Lingua   

Un'auto targata TO

Lucio Dalla
Lingua: Italiano


Lucio Dalla

Lista delle versioni e commenti


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[1973]
Testo di Roberto Roversi
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Canzone del 1973. Fa parte del primo dei tre album storici in cui Lucio Dalla cantò testi di Roberto Roversi. Le note dicono che l'inizio del brano è una citazione dell'introduzione della canzone La storia di Maddalena, scritta da Ron nel 1971, incisa nientemeno che da Sofia Loren ed inclusa nella colonna sonora del film La mortadella di Mario Monicelli (con la stessa Loren, Gigi Proietti, Susan Sarandon e Danny De Vito). Nelle versioni inserite nelle compilation successive il titolo è perlopiù modificato in L'auto targata TO.

”Ho ascoltato questa canzone per la prima volta quando avevo 14, 15 anni su un cassetta che qualcuno aveva prestato a mio fratello. Da allora, ogni volta che sento parlare di Torino penso a quest'auto targata TO..che arriva dalla Calabria, carica di figli del sud emigrati nel nord delle fabbriche, della speranza. Si, la canzone è molto "anni '70" e ci giurerei quell'auto è un'Alfasud, o una 127..eppure c'è qualcosa nel piccolo romanzo di 3 minuti che è questo pezzo, un qualcosa senza tempo..la madre disfatta, appesa ad un ricordo straziante, il padre col senso di colpa che lo tortura e il dovere di dover tirare su i propri figli, i propri giorni disgraziati, all'ombra di un errore, di un debito, del debito di una vita. La figlia "venduta per ore" è il meridione abbandonato che prova a riprendersi un briciolo di futuro vendendo a poco prezzo la propria dignità, e poi il figlio di vent'anni, già condannato, già deluso.”

Così scrive il webmaster del blog How're You Doing Out There Tonight?

“Canzone molto anni '70”. Adesso spostiamoci nel tempo. 2009. Un'auto targata Bucarest, o Tirana, o come volete. O anche Torino, nonostante le nuove targhe dove la sigla è stata relegata in un cantuccio. O anche qualsiasi altra sigla, persino dell'Italia del sud. Vecchie auto cariche di immigrati, dalle fabbriche del nord fino ai campi di pomodori del Tavoliere o dell'Agro Domizio. Questo paese che ha conosciuto l'emigrazione interna e esterna, ora importa manodopera disprezzata. In molti casi importa schiavi. Senza che per questo il suo Sud abbia cessato di andarsene altrove. Lavoro, lavoro, lavoro. Mani. Storie. Non sono certo che questa canzone sia poi così “anni '70”. Le auto sono diverse. Non c'è più l'Alfasud, non c'è più la 127. Ci sono ancora, e sempre di più, madri disfatte, padri che cercano di tirare su i figli con salari da fame, giorni disgraziati, figlie vendute. Ci sono ancora gli appartamenti da tirare su, che non costano più "cinquanta milioni", ma trecentomila euro. C'è, sempre di più, l'Italia devastata e devastanda dal potere. E il sud, e tutti i sud abbandonati che il loro briciolo di futuro lo vedono sempre di più assottigliarsi. Questa è una canzone del 2009. [RV]
Un' auto vecchia torna
da Scilla a Torino,
dentro ci sono dieci occhi
ed uno stesso destino

Il bambino ha una palla
ed aspetta in cortile
con in mezzo poco sole,
poco sole di aprile

Il ragazzo,
inferriate e catene,
ha vent'anni:
son vent'anni di pene!

La ragazza,
venduta per ore,
nella campagna
butta sangue e sudore

La madre è una forma disfatta,
sopra gli occhi ha i capelli di latta.
Il padre è uno schedato, spiato,
se si avventa sull' asfalto è inchiodato.
Il paesaggio è un' Italia sventrata
dalle ruspe che l' hanno divorata.

Arrivano nel ghetto,
ammuffito, spaccato,
con terra e sassi
dentro il filo spinato.

Questo luogo del cielo è chiamato Torino,
lunghi e grandi viali, splendidi monti di neve
sul cristallo verde del Valentino,
illuminate tutte le sponde del Po.
Mattoni su mattoni,
sono condannati i terroni
a costruire per gli altri
appartamenti da cinquanta milioni.

inviata da Riccardo Venturi - 10/4/2009 - 03:34



Lingua: Francese

Version française – Marco Valdo M.I. – 2009
Texte : Roberto Roversi.

« Chanson très années 70 ». Plaçons-nous en 2009. Une auto venant de Bucarest, ou Tirana, ou d'où vous voudrez. Ou même de Turin, avec ces nouvelles plaques ... Ou n'importe quelle autre plaque, même d'Italie du Sud. De vieilles autos chargées d'immigrés, des usines du Nord aux champs de tomates du Tavoliere ou de l'Agro Domizio. Ce pays qui a connu l'émigration interne et externe, à présent importe de la main d'œuvre méprisée. Dans de nombreux cas, ce sont des esclaves. Sans que pour cela, son Sud ait cessé de s'en aller ailleurs. Travail, travail, travail. Mains. Histoires. Je ne suis pas sûr que cette chanson soit tellement « années 70 ». Les autos sont différentes. Il n'y a plus l'Alfasud , il n'y a plus la 127. Il y a encore et toujours plus, des mères défaites, des pères qui cherchent à élever leurs enfants avec des salaires de famine, des jours de malheur, des filles vendues. Il y a toujours les appartements à construire, qui ne coûtent plus « cinquante millions », mais trois cent mille Euros. Il y a, toujours plus, l'Italie dévastée et dévastante du pouvoir. Et le Sud, et tous les Suds abandonnés , qui voient leurs petits bouts de futur se réduire de plus en plus. C'est une chanson de 2009. [R.V.]
L'AUTO DU SUD

Une vieille auto remonte
De Scilla à Turin,
Dedans il y a dix yeux
Et un seul destin.

L'enfant a une balle
Et attend la cour
Avec un peu de soleil au milieu,
Le peu de soleil d'avril.

Le garçon
Grilles et chaînes,
A vingt ans
Vingt ans de peine !

La fille,
Vendue à l'heure,
Dans la campagne
Saigne sang et sueur.

La mère est une forme défaite
Au dessus des yeux, elle des cheveux de lait.
Le père est fiché, surveillé
Dès qu'il descend sur l'asphalte, il est arrêté
Leur paysage est une Italie éventrée
Par les excavatrices qui l'ont dévorée.

Ils arrivent dans leur ghetto
Moisi et cassé
Terre et pierres
À l'intérieur du fil barbelé.

Ce lieu céleste s'appelle Turin
Aux longs et grands boulevards, aux splendides monts neigeux,
Sur le cristal vert du Valentino,
Illuminé par toutes les rives du Pô.
Briques sur briques, les culs terreux sont condamnés
À construire pour les autres
Des appartements de cinquante millions.

inviata da Marco Valdo M.I. - 24/4/2009 - 21:55


Come integrazione al commento del prode Riccardo, vorrei contribuire dicendo che la prima stesura del testo del compianto poeta Roberto Roversi addirittura recitava:

"C'è un treno
da Scilla a Torino
otto gli occhi
uno stesso destino."

Flavio Poltronieri - 2/2/2015 - 19:28


Con terra e sassi dentro al filo spinato.

Enrico - 22/4/2019 - 15:35




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