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רבקהלע די שבתדיקע

Paysakh Kaplan [Pesach Kaplan] / פסך קאַפּלאַן
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Versione italiana di Leoncarlo Settimelli
RIVKELE DEL SABATO

Rivkele del sabato lavora in fabbrica,
intreccia fili e filati, torce e ritorce lo spago.
“Ah, il ghetto, il buio ghetto, dura da così tanto,
e il mio cuore è triste, mi fa così soffrire.”
Rivkele si siede in preda alla pena, ahi, ahi, affranta,
poiché il suo caro Hershele ancora non si vede.
“Come sarà dura là per lui, com'è buio qui per me,
da quel sabato, da quell'ora.”
Rivkele si siede e culla il suo unico bimbo:
“Tornerà il babbo, tornerà prestissimo,
e porterà da mangiare, e un sacco di pane.”
E Rivkele non sapeva che Hershele era morto.
RIVKELE DEL SABATO

Rivkele del sabato che inizia il lunedì
a intrecciare le sue corde nella fabbrica ogni dì
e intrecciando la settimana passerà
lento scorre il tempo col pensiero sempre là

Rivkele del sabato che a casa tornerà
quante lacrime stanotte sul cuscino verserà
ed ad ognuna chiede su dimmi come sta
ma nell'alba grigia la sirena chiama già

Rivkele del sabato che intreccia i suoi perché
i "chissà se qualche volta riuscirà a pensare a me
e come starà e che vita che farà
da quel freddo lager chissà mai se tornerà"

Rivkele del sabato che chiamano così
perché fu proprio di sabato che un grido si sentì
e nel ghetto il passo straniero risuonò
e il suo amore come tanti a casa non tornò


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