Lamentu d’una matri
Ignazio ButtittaTraduzione italiana (della seconda versione) dal sito dell’Istituto... | |
LAMENTO DI UNA MADRE I Udii in quel primo di maggio la musica suonare per via, e dissi al mio uomo, che ancora dormiva, scuotendolo forte: «Su, alzati, Turi, la musica suona, venuto è Li Causi!» (*) E dissi a mio figlio: «Quest’oggi il berretto ch’è nuovo ti metto, perché il primo maggio ci porta speranza». II Aprii la porta, entrò tanto sole e tutta di rosso la casa riempì. E infilo al mio uomo un fiore all’occhiello; lo bacio e l'abbraccio: è amore e rispetto. E il padre ed il figlio unisco per mano: «Là, parla Li Causi, correte su al piano». Il nuovo berretto si mise mio figlio. «Evviva Barbato!» (**) s’udì sulla strada. Mi parve che il cuore fuggisse da un lato; alzavo le braccia: «Evviva Barbato!» III Poi udii sparare, sparare, lassù; non vidi più nulla, mi misi a gridare. davanti alla porta: «Comare! Vicini! Di sangue innocente si fanno torrenti!» M’avvento sull’erta fra pietre e fossati, le spine mi strappano fin dentro la carne. Cadevo riversa, cadevo bocconi, e i denti e le mani la terra uncinavano. E sempre salivo, il cuore alla bocca, tra voci di madri e fumo e lamenti. E là, fu che vidi mio figlio ammazzato: il mondo mi parve che fosse crollato. IV Figlio! Perché t’hanno ucciso, che male hai fatto, così gli dicevo: eri una colomba, di zucchero e miele. Figlio! Quanto sangue hai in faccia! Tu lascia che lo lavi con tutte le mie lacrime; prenditi questo fiato, l’ultimo che mi resta, ed apri ora i tuoi occhi: che li veda brillare solo ancora una volta! Figlio! Non posso più chiamarti per risvegliarti all’alba, condirti d’olio il pane. Figlio! Mai ti lascerò solo, se ti metti in cammino sarò sulla tua strada; dove tu dormirai per te sarò cuscino, le braccia la tua coltre; e dove tu entrerai là, io ti seguirò; e se c’è fuoco che avvampi dentro mi butterò, se spine, mie saranno, se pianto scoppierà l’assorbirà il mio cuore. O mio figlio d’amore, il tuo berretto nuovo, ora ti servirà in eterno per il tuo lungo viaggio. | LAMENTO DI UNA MADRE Figlio, quando eri bambino, saltavi per le strade come un grillo; un giorno mi portasti una farfalla con l'ali d'oro e la testina gialla: Ahi! Ahi! Come tuo padre fosti zappatore e ti levavi con il primo albore; e fuori dalla porta, con la mano, mi salutavi ancora da lontano: Ahi! Ahi! Quando tornavi fingevi allegrezza, ma in faccia mostravi stanchezza; io ti asciugavo la fronte sudata e tu mi davi il primo bacio ed io: "Mangia, " e tu: "Mangia con me," e si sedevano Gesù con Maria: Ahi! Ahi! Poi che il sonno veniva improvviso ti addormentavi al braccio appoggiato, io ti svestivo, adagio, adagio, e ti scaldavo con il mio fiato, poi mi sdraiavo vicino a te, con la mia testa sul tuo cuscino: Ahi! Ahi! Una nottata sognai che tu eri diventato un grande cavaliere, l'imperatore dei paladini, con Orlando e Rinaldo arditi e fieri, e tu entravi con le bandiere in testa in una città e ti facevano festa. Correva gente a farti regali: una giumenta alta con le ali un elmo che sembrava un campanile e una corazza d'oro ti portavano: Ahi! Ahi! Ma ora non ti sogno imperatore, nè cavaliere e neanche zappatore, se ti sognassi urlerei atterrita che sei piantato come Cristo in croce. Ora non parli, non vedi, non rispondi, sordo come la terra e come l'onde; ora non parti e non torni quando è scuro e i miei occhi trapassano il muro: Ahi! Ahi! Ora non ti svesto, figlio, non ti addormento, se mi accosto al tuo letto mi spavento e se la testa appoggio sul cuscino, trabocca il sangue e il letto ne è pieno: Ahi! Ahi! |
(*) Girolamo Li Causi (1896-1977), primo segretario del PCI siciliano, che per Portella della Ginestra accusò apertamente la polizia di aver coperto i mafiosi e i separatisti autori della strage e Scelba di essere direttamente implicato nella sua pianificazione.
(**) Nicola Barbato (Kola Barbati in albanese, 1856-1923) è stato un politico e medico italiano di etnia arbëreshë. Fu uno dei leader dei Fasci siciliani dei lavoratori e del Partito Socialista siciliano. Memorabili i sui comizi proprio a Portella della Ginestra, che tradizionalmente era luogo d’incontro dei lavoratori. La polizia di Crispi e i mafiosi di Francesco Cuccia gli uccisero il fratello Mariano e l’amico Bernardino Verro, sindaco di Corleone, tant’è che Barbato fu costretto a mettersi in salvo a Milano, dove morì nel 1923.
Non bisogna dimenticare che la maggioranza delle vittime della strage di Portella della Ginestra era di etnia arbëreshë, come il Barbato.