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Gavotte des frontières naturelles

Gilles Servat
Lingua: Francese


Gilles Servat

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[1977]
Paroles et musique: Gilles Servat
Testo e musica: Gilles Servat
Album: Chantez la vie, l'amour et la mort
chantezlamour

Gilles Servat.
Gilles Servat.

Prima di darsi un po' troppo al « bucolico » e di ritirarsi a cantare le pur indubbie bellezze dell'isola di Groix (ma con qualche salutare ritorno al passato, come quando ha interpretato, e meravigliosamente, La vie s'écoule, la vie s'enfuit), Gilles Servat, ben « allenato » da Glenmor, era un tipetto al vetriolo; e di sue canzoni al vetriolo non ne mancano in questo sito. Nel 1977 scrive questa « Gavotta » (la gavotta, lo ricordiamo, è una sfrenata danza bretone) a proposito delle « frontiere naturali » della Francia. Le « frontiere naturali », come tutti sanno, sono uno dei cavalli di battaglia dei nazionalisti, dei patriottardi e dei revanscisti di ogni paesi: una « nazione » deve arrivare per forza alle « frontiere naturali ». Ignari dell'elementare fatto che la natura non ne ha messa proprio nessuna, di frontiera, eccoceli qui bel belli: francesi, italiani, tedeschi...ed anche quando le « frontiere naturali » sarebbero fissate ben bene anche secondo i loro criteri, come nel caso della Gran Bretagna, bisogna « espandersi »; magari, perché no, anche in altri continenti -abitati per lo più da « selvaggi ».

In questa canzone del 1977 (un anno a caso!), Servat immagina una bella scenetta edificante. Un grand'eroe, talmente grande (e grosso) da immaginare un virile parà imbevuto di « valori tradizionali », che completamente ubriaco alla mensa ufficiali si fa adescare da una bella e aristocratica signora: nientepopodimeno che la Francia in persona. Per quell'elegante e disponibilissima signora è un giochetto sedurre l'eroe, convincendolo a mettere su un'armata per riconquistare le « frontiere naturali », durante un vero e proprio strip-tease sottolineato dall'ossessiva e dirompente ripetizione dei « valori tradizionali » (lavoro, famiglia e patria); solo che la « patria » viene ogni volta adattata in rima all'ultima parola del primo semiverso, creando un « effetto bla bla bla » che descrive nel modo migliore la vera essenza di questi « valori » (vengono a mente i saggi deliri del « Balordo » di Piero Chiara: « Dio, Patria e famiglia riducono l'uomo in poltiglia »). Accettando il gioco, si è fatta una cosa analoga nella traduzione italiana; ma è impossibile rendere al meglio la sfilata di doppi sensi e assonanze che si presentano (come nel caso di « travail famille et patron », ove « patron » è sì una storpiatura di « patrie » per fare la rima con « Bretons », ma vuol dire anche « padrone »: lavoro famiglia e padrone.

Insomma, per farla bene, concedendosi sapientemente al suo bell'eroe, la Francia si pappa finalmente il Benelux, un pezzo di Germania e altri posti, per arrivare alle « sacre frontiere naturali » del Reno. La canzone diventa quindi un perfetto manuale di come si procede in questi casi: basta che ci siano poche persone che parlano la « lingua nazionale » e quei posti fanno parte della « nazione »; e chi parla un'altra lingua è bell'e servito. La si riduce a un « volgare dialetto », possibilmente da estirpare, et voilà. Prerogativa, va detto, non soltanto della Francia: tutti i paesi europei hanno più o meno agito così coi loro vicini, e spesso anche coi loro lontani. Alla porta accanto e spesso anche un po' più in là; a meno che le « frontiere naturali » della Francia non arrivino al fiume Niger, quelle italiane all'Etiopia, quelle portoghesi al Mozambico, quelle inglesi al Pamir...

Siamo al climax, in tutti i sensi: proprio quando l'eroe, oramai « partito », propone di invadere pure la Svizzera, e mentre la signora Francia (non dimentichiamo che, in Francia, « France » è anche un nome di donna abbastanza diffuso) si sta smutandando, l'amplesso si consuma, ohimé, in modo sì brutale, su delle cassettacce di birra. Ma forse, chissà, alle « nazioni » piace essere prese così dai loro fedeli, tradizionali, valorosi e insaziabili servi in divisa. Resta l'autore della canzone, che ben conoscendo quali siano i famosi « valori » e il perbenismo ufficiale (pas touche!), assiste alla scena incredulo. Incredulo?.... Non succede forse sempre che la "patria" in realtà se la fottano i militari? [RV]
C'était un brave héros comme on n'en voit plus guère
Un géant plein de médailles, travail famille et mitraille
Un géant plein de médailles et de canett's de bière.

Un jour qu'il était au mess devant sept cent bouteilles
Parmi les éléphants roses, travail famille overdose
Il vit une merveille.

C'était la France éternelle élégante et racée
Avec un bonnet coupé, travail famille et patré [1]
Par un grand couturier.

Ell' s'assit sur les genoux de ce brave colosse
Et passa douc'ment sa main, travail famille et patrin [2]
Dans ses cheveux en brosse.

Ell' lui dit mon gros chéri que ma vie est cruelle
Je pleure le jour et la nuit, travail famille et patrie
Ça délaie mon rimmel.

A l'ouest au sud et à l'est notre patrie si belle
S'arrête c'est merveilleux, travail famille et patreux
Aux frontières naturelles.

C'est à cause du côté nord que j'ai mon gros chagrin
Ah notre frontière hélas, travail famille et patras [3]
Pourquoi n'est-ce plus le Rhin ?

Tiens c'est vrai dit le héros pourquoi n'est-ce plus le Rhin
Et la main dans l'dos d'la France, travail famille et patrance
Il caressait les siens.

Lors en croisant haut les jambes pour fair' voir ses jarr'telles
Ell' dit rends moi pour toujours, travail famille et patrours
Mes frontières naturelles.

Lève une armée invincible lui dit-elle dans le cou
Il sentit qu'sous son corsage labourage et pâturage [4]
Elle portait rien du tout.

Puis elle dit en se mettant un parfum de grand luxe
Avec cette armée attaque, travail famille et patraque [5]
Illico l'Benelux.

Sur la rive du grand fleuve plante tes étendards
Les douaniers viendront bientôt, travail famille patrotôt [6]
Attendez-les peinards.

Mais dit-il les Hollandais ça les coup'ra en deux
Aux frontières naturelles dit-elle, travail famille et patrelle
T'as rien compris mon vieux.

Aux Basques et aux Catalans nous l'avons déjà fait
Nous couperons donc aussi Giscard et Poniatowski
En deux les Hollandais.

Y'a des coins du Benelux qui parlent français comme nous
Cela prouve mon bon droit, travail famille et patroit
Ces pays sont à nous.

Ell' sussura en mordant l'oreille du militaire
Pour ceux qui caus'nt pas français, travail famille et patrait
Faisons comme d'ordinaire.

Nous leur dirons qu'leur langage n'est qu'un vulgaire patois
Gémit-elle en dégrafant, travail famille et patrant
Son corsage de soie.

C'est en leur disant cela que tout au bout du compte
On a pu faire des Bretons, travail famille et patron [7]
Des Français par la honte.

Restera un bout d'All'magne pour avoir tout le Rhin
Remarqua-t-il réaliste, travail famille et pas triste [8]
En embrassant ses seins.

Ell' répondit en troussant sa jupe tricolore
Tu l'envahiras aussi, travail famille et patrie
Embrasse-moi encore.

Pendant que nous y serons prenons aussi la Suisse
Cria le colosse ému, travail famille et patru
En lui caressant la cuisse.

Mon grand fou jusqu'où ira donc ta soif de conquêtes
Lui murmura-t-elle en lui, travail famille et patrie
Défaisant sa braguette.

Mêm' pas jusqu'à ma carrée dit l'officier d'carrière
Il la prit sans plus attendre, travail famille et pas tendre [9]
Sur un casier de bière.

Çui qu'a fait cette chanson, çui là n'en revient pas
Ô France pure et farouche, travail famille et pas touche
Qui donc aurait crû ça !
I DOPPI SENSI E LE ASSONANZE

[1] “non molto” (pas très)

[2] assonanza con “pétrin” (impastatrice per il pane): “être dans le pétrin” = essere in un pasticcio, nei guai.

[3] “Patrasso”. Come in italiano: “Andare a Patrasso” = alla malora.

[4] "Agricoltura e pastorizia", "lavoro nei campi e pascolo del bestiame".

[5] “Malandato, malaticcio”; ma anche assonanza con “matraque” = manganello.

[6] “Non troppo presto” (pas trop tôt)

[7] “padrone”. Qui si è tentato di rendere la cosa (male) anche nella traduzione.

[8] “neppure triste”.

[9] “non tenero”.

inviata da Riccardo Venturi - 23/4/2009 - 02:02



Lingua: Italiano

Versione italiana di Riccardo Venturi
23 aprile 2009
GAVOTTA DELLE FRONTIERE NATURALI

Era un ardito eroe come non se ne vedono più,
Un gigante pien di medaglie, lavoro famiglia e mitraglie,
Un gigante pien di medaglie e di birra a bottiglie

Un giorno che era alla mensa ufficiali con 700 bottiglie
Completamente sbronzo, lavoro famiglia e patronzo
Vide una donna meravigliosa.

Era la Francia eterna, elegante e aristocratica,
Con un berretto confezionato, lavoro famiglia e patriglia,
Da un sarto di grido.

Si sedette sulle ginocchia a quell'ardimentoso colosso
E pian piano con la mano, lavoro famiglia e patriano,
Gli carezzò i capelli a spazzola.

E gli disse: Caro il mio bellone, che vita crudele che ho!
Piango giorno e notte, lavoro famiglia e patriotte,
E questo mi disfa il trucco.

A ovest, a sud e ad est, la nostra patria così bella
Finisce, che meraviglia, lavoro famiglia e patriglia,
Alle frontiere naturali.

Ma è il lato nord che mi dà un gran dispiacere:
Ah, la nostra frontiera, ahi lasso, lavoro famiglia e patrasso,
Come mai non è più il Reno?

Toh, è vero! -disse l'eroe-, Perché non è più il Reno?
Man sul culo bello in foia, lavoro famiglia e patroia,
Si carezzava le sue cosucce.

Allora, tirando in su le gambe per far vedere le giarrettiere
Lei gli disse: Rendimi eternamente, lavoro famiglia e patriente,
Le mie frontiere naturali.

Forma un'armata invincibile, gli sussurrò sul collo,
E lui senti che un po' più sotto, lavorotta e patriotta,
Non ci aveva niente.

Poi gli disse, mettendosi un profumo gran deluxe:
Con quest'armata attacca, lavoro famiglia e patacca,
Subito il Benelux

Sulla riva del gran fiume pianta i tuoi stendardi,
Verran presto i doganieri, lavoro famiglia e patrieri,
Aspettateli tranquilli

Ma -diss'egli-, Gli olandesi saranno tagliati in due;
Sulle frontiere naturali -diss'ella-, lavoro famiglia e patriella,
Non hai capito nulla, vecchio mio.

Ai baschi e ai catalani l'abbiamo già fatto,
Quindi taglieremo in due, Giscard e Poniatowski,
Anche gli olandesi.

Ci son angoli del Benelux dove parlano francese come noi
E questo prova il mio buon diritto, lavoro famiglia e patritto,
Quei paesi sono nostri.

E sussurrò, mordicchiando l'orecchio al militare:
Con quelli che non parlano francese, lavoro famiglia e patriese,
Facciamo come al solito.

Direm loro che la loro lingua è solo un volgare dialetto,
Gemett'ella slacciandosi, lavoro famiglia e patriandosi,
Il suo corsetto di seta.

È dicendo proprio questo che, in fondo in fondo,
Abbiam fatto del Bretòne, lavoro famiglia e padrone,
Un francese per vergogna.

Rimarrà un pezzo di Germania per avere tutto il Reno,
Rimarcò lui realista, lavoro famiglia e patrista,
Baciandogli le tette.

Lei rispose, levandosi la sottana tricolore:
E tu invadila, la Germania, lavoro famiglia e patrània,
E baciami ancora!

Allora tanto che ci siamo, prendiamoci anche la Svizzera,
Urlò il colosso entusiasta, lavoro famiglia e patriasta
Mentre le carezzava la coscia.

Mio pazzerellone! Ma dove arriverà la tua sete di conquiste?!,
Lei gli mormorò ormai addosso, lavoro famiglia e patrosso,
Levandosi le mutandine.

Ma neanche alla mia camera, disse l'ufficiale di carriera!
Indi se la prese a bomba, lavoro famiglia e patromba
Su una cassettata di birre.

E chi ha fatto 'sta canzone non riesce a capacitarsene:
O tu, Francia fiera e pura, lavoro famiglia e giù le mani!
Chi l'avrebbe mai detto!

23/4/2009 - 02:59


Sans vouloir mettre à mal la chanson de Gilles Servat, Marco Valdo M.I., exilé en son propre pays, réfugié politique sur Canzoni contro la Guerra et dans une certaine émigration italienne, ne verrait à titre personnel aucun inconvénient à ce qu'on libère la Wallonie de l'emprise germanique où on l'a enfermée depuis 1815 et de la colonisation qu'elle subit dans l'Etat fantoche appelé Belgique... La question des frontières est subtile... Selon comment on la regarde... En fait, les Anglais et les Autrichiens ont coupé la population de l'actuelle Wallonie de son monde culturel et linguistique de référence : appelons-le par son nom : la France - le Hainaut, région bien connue de certains, allait jusque Soissons... Il y a des frontières humaines qui transcendent les frontières "artificielles" imposées par les nécessités des puissants et qui d'ailleurs, n'ont qu'un lointain rapport avec les soi-disant frontières naturelles.

En somme, par rapport au discours de Servat, on pourrait dire que vu du terrain, du terreau wallon, l'Etat dominateur n'est pas la France, mais bien cet hybride qu'est la Belgique, maintenue de force et d'inertie pour protéger des intérêts qui ne sont en aucun cas ceux des populations.
Il est temps de dire partout que la propagande nordiste (flamande) tente de faire croire que les gens de Wallonie maintiennent une Flandre en sujétion... Ce qui est un pur délire à la Bossi !
La population de Wallonie est pauvre et l'a toujours été ... Elle y est maintenue. Elle n'a jamais ni voulu, ni pu coloniser personne...
Qu'on en finisse donc avec cette cuistrerie "belgicaine", que chacun reprenne ses billes et sa liberté et qu'on puisse enfin retrouver de l'air frais.

Cela dit, qu'il y ait un délirium français, un goût de l'Empire, de ses fastes, de ses fesses (avec Sarko on y est...) ... Comme il y a un délirium italien ... goût de l'Impero, fastes romaines, fesses (avec Berlusco, on y est...) ... est indéniable.
Il y a toujours eu des fous furieux qui se prennaient pour des "Napoléons". Dès lors, Servat a raison de dénoncer cette folie... Victor Hugo et les Communards , Jules Vallès, Louise Michel et bien d'autres le faisaient déjà.

Ceci n'enlève rien au fait culturel... Les exilés Turcs, Grecs, Egyptiens... écrivent en Turc, Grec, Arabe à Paris... Les exilés français trouvaient refuge à Bruxelles, certains Allemands en Angleterre...
Donc, nuances...

Autre baudruche économico-libérale, le Bénélux qui est un pur machin commercial sans aucune consistance et qui ne sert que des intérêts quelque peu puants...
Avec ça qu'en plus, on doit héberger l'Otan (à Bruxelles) et son quartier-général (Casteau près de Mons en Hainaut)...
Au passage, on doit se payer l'Archevêque de Malines... et un des pays les plus catholiques de la planète...

Le mieux serait de mettre tout ce beau monde à la porte...
Peut-on y arriver pacifiquement ?
De toute façon, comme à la Maddalena, ou à Gênes, ou ... on serait bien vite et bien fort réprimés. Bel épisode de la Guerre de Cent Mille Ans que les riches font aux pauvres....

Mais quand même, dans un monde socialiste, anarchiste... Que resterait-il des frontières "naturelles " ou "artificielles"?

"Tissons le linceul du vieux monde..."
OsR

Marco Valdo M.I. - 23/4/2009 - 14:28




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