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Cantata Santa María de Iquique

Quilapayún
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Version française - CANTATE SAINTE MARIE DE IQUIQUE – Marco Va...
CANTATA SANTA MARIA DE IQUIQUE


1. Chiamata all'attenzione

Signore e Signori
andiamo a raccontare
quello che la storia
non vuole ricordare.
Accadde nel gran Nord,
Iquique fu la citta',
Il mille e novecentosette
fu proprio un anno fatale.
La', il povero "pampero"
Lo ammazzaron cosi' per fare.

Saremo noi a parlare,
diremo la verita'.
Verita' che e' la morte amara
degli operai del salnitro.
Ricordate la nostra storia
di pena senza perdono;
quanto piu' passa il tempo,
mai bisogna dimenticare.
E ora vi chiediamo
di fare tutti attenzione.

2. Primo racconto

Se contemplate la pampa e i suoi angoli
vedrete le secchezze del silenzio,
il suolo abbandonato e le officine vuote
come l'ultimo dei deserti.

E se osservate la pampa, e la immaginate
ai tempi dell'industria del salnitro,
vedrete la donna a un mesto focolare,
l'operaio senza volto, il bambino triste.

Vedrete anche la stamberga diroccata,
la candela che illuminava la sua poverta';
le pareti incrostate di giallamina
e, per letto, i sacchi stesi in terra.

Vedrete anche castighi umilianti,
un ceppo in cui mettevan l'operaio
per giorni e giorni fisso al sole,
non importa se, alla fine, poi moriva.

La colpa dell'operaio, molte volte,
era il dolore fiero che mostrava.
Ribellione impotente, che insolenza!
La legge del ricco padrone e' sacra.

Vedrete anche la paga che gli davano.
soldi non ne vedevano, solo buoni;
un buono per ogni giorno di lavoro,
che veniva cambiato per mangiare.

E attenti a comprare da altre parti!
Non si poteva, in nessuna maniera,
anche se la roba era meno cara.
Era stato vietato dalla Fabbrica.

Il potere d'acquisto di quel buono
si era via via abbassato, con il tempo;
ma il salario giornaliero restava uguale.
Un aumento? Neppure a parlarne.

Se contemplate la pampa e i suoi angoli
vedrete le secchezze del silenzio.
E se osservate la pampa e com'e' stata
sentire, strozzati, dei lamenti.

3. Prima canzone

Il sole nel grande deserto
e il sale che ci bruciava.
Il freddo nelle solitudini,
nebbia densa, lunga notte.
La fame di pietra secca
e i gemiti che ascoltava.
La vita di morte lenta
e la lacrima che scorreva.

Le case spossessate
e l'operaio che attendeva
il sonno, che era l'oblio,
a una pena rimandata.
Il vento nella pampa immensa
non sarebbe cessato mai.
Durezza di siccita'
per sempre sarebbe rimasta.

Il salnitro, pioggia benedetta,
diventava maledetta.
La pampa, pane d'ogni giorno,
cimitero e terra amara.
E passava, passava il tempo,
continuava a far tutto schifo,
durezza di siccita'
per sempre sarebbe rimasta.

4. Secondo racconto

Si erano accumulati tanti danni,
tanta poverta', tante ingiustizie;
non ne potevan piu', e con le parole
dovettero richiedere le cose.

Alla fine del mille e novecentosette
inizio' lo sciopero nel San Lorenzo;
e all'improvviso tutti ascoltarono
un grido che volava nel deserto.

Da un'officina all'altra, come raffiche,
s'udivan le proteste operaie.
Da un'officina all'altra, i signori
guardavano indifferenti o con disprezzo.

Cosa importa loro della ribellione,
di quelli che non ha nulla, dei paria.
Presto torneranno, ben pentiti,
la fame li fara' tornare a testa bassa.

Che fare, allora, se nessuno ascolta?
Questo il fratello chiedeva al fratello.
Quel che abbiam chiesto e' giusto, e e' ancora poco;
dovremo perder dunque le speranze?

Cosi', con amore e sofferenza
s'ando' radunando chi voleva;
si sarebbero raccolti in un luogo solo,
c'era da scender giu', al grande porto.

5. Seconda canzone: Andiamo, donna

Donna, andiamo,
partiamo per la citta'.
Tutto sara' diverso,
non c'e' da dubitare.
Non c'e' da dubitare,
fìdati e vieni a vedere,
perche' a Iquique
tutti capiranno.

Donna, prendi la mia "manta" (*),
ti coprira'.
Mettiti il bimbo in collo,
non piangera'.
Non piangera', fìdati,
sorridera'.
Gli canterai una ninna-nanna,
s'addormentera'.

Ma che cosa succede?
Dimmi, non star piu' zitto.
Un lungo cammino
ci avrai da fare,
attraverso le montagne
andiamo, donna.
Andiamo, donna, fìdati,
dobbiamo arrivare
alla citta' e vedremo
tutto quanto il mare.

Dicono che Iquique e' grande
come una miniera di salnitro,
che ci son tante belle case,
ti piaceranno.
Ti piaceranno, fìdati,
com'e' vero Iddio,
laggiu' al porto tutto
sara' migliore.

Ma che cosa succede?
Dimmi, non star piu' zitto.
Andiamo, donna,
partiamo per la citta'.
Tutto sara' diverso,
non c'e' da dubitare.
Non c'e' da dubitare, fìdati,
e lo vedrai,
perche' a Iquique
tutti capiranno.

(*) la "manta" e' il mantello-scialle della povera gente, con due frange per legarlo.

6. Terzo racconto

Dal quindici al ventuno
del mese di dicembre
duro' il lungo viaggio
per i pendii.
Scesero in ventiseimila
o forse piu',
coi loro silenzi ingoiati
nelle miniere di salnitro.
Scendevano ansiosi,
stavano arrivando
dalla pampa a migliaia
gli emarginati.
Non mendicavan nulla,
volevan solo
una risposta chiara
a quel che avevan chiesto.

Qualcuno, a Iquique,
li capi' bene
e si uni' a loro:
i Sindacati.
E solidarizzaron con loro
i carpentieri,
i lavoratori portuali,
i carrettieri;
gli imbianchini, i sarti,
i lavoratori a giornata,
chiattaioli, muratori,
i panettieri,
gasisti, magazzinieri
e scaricatori.
Eran sindacati giusti,
di povera gente.

I signori di Iquique
avevan paura;
mai si erano visti
tanti operai.
Il "pampero" non era
un uomo onesto,
poteva essere un ladro
o un assassino.
Nel frattempo le case
venivan chiuse,
guardavano soltanto
dalle finestre.
Pure i negozi
chiusero le porte,
c'era da star attenti
a cosi' tante bestie.
Meglio riunirli tutti
da qualche parte,
se andavan per le strade
era un pericolo.

7. Interludio cantato

Si sono uniti a noi
dei compagni di speranza;
ma gli altri, quelli piu' ricchi
non ci guardano neppure.

Fino a Iquique siamo venuti,
pero' Iquique ci guarda come stranieri.
Ci capiscono alcuni amici
ma gli altri ci negan la mano.

8. Quarto racconto

Il posto dove li portarono
era una scuola vuota;
e la scuola si chiamava
Santa María.

Lasciaron li' gli operai,
li lasciaron con dei sorrisi.
Dissero loro d'aspettare
solo qualche giorno.

Quegli uomini si fidarono;
di pazienza ne avevano,
visto che avevano aspettato
una vita intera.

Sette giorni aspettarono,
sette giorni d'inferno;
cosi' e' quando il pane ci si gioca
con la morte.

L'operaio e' sempre un pericolo,
cautelarsi e' necessario.
E cosi' lo stato d'assedio
fu dichiarato.

Per l'aria si senti' qualcosa,
s'udi' un tamburo lontano.
Era il giorno ventuno
di dicembre.

9. Terza canzone

Sono un operaio "pampero"
piu' vecchio di tutti voi;
la mia voce comincia a cantare
temendo qualcosa di fatale.

Quel che sento in questa occasione
devo proprio comunicarlo;
accadra' qualcosa di triste,
qualcosa d'orribile ci accadra'.

Il deserto m'e' stato infedele,
solo terra sbrecciata e sale,
pietra amara del mio dolore,
roccia triste di siccita'.

Piu' non sento che silenzio
e agonie di solitudine;
solo rovine d'ingratitudine
e ricordi che fanno piangere.

Che nella vita non c'e' da temere
l'ho gia' imparato con gli anni;
pero' dentro mi sento un clamore
che ora mi fa tremare.

E' la morte che si alzera'
galoppando nell'oscurita'.
Per il mare comparira',
sono vecchio e so che verra'.

10. Quinto racconto

Nessuno dica niente,
che' arrivera'
un nobil militare,
un Generale.
Lui sapra' che dir loro
con quella cura
che il signore usa
coi suoi lacche'.
Gia' viene il Generale
con molto strepito,
s'e' cautelato bene
coi suoi soldati.
E le mitragliatrici
son gia' disposte
strategicamente
attorno alla scuola.

Parla loro da un balcone,
con dignita'.
Questo e' quel che dice
il Generale:
"Non serve proprio a nulla
questa commedia,
finitela di inventarvi
tanta miseria.
Non capite i vostri doveri,
siete ignoranti;
disturbate l'ordine,
siete dei delinquenti.
Siete contro la nazione,
siete traditori.
State rubando alla patria,
siete dei ladri.
Avete stuprato delle donne,
siete degli indegni.
Avete ucciso dei soldati,
siete assassini.
Meglio che ve ne andiate
senza protestare;
chiedete pure, chiedete,
non avrete nulla.
Andatevene, dunque,
da questo posto,
se non obbedite agli ordini,
lo vedrete."

Dalla scuola, "Il Bigio",
un coraggioso operaio,
risponde senza vacillare
e a voce alta:
"Lei, signor Generale,
non ci capisce.
Continueremo a aspettare,
costi quel che costi.
Non siamo degli animali,
non siamo pecore,
leveremo la mano
e il pugno in alto.
Nuova forza daremo
col nostro esempio,
e il futuro lo sapra',
Glielo prometto.
E se Lei vuole far minacce,
io sono qui.
Spari a quest'operaio
dritto nel cuore."

Il Generale lo ascolta,
non ha vacillato;
con rabbia e gesto superbo
gli ha sparato.
E il primo sparo e' l'ordine
per la mattanza,
cosi' comincia l'inferno
con le scariche.

11. Litania

Tremilaseicento moritono
Uno dietro l'altro.
Tremilaseicento
Li ammazzarono uno ad uno.

La scuola Santa María
Vide sangue operaio.
Sangue che conosceva
Solo miseria.

Tremilaseicento
Resi sordi.
Tremilaseicento
Ammutoliti.

La scuola Santa María
Fu lo sterminio
Della vita che moriva,
unico grido di guerra.

Tremilaseicento sguardi
Che si spensero.
Tremilaseicento operai
Assassinati.

12. Quarta canzone

Un bimbo gioca nella scuola
Santa María.
Se gioca a cercar tesori
Che troverebbe?

Gli uomini della Pampa
che volevan protestare
li ammazzarono come cani
perche' c'era da ammazzarli.

Non si deve esser poveri, amico,
e' pericoloso.
Non si deve parlare, amico,
e' pericoloso.

Le donne della Pampa
si misero a piangere,
e anche loro le ammazzarono
perche' c'era da ammazzarle.

Non si deve esser povere, amica,
e' pericoloso.
Non si deve piangere, amica,
e' pericoloso.

E i bambini della Pampa
che guardavano soltanto,
ammazzaron pure loro
perche' c'era da ammazzarli.

Non si deve esser poveri, bimbo,
e' pericoloso.
Non si dovrebbe nascere, bimbo,
e' pericoloso.

Dove sono gli assassini
Che ammazzarono per ammazzare?
Lo giuriamo su questa terra,
Prima o poi li troveremo.

Lo giuriamo sulla vita,
Prima o poi li troveremo.
Lo giuriamo sulla morte.
Prima o poi li troveremo.

Lo giuriamo, Compagni:
quel giorno arrivera'.

13. Canzone di commiato

Signore e signori,
qui ha termine
la storia della scuola
Santa María.
Ed ora, con rispetto,
vi chiederei
d'ascoltar la canzone
di commiato.

14. Canzone finale

Voi che avete ascoltato
la storia che s'e' narrata,
non statevene li' a sedere
pensando che e' tutto finito.
Non basta solo il ricordo,
il canto non bastera'.
Non basta solo il lamento,
affrontiamo la realta'.

Domani o domani l'altro
o forse anche piu' in la',
la storia che avete ascoltato
si ripetera'.
Il Cile e' un paese lungo,
mille cose posson succedere
se non ci prepariamo
decisi a lottare.
Abbiamo ragioni pure,
abbiamo per che lottare.
Abbiamo le mani dure,
abbiamo con che vincere.

Uniamoci come fratelli,
nessuno ci vincera'.
Se voglion renderci schiavi,
non ce la faranno mai.
La terra sara' di tutti
e nostro sara' anche il mare.
Giustizia verra' per tutti,
ed anche la liberta'.
Lottiamo per i diritti
che tutti devono avere.
Lottiamo per quel che e' nostro,
di nessun altro sara'.

CANTATE SAINTE MARIE DE IQUIQUE

1. Votre attention...

Mesdames, messieurs,
Nous allons vous conter
Ce que l'histoire
Ne veut pas se rappeler.
Cela se passe dans le Grand Nord
Dans la ville d'Iquique.
En mil neuf cent et sept
Frappa la fatalité.
Là, le pauvre vacher
Fut tué pour tuer.

Nous sommes les trouvères
Nous dirons la vérité.
Vérité morte amère
Des ouvriers de la potasse.
Nous rappelons notre histoire
De douleur sans pitié.
Car plus le temps passe
Moins il faut oublier.
À présent, nous vous demandons
Votre attention.

2. Premier récit

Voici la pampa sans repères
Les lieux arides du silence
Le sol sans miracle et les ateliers vides
Comme au bout du désert.

Et si vous observez la pampa et l'imaginez
Au temps de l'industrie du salpêtre
Vous verrez la femme au foyer
L'ouvrier sans visage et l'enfant triste

Sans doute, la hutte en ruines,
La chandelle qui illuminait sa misère,
Les parois encroûtées de calamine
Et pour lit, des sacs et la terre.

Mais aussi, d'humiliants supplices,
Un piquet où on lie l'ouvrier
Sous le soleil des jours entiers
Qu'importe, si à la fin, il crève.

La faute de l'ouvrier, souventefois,
Était sa fière souffrance.
Rébellion impuissante. Insolence !
La loi du riche patron est la loi.

Voyez ce qu'ils lui baillent
Des bons à valoir ; jamais d'argent
Un pour chaque jour de travail
Pour la nourriture, uniquement.

Et pas question d'acheter ailleurs
On ne pouvait d'aucune manière
Même si c'était moins cher.
C'était interdit par le directeur.

Le pouvoir d'achat de ces bons
Baissait au fil du temps
Le salaire restait constant
Et surtout, jamais d'augmentation.

Voici la pampa sans repères
Les lieux arides du silence
Si vous observez la pampa d'hier
Vous entendrez leurs lamentations, par bribes.

3. Chanson I

Le soleil dans le grand désert
Et le sel qui nous brûla
Et le froid si amer
Dans la nuit et la camanchaca.
La faim de pierre sèche
Et nos gémissements qu'elle écoutait.
Notre vie de mort lente
Et les larmes qui coulaient.

Les maisons expropriées
Et l'ouvrier attendait
Le sommeil, oubli qui jamais ne venait
D'une peine retardée.
Le vent dans la pampa immense
Plus jamais ne cessera.
La dure sécheresse
Pour toujours restera.

Salpêtre, pluie bénie,
Se change en malheur.
La pampa, pain de vie,
Cimetière et terre amère.
Le temps passe, passe
Et une histoire mauvaise suivra,
La dure sécheresse
Pour toujours restera.

4. Récit II

S'était accumulé un dommage immense,
Beaucoup de pauvreté, beaucoup d'injustices;
Ils n'en pouvaient plus et leurs paroles
Durent réclamer l'obole.

À la fin de mille neuf cent sept
À San Lorenzo, la grève était dans l'air
Et au même moment, tous écoutaient
Un cri qui volait dans le désert.

D'un bureau à l'autre, comme des rafales,
On entendait les protestations de l'ouvrier.
Les Messieurs, d'un bureau à l'autre,
Le mépris marqué sur leurs visages blasés.

Que peut leur importer la rébellion
Des dépossédés, des parias ?
Bientôt repentis, ils reviendront
Tête basse. La faim les ramènera.

Que faire alors, si personne n'écoute ?
Le frère interrogeait le frère
Notre revendication est juste et c'est si peu :
Devons-nous laisser toute espérance ?

Ainsi, par la souffrance et l'amitié
Si on unissait les volontés,
En un seul lieu, elles comprendraient
Que descendre au grand port s'imposait.

Chanson II : Allons, femme !

Allons femme,
Partons à la ville.
C'est autre chose,
Il n'y a aucun doute.
Il n'y a aucun doute,
Viens voir, aie confiance,
Car à Iquique
Tous comprennent.

Femme, prends ma couverture,
Elle te protégera
Prends l'enfant dans tes bras
Il ne pleurera pas.
Aie confiance, il ne pleurera pas,
Il sourira
Tu lui feras lalalala
Il s'endormira.

Qu'est-ce qui se passe ?,
Ne te tais plus, dis-moi,
Un long chemin, il faudra
Que tu fasses
Au travers des collines,
Allons femme.
Allons femme, aie confiance,
Il suffit d'arriver à la ville
Nous pourrons voir toute la mer.

Iquique est plus grand peut-être
Que la mine de salpêtre
Qu'il y a beaucoup de jolies maisons
Qui te plairont.
Aie confiance, elles te plairont fort
Confiance comme en Dieu,
Là-bas dans le port
Tout sera mieux.

Qu'est-ce qui se passe ?,
Ne te tais plus, parle,
Allons femme,
Partons à la ville.
C'est autre chose,
Il n'y a aucun doute.
Il n'y a aucun doute,
Viens voir, aie confiance,
Car à Iquique
Tous comprennent.

Récit III

Durant six jours
Du mois de décembre,
Se fit leur long parcours
À travers les collines.
Vingt-six mille ont marché
Ou plus peut-être
Avec leurs silences usés
Par le salpêtre.
Anxieux, ils descendaient,
Ils arrivaient
De la pampa, par milliers
Eux, les relégués
Ils ne venaient pas mendier
Ils venaient réclamer
Réponse à leur demande
Une réponse claire.

Certains à Iquique
Les comprirent
Et à eux, s'unirent
C'étaient les syndiqués
Et se solidarisèrent
Les charpentiers
Les mariniers
Les charretiers
Les peintres et les tailleurs,
Les journaliers,
Les maçons et les carreleurs
Les boulangers
Les plombiers et les livreurs
Les dockers et les aconiers
Juste regroupement
De pauvres gens.

Chez les bourgeois d'Iquique
C'était la panique.
Ils ne se souvenaient pas
D'avoir vu tant d'ouvriers
Le pampino n'est pas
Un homme à qui se fier
Il peut voler, qui sait
Ou assassiner.
Les maisons, entre temps
S'étaient resserrées,
On regardait seulement
Par les fenêtres fermées.
Le Commerce avait fermé
Aussi ses portes,
Il fallait se garder
De tant de bêtes.
Il valait mieux les rassembler
En un seul lieu,
Les laisser déambuler.
C'était dangereux.

Interlude chanté

À nous, se sont unis
Des compagnons d'espérance
Et les autres, les nantis
Nous considèrent avec méfiance.

Nous sommes venus à Iquique
Iquique nous prend pour des bourriques ;
Certains amis sont des soutiens
Mais les autres nous refusent la main.

Récit IV

L'endroit où on les emmenait
Était une école vide
Et l'école s'appelait
Sainte Marie.

Ils y laissèrent les ouvriers
Ils les laissèrent en souriant
Ils leur dirent de patienter
Un jour seulement.

Les hommes eurent confiance
Ils ne manquaient pas de patience
Attendre, ils avaient dû le faire
La vie entière.

Ils attendirent sept jours
Un enfer de sept jours
C'est ainsi quand le sort
Se joue avec la mort.

L’ouvrier est toujours un danger
Il faut s'en préserver.
C'est pour cette raison-là
Que l'état de siège, on déclara.

Un bruit traversa les ombres
Au loin, on entendit un tambour.
Le vingt et unième jour
De décembre.

Chanson III

Je suis ouvrier pampino
Et de tous le plus bancal
Ma voix entame un crescendo
Pressentant quelque chose de fatal.

Ce que je ressens cette fois
Je dois le communiquer
Quelque chose de triste se produira
Quelque chose d'horrible va nous arriver
Le désert ne m'a pas été fidèle
Rien que terre craquelée et sel,
Pierre amère de ma douleur
Roche triste de la chaleur

Je n'entends plus que silence
Et agonies de solitude ;
Seulement ruines d'ingratitude
Et souvenirs d'hébétudes.

Qu'en la vie, il n'y ait rien à craindre
Je l'ai appris avec le temps ;
J'entends une clameur pourtant
Qui me fait trembler maintenant.

C'est la mort qui arrivera
Galopant dans l'obscurité
De la mer, elle viendra
Je suis vieux ; la voilà, je le sais.

Récit V

Silence total
Quand arrive
Un noble militaire
Un Général.
Il saura comment leur dire
De la manière
Dont un seigneur
Traite les serviteurs.
Le Général est arrivé
Dans un grand boucan
Très bien protégé
Par son régiment.
Les mitrailleuses en corolle
Stratégiquement
Autour de l'école.

Du haut d'un balcon,
Il parla d'un ton martial.
Voici la déclaration
Du Général.
« Ça ne peut rien donner
Toutes ces manières
Cessez d'inventer
Tant de misère.
Vous ne comprenez pas les ordres
Vous êtes des ignorants
Vous perturbez l'ordre,
Vous êtes de mauvaises gens
Vous êtes contre le pays,
Vous êtes des traîtres
Vous volez la patrie
Vous êtes des voleurs
Vous abusez des filles
Vous êtes des violeurs
Vous avez tué des miliciens
Vous êtes des assassins
Il vaut mieux partir de ce pas
Sans protester
Que même vous demandez et redemandez
Ce que vous voulez, vous ne l'aurez pas.
Partez, partez
De cet endroit
Si vous n'obéissez pas
Vous le regretterez. »

De l'école, « Le Blond »,
Ouvrier valeureux,
Répondit sans émotion
D'un ton sérieux :
« Señor Général, vous
Ne nous comprenez pas du tout.
Nous poursuivrons nos espérances
Quoi qu'il nous en coûte.
Nous ne sommes pas des animaux
Ni un troupeau.
Nous lèverons fiers
Notre poing en l'air.
Nous donnerons des forces nouvelles
Par notre exemple
Et le futur le saura
Je vous l'assure.
Et si vous menacez
Je suis ici, moi.
Tirez sur cet ouvrier, tirez
En plein cœur. Tout droit. »

Le général l'a écouté,
N'a pas cillé,
De rage et d'un geste altier
Il l'a fusillé.
Le premier tir fut l'ordre
Pour le massacre
Et ainsi commença l'infernale
Fanfare des rafales.

Litanie

Il en mourut trois mille six cents.
Un après l'autre,
Trois mille six cents
Abattus l'un après l'autre.

L'école de Sainte Marie
Connut la mort ouvrière.
Un sang qui de sa vie
Ne connut que la misère.

Trois mille six cents
Assourdis
Trois mille six cents
Amuïs.

L'école de Sainte Marie
Fut la boucherie
D'une vie mourant
En un seul hurlement.

Trois mille six cents regards
Pour toujours hagards
Trois mille six cents ouvriers
Assassinés.

Chanson IV

Un enfant joue dans l'école
Sainte Marie.
Joue à débusquer des trésors
Qu'y trouvera-t-il ? Fors la mort.

Les hommes de la pampa
Qui voulurent protester
Comme des chiens furent tués
Car il fallait que cela soit.

Il ne faut pas être pauvre, ami
C'est dangereux
Il ne faut pas parler, ami
C'est dangereux.

Les femmes de la pampa
Se mirent à pleurer
Ils durent aussi les tuer
Car il fallait que cela soit.

Il ne faut pas être pauvre, amie
C'est dangereux
Il ne faut pas pleurer, amie
C'est dangereux.

Les enfants de la pampa
Ne faisaient que regarder
Ils durent aussi les tuer
Car il fallait que cela soit.

Il ne faut pas être pauvre, petit
C'est dangereux
Il ne faut pas naître, petit
C'est dangereux.

Où sont les assassins
Qui tuèrent pour tuer ?
Nous le jurons sur la terre
Nous les chercherons sans fin.

Nous le jurons sur la vie
Nous les chercherons sans fin
Nous le jurons sur la mort
Nous les chercherons sans fin.

Nous le jurons camarades,
Ce jour viendra.
Nous le jurons camarades,
Ce jour viendra.

Votre attention...

Mesdames et messieurs,
Ici s'achève
L'histoire de l'école
Sainte Marie.
Et à présent,
Nous vous prions respectueusement
D'écouter la chanson
De conclusion

Chanson finale

Vous qui avez écouté
La chanson ici contée
Ne restez pas là à méditer
Pensant que c'est du passé.
Le seul souvenir ne suffit pas
Le chant ne suffit pas
Il ne faut pas seulement se lamenter
Nous devons voir la réalité.

Demain ou après-demain
Ou en un temps plus lointain
L'histoire que voilà
À nouveau se produira.
Le Chili est un pays si grand
Mille choses peuvent se passer
Si nous ne sommes pas dès maintenant
Décidés à lutter.
Nous avons des raisons sûres,
Nous avons de quoi lutter,
Nous avons les mains dures,
Nous avons de quoi gagner.

Unissons-nous comme des frères
Et rien ne nous vaincra.
S'ils veulent nous mettre des fers
Ils n'y arriveront pas
À tous sera la terre
À nous aussi sera la mer
Pour tous, la justice viendra
Tout comme la liberté.
Nous luttons pour les droits
Dont tous doivent bénéficier
Nous luttons pour que ce qui est nôtre
N'aille plus à d'autres.



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