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Durerea femeiască

Tatiana Stepa
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Versione francese di Nora D. da lyrics translate
IL DOLORE DELLE DONNE

Lavoriamo tutti i giorni come schiave,
Belle lo siamo state, da giovani 1.
E la condanna di imbruttirci
Persino voi, che ci amate, ce la date sempre.

Siamo già alzate che è ancora l'alba,
E vi stupite che non abbiam più belle gambe, 2
Ma voi, che vi credete sempre ragazzi,
Perché son sembrate più giovani sposi?

Quando ci date il diritto di lavorare,
Ci ammazziamo di lavoro al vostro fianco;
Ogni tanto ci mettete dei figli in pancia
E poi ve ne andate da altre, ridendo.

Vi abbiamo sempre perdonato, sempre coperti,
e non serve a nulla andare oltre; 3
Infine bisognerebbe riconoscere
Che, comunque, la donna non ha alcun diritto.

E, alle volte, pecchiamo pulite dentro 4
credendo con gran lacrime da occhi atei
Che anche Dio stesso è un uomo
E che le donne no, non le capisce.

Ma, ahinoi, una tempo era così bello,
Era come nei film d'amore; 5
E ora ci ammazziamo scrupolosamente
e ogni giorno ci distruggiamo senza un senso.

Ci schiaccia 6 una vita senza un orizzonte
E voi pure ci schiacciate in modo feroce 7
Viviamo come vedove di guerra
E le mani ci diventano sempre più ruvide.

Vi abbiamo sempre perdonato, sempre coperti,
e non serve a nulla andare oltre;
Infine bisognerebbe riconoscere
Che, comunque, la donna non ha alcun diritto.

Ora, mentre ascoltate questo rimprovero,
Voltate lo sguardo senza guardare nulla;
Ci date ragione con un cenno 8, magnanimi,
E credete che non si sta parlando di voi.

Eppure si sta parlando di tutti,
Siete tutti uguali, malvagi e avidi,
Il dolore delle donne, per i mariti,
È un credito senza garanzie e utili.

Vi siete annoiati di noi, vi siete annoiati,
e ci ammazzereste, cari uomini.
noi vi preghiamo almeno di una cosa:
potete insultarci e maledirci,

Ma almeno fatelo a voce bassa
e aspettate che i bambini si siano addormentati.
LA SOUFFRANCE DE LA FEMME

Nous travaillons, comme des esclaves, jour après jour
Nous étions belles dans notre première jeunesse,
Et vous nous condamnez à la laideur,
Vous-mêmes, qui nous aimez, le faites sans cesse.

Nous sommes debout même avant l’aube
Et ça vous étonne que nos jambes soient moins fines
Mais vous, qui vous prenez encore pour des jeunes hommes,
Pourquoi n’êtes-vous pas beaux, comme par le passé?

Quand vous nous permettez de travailler,
Nous nous épuisons à vos côtés,
De temps en temps, dans nos ventres vous mettez vos enfants,
Et vous allez chez d’autres femmes, en riant.

Nous vous avons défendus et pardonnés,
Et il est inutile de continuer,
Il faut admettre qu’en fin de compte,
La femme n’aucun droit dans ce monde.

Parfois, en toute innocence, nous péchons,
En nous disant, des larmes athées à nos yeux,
Que Dieu lui-même doit être un homme,
Qui ne comprend pas les femmes.

Hélas, autrefois c’était trop beau,
C’était comme dans les films sentimentaux,
Et à présent nous nous tuons diligemment,
Chaque jour nous nous détruisons inutilement.

La vie sans horizon nous écrase
Et vous aussi, avec férocité,
Nous sommes comme des veuves de guerre
Et la peau de nos mains s’abîme toujours plus.

Nous vous avons défendus et pardonnés,
Et il est inutile de continuer,
Il faut admettre qu’en fin de compte,
La femme n’aucun droit dans ce monde.

En entendant cette accusation,
Vous nous regardez d'un manière indifférente,
Grands seigneurs, vous nous donnez raison,
Et vous ne vous sentez pas concernés.

Pourtant, ce reproche vous est adressé à tous,
Vous êtes tous pareils, méchants et avides,
La souffrance qu'un époux inflige à sa femme
Est un crédit sans garanties ni taux d’intérêt.

Vous vous êtes lassés de nous, chers hommes,
Et vous avez envie de nous tuer,
Nous vous demandons une toute dernière chose
Insultez-nous, maudissez-nous si vous voulez,
Mais faites-le à voix basse,
Et attendez que les enfants s'endorment.

Note (linguistiche) alla traduzione

Si tratta di note, in questo caso, esclusivamente linguistiche; però, credo, potranno servire anche ad una migliore comprensione di questo testo. Chiaramente le note vogliono anche mettere in risalto la latinità del tutto particolare del rumeno. [RV]

[1] Pe cel dintâi traseu alla lettera significa “nella (o “durante”) il primo tragitto [primo tratto, prima parte del percorso ecc.]”; cioè nella prima giovinezza. Cel dintâi “primo” è formato sul latino antaneus, come il francese antan, e l'italiano “anziano”.

[2] Alla lettera “siamo/stiamo in piedi”; solo che picioare, in rumeno, significa sia “piedi” che “gambe” (dal latino volgare *petiolu-, per *pediolu- "piedino"). Nel verso che segue, per un rumeno è inutile ripetere il termine, per intendere “belle gambe”; in italiano, dove non si dice “stare sulle gambe” per “essere alzato”, “essere sveglio”, bisogna specificare.

[3] Nu-i înţelept può essere inteso anche come „non è saggio, non è prudente”; înţelept è il latino intellectus.

[4] Păcătuim curat alla lettera è qualcosa come „pecchiamo lealmente”, „onestamente” e roba del genere. Păcăt è il latino peccatum, al quale viene qui aggiunto un suffisso verbale di origine ungherese (-ui deriva dalla desinenza dell'infinito ungherese, -ni).

[5] Nell'originale rumeno il verbo (a fost) non è all'imperfetto, ma al passato prossimo: „è stato”. Ma nel periodare italiano comune qui ci sta meglio l'imperfetto. Come l'italiano del nord, il rumeno ha praticamente eliminato il passato remoto dalla lingua parlata; resiste solo nella lingua letteraria.

[6] Il verbo a învinge (l'infinito rumeno „breve” è sempre preceduto dalla particella „a”, come l'inglese „to”) significa „sconfiggere, battere, domare, soffocare” e cose del genere. Chiaramente corrisponde a „vincere” (latino *invincere). Il rumeno ha due infiniti: quello "breve" con "a" (a cânta "cantare"), che ha valore verbale, e quello "lungo" in -re, che però ha solo valore di sostantivo: cântare "canto, il fatto di cantare". Ha valore verbale solo nel cosiddetto "condizionale inverso": cântare-aş "canterei" (ma normalmente si dice aş cânta.

[7] Câinesc è chiaramente un derivato di câine „cane”: „cagnesco, da cani”.

[8] Qui ho corretto anche il testo rumeno: il verbo è, propriamente, a încuviinţa „assentire, approvare, dare ragione”; quindi „approvate, assentite con la testa”, „fate un cenno di approvazione col capo”. Deriva da cuvânt „parola”, plurale cuvinte, dal latino conventum „colloquio, riunione, assemblea”.


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