complottarono contro di noi per poterci dividere,
perché su questa terra vivessimo nell'odio,
l'uno dall'altra separati, mentre mi consumavo
per amore di lui. Ma il mio spietato signore
ordinò che venissi condotta
in questa terra dove non ho amici
leali, o sinceri compagni, e il mio cuore è triste,
perché ho scoperto che l'uomo che a me si addiceva
è di animo cupo e cuore miserabile,
nasconde i suoi pensieri e medita un delitto.
Con volto sempre sereno avevamo giurato
che soltanto la morte ci avrebbe separati.
Come tutto è mutato da allora: il nostro amore
è come se non fosse mai esistito.
Vicino o lontano che sia, ora devo soffrire
l'odio del mio signore tanto amato.
Fui costretta a passare la vita
nella caverna scavata nella terra,
sotto la quercia nel folto del bosco,
e la caverna è antica, e mi consumo d'amore per lui.
Vi sono oscure vallate e ripide colline,
tetre foreste simili a fortezze, coperte di rovi -
una triste dimora. L'assenza del mio sposo
spesso mi affligge amaramente. Nel mondo
vi sono amanti che vivono, e si dividono un letto,
l'uno all'altro cari; io solitaria nell'alba
cammino fra queste caverne nascoste dalle querce.
Durante il lungo giorno dell'estate
resto seduta a piangere tutte le mie miserie,
tutti i miei duri affanni. Per questo non potrò
mai trovare riposo all'ansia del mio spirito,
nessuna quiete alla pena che affligge la mia vita.
Sia sempre triste l'animo di quel giovane,
e amari i suoi pensieri; per quanto lieto il suo volto,
possa provare il peso dell'angoscia, l'atroce tormento
di un continuo dolore. E la sua gioia mondana
sia disprezzata ovunque, ed egli stesso sia
esiliato in paesi lontani; perché il mio amante, il mio
sconsolato signore sta sotto dirupi di roccia,
e lo copre il nevischio di forti bufere, le acque lo circondano
in luoghi dolorosi. Il mio signore soffre,
gli affanni lo tormentano, ché troppo spesso ricorda
una dimora più lieta. Amare pene pesano
su chi inutilmente si strugge per il suo amore lontano.
Di me tristissima riferisco questa storia,
le mie vicissitudini. Posso dire
che affanni ho sofferto da adulta,
in passato o di recente, mai più di adesso –
sempre ho patito il tormento delle mie sventure.
Dapprima il mio signore andò via dalla sua gente
oltre il tumulto delle onde; all’alba penavo
al pensiero di dove fosse il capo d’uomini.
Quando partii per cercare il seguito,
derelitta senza amici, in doloroso bisogno,
i parenti dell’uomo si proposero
di separarci per un segreto intento,
cosicché lontanissimi abbiamo vissuto
al mondo infelicissimi, e io mi struggevo di desiderio.
Il mio signore m’ordinò di prender dimora qui,
ho avuto pochi amici, diletti e fedeli,
in questa contrada. Perciò è triste il mio animo,
quando ho trovato che l’uomo a me appropriato
è sfortunato, triste nell’animo,
cela il suo intento meditando atti crudeli.
Con lieto contegno ci promettemmo spesso
che solo la morte ci avrebbe separati,
nient’ altro; poi è tutto cambiato,
[annullato] ora, come se mai fosse stata,
la nostra amicizia. Lontana o vicina
patirò l’inimicizia del tanto amato.
L’uomo m’ha ordinato di dimorare in un folto
d’alberi, sotto una quercia in un antro.
Antica è questa sala di terra, e io tutta mi struggo.
Sono cupe le valli, scoscesi i monti,
aspra la cinta, coperta di rovi,
dimora senza gioia. Qui spesso crudele mi colse
la dipartita del signore. Sono in terra amici,
vivono amanti, tengono il letto,
quando all’alba io vago sola
sotto la quercia per questi antri.
Là posso sedere lunghi giorni,
là piangere le mie sventure,
i molti affanni. Perciò mai posso
aver requie della mia pena,
né dello struggimento che mi ha colto in questa vita.
Sarà forse sempre triste il giovane,
duro l’intento del cuore, e ad un tempo avrà
lieto contegno, oltre ad affanno,
ressa d’incessanti dolori, sia che da lui stesso dipenda
tutta la sua gioia al mondo, o sia in largo reietto
in paese lontano, cosicché il mio amico siede
sotto una scogliera coperto da gelo di tempesta,
l’amico affranto, avvolto d’acqua
in dimora desolata. Soffrirà il mio amico
grandi affanni – ricorderà troppo spesso
dimora più felice. Male a chi deve
struggendosi aspettare l’amato.


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