Lingua   

The Cranberries: Animal Instinct

GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCG
Lingua: Inglese



Ti può interessare anche...

Bosnia
(Cranberries)
פראג
(Arik Einstein / אריק איינשטיין)
New New York
(Cranberries)


instinctus
[1999]
Testo e musica / Lyrics and music
Paroles et musique / Sanat ja sävel:
Dolores O' Riordan / Mike Hogan
Album: Bury the Hatchet



Sono qui a raccontarvi, per l'ennesima volta, una storia che parla parecchio di me, ma un po', forse, anche di voialtre e di voialtri.

Il diciannove di ottobre era una giornata come le altre; traducevo una cosa che dirò dopo, c'era il caffè sul fuoco, la confusione biblica di casa mia, i topi che mangiano i libri e i libri che mangiano i topi, il libro di ebraico sul tavolo, il gatto nel cortile, Salvini al governo, l'autunno che non vuole proprio arrivare, i lavori stradali sopra casa, la legge morale in me e il cielo stellato sopra di me, quando ha bussato un'altra volta. Toc toc. Ciao Riccardo, vieni un po' qua che ho da dirti qualcosina.

Il toc toc della bussatrice si manifesta all'improvviso, senza avvisaglie, ma in modo inequivocabile. Prima ti sembra di non farcela a digerire, i rigurgiti, eppure non hai mangiato per nulla pesante; poi il doloretto da una parte, che a un certo punto diventa dolore generalizzato in tutto il petto. Il dubbio svanisce: eccola là. La bussatrice arriverà pure di soppiatto, ma quando arriva non lascia dubbi. E si ricomincia daccapo: la chiamata al 118, l'arrivo dell'ambulanza, i parametri, il pronto soccorso, l'ECG, l'ecografia, l'ultima pisciata libera in un bagno e il prelievo sanguigno sapendo già quel che t'aspetta per un periodo indefinito, con l'attesa piuttosto rassegnata di Madonna Troponina.

Non si tratta di una bestemmia, ma di un enzima. La troponina è, in estrema pratica, l'enzima la cui variazione, leggasi sballamento, rivela che la tua pompa interna sta pompando un po' male e che, fra le altre cose, per un certo lasso di tempo devi abbandonare la tua vita più o meno normale, le traduzioni dallo svedese e quant'altro, ed entrare in un magico universo fatto di strane sigle.

Cosa vorrà dire, ad esempio, “HDU”? Sarebbe, in definitiva, un reparto di terapia intensiva dove vengo rinchiuso immediatamente ed impacchettato non appena arrivano i valori, discretamente mostruosi, di Madonna Troponina. “H” deve stare, credo, per “Health”, e “U” per “Unit”; ma quel “D”? Defence? Division? Diahàne? Non è dato saperlo; e perché mai, poi, 'ste sigle devono essere per forza in inglese? E se fossero, mettiamo, in ebraico? Il libro di ebraico con gli esercizi, e pure il dizionario, erano tra le cose che mi ero infilato nello zaino prima di entrare in ambulanza: מזל טוב, ריקרדו! E poi, tutto il resto: la conclamazione, e l'annuncio tanto atteso di uno dei miei hobbies preferiti, mentre intanto mi viene servito, tra pompette, bip bip, pressioni, saturazione, altri prelievi e simili amenità, il primo pasto ospedaliero, tenendo conto che ho pure il diabete e quindi attenzione ai carboidrati e agli zuccheri. Finalmente, eccomi in una condizione altamente privilegiata: quella di dipendere totalmente da altri, perdipiù legato a cavi assai variopinti e con nelle braccia infilati aghi, aghetti, agoni, vie pervie, cannule e sondini.

Coronarografia.
Coronarografia.
Ma parlavo dei miei hobbies preferiti: ne ho uno che ve lo raccomando, la Coronarografia. Oh, c'è a chi piacciono i francobolli, la pésca, le armi antiche o il salto triplo, e a me piace la coronarografia. Mi ci mandano la mattina dopo, sabato venti ottobre, ad un altro ospedale dall'altra parte della città, perché quello mio, di zona, non è attrezzato per farla. Ci vuole la Sala di Emodinamica; quindi arriva l'ambulanza infermieristica, ed eccomi infine pronto, nudo come un verme, per farmi allegramente sfruconare dentro la sentimental pompa cardiaca di cui sono indegno titolare da svariati decenni. Steso su un lettino rigido, mi viene prima infilato senza tante cerimonie un sondino nel braccio destro, a partire dal polso; segue l'introduzione del vasodilatatore, che per tre secondi ti rende un novello Muzio Scevola dato che sembra di infilare il braccio in un braciere ardente; poi entra il mezzo di contrasto, e infine la fibra ottica manovrata da un simpatico e bravo medico cardiologo di mezz'età dal nome ancor più simpatico e che si esprime in fiorentino di campagna. Su una parete di monitor, Riccardo, per la quarta volta, ricomincia a vedere il Riccardo interno, quella roba che si ha dentro dalla nascita fino alla morte ma che non si vede mai, pur essendo a pochi centimetri di distanza. Il Viaggio Allucinante: si immagina il sottomarino di Asimov che sta per sbucare da un momento all'altro, e invece sono le proprie coronarie. In una di queste si era formato un grumo di sangue, proprio in mezzo a uno degli stent del 2011. Un trombo bello e buono. Si risente pronunciare una parola forse un po' desueta attualmente, ma che fa sempre venire qualche sudorino freddo: O Riccardo, t'ha' aùto una trombòsi, bisogna leà qui' trombo, 'un ti preoccupà se ora 'e tu senti un po' malino, ti s'interrompe i' flusso, se ti senti andà' 'un ti preoccupà, lo deve fare. Meraviglioso, quel “lo deve fare”: è la stessa frase che dice il meccanico, quando sente il rumorino strano nel motore. In fondo, siamo macchine.

In effetti, per un momentino mi sento proprio andare; ma, tanto, lo deve fare. Sento un male boia, dato che, in pratica, si tratta di un infarto sia pure indotto e controllato. In quella posizione sul rigido, in più ho un mal di schiena atroce e mi devono fare due siringate di morfina. Nel frattempo mi spiegano che il mio sanguino, nonostante gli antiaggreganti e anticoagulanti che prendo da anni, è bello denso e marmellatoso, e che quindi è soggetto a formare grumi e trombi. In parole povere, sono un vecchio arteriosclerotico (si dovrebbe dire aterosclerotico, però). Mi levano il trombo, alla fine; tutto bene, complimenti (e per cosa, mi chiedo?), ora si va in terapia intensiva qui accanto e ti si fa anche tanta bella eparina. Cos'è l'eparina? Nei casi come il mio, va familiarmente sotto il nome di “Idraulico Liquido”, o “Anitra WC”. Stasa. Per un po' divento Heparinik, il Diabolico Vendicatore.

Eparina (forse).
Eparina (forse).
Ed eccomi, anzi eccoci, a questa canzone dei Cranberries cantata dalla grande Dolores O'Riordan. Un'irlandese con un nome spagnolo, a me ha sempre fatto morire, al pari della sua voce. Dolores O' Riordan, invece, è morta lei, non molto tempo fa. Si è -dicono- interrotta, si è fermata, si è infilata nel Vastissimo Nulla che anche il qui presente, in un modo o nell'altro, ha sfiorato svariate volte, e in qualche frangente anche in modo assai più bizzarro e pittoresco di questo qua. L'eparina, o Idraulico Liquido, o Anitra WC, eh, non può essere presa e sparata in vena così alla bruttodìo: è un siringone immane, uguale a quello che si vede nelle barzellette sugli infermieri, che dev'essere infilato in un infusore che va ad una lentezza cosmica. Un infusione di eparina dura due giorni e rotti, plìc, plùc, plòc, zìììn, riplìc, riplùc, riplòc, rizìììn, e tu, fermo. Mentre vieni stasato, ripulito, strombàto, fluidificato e quant'altro, ti immergi nel tempo che passa. Cessa ogni cosa.

Premurose infermiere ti lavano, ti danno (poco) da mangiare, ti portano il pappagallo per pisciare, ti misurano la pressione, ti fanno più prelievi che se tu fossi un Bancomat, e vorrebbero importi l'uso della padella per cacare, visto che dal letto non ti puoi muovere nemmeno per alzarti in piedi trenta secondi. Su questo non cedo: prima di farmela fare nella padella, dovranno passare sul mio cadavere (il che sarebbe facilissimo: basterebbe, che so io, aumentare il ritmo dell'eparina). Meglio tenersela, assaporando il momento in cui ti faranno finalmente alzare e andare in bagno. Nel tempo cessato, che pure passa, si perfeziona l'ebraico col capitoletto sui תרמילים (i giovani israeliani che si vanno a fare viaggi intorno al mondo “zaino in spalla” dopo aver ammazzato un po' di palestinesi qua e là per un paio d'anni e più, nello Tsahal), e si batte il record di parole crociate e rebus: tre numeri interi della Settimana Enigmistica seccati da cima a fondo in sei giorni, una cosa praticamente da far venire una trombosi.

Dolores O' Riordan (1971-2018)
Dolores O' Riordan (1971-2018)
La seconda mattina in terapia intensiva, dopo la toilette infermieristica, una delle premurose e simpatiche infermiere -che evidentemente sa bene quanto lento passa il tempo, quasi più lento dell'eparina- porta una radio e la accende; si sintonizza su una stazione qualsiasi, “Radio Nostalgia”, che trasmette praticamente solo musica, intervallata da qualche notiziario dedicato prevalentemente al pallone. La prima canzone che si sente appena acceso l'apparecchio è questa; una canzone che non ha una storia per il sottoscritto, come invece la hanno altre. La conosco da anni e anni, ogni tanto mi ci imbatto, mi piace, come mi piace qualsiasi cosa cantata dalla Dolores d'Irlanda; ma poiché le canzoni hanno sovente il vizio di entrare in una vita ad un momento inatteso e particolare, e da una porta quasi mai banale, dalla mattina del ventuno ottobre anche questa canzone si è guadagnata un posto nella mia storia, e le rendo omaggio come ho sempre fatto dopo i miei oramai svariati accidenti. Una volta è stata Shackleton di Battiato, un'altra non mi ricordo che cosa, e questa qua, l'Istinto Animale della Dolores e dei suoi Mirtilli Palustri.

Com'è andata a finire? Beh, sono qua, ristappato ben bene, anti-aggregato con un prodotto nuovo di pacca proveniente dalla scienza medica (cui sono sempre ed estremamente grato, nutrendo per altro un sano, razionale e positivista disprezzo verso ogni tipo di “medicina alternativa”, di stronzate cinesi, di boiate filosofiche, di omeopatie, e provate un po' voi a curarvi un cancro con il Reiki), preso in consegna da quel che resta della sanità pubblica, spedito fuori dall'ospedale dopo sei giorni sennò divento un insostenibile costo sociale. Una trombosi nell'anno I dell'Era Salvina: ci vuole, appunto, l'Istinto Animale. Credo, tutto sommato, che ce ne sia parecchio bisogno, di quell'istinto alla vita, feroce, cagnesco, imputrescibile, che manda in culo le trombosi, i grumi nelle arterie e quant'altro e che fa apprezzare pure lo strano hobby delle angioplastiche e la Novella dello Stent, come la chiamo sempre. Parecchio bisogno, ed è per questo che all'inizio dicevo di parlare un po' anche per voialtre e per voialtri, sotto questi oscuri chiardiluna che sono tornati a puzzare di morte.

Istinto Animale.
Istinto Animale.
Sono qui, alle quattro del pomeriggio del ventisei di ottobre. Un tempo, come toccò a mio padre, per cose del genere si stava in ospedale per mesi e si subivano operazioni a cuore aperto. Mio padre era un tipo allegro, aveva smesso di fumare una caterva d'anni prima del primo attacco (il giorno del suo 54° compleanno, il 28 ottobre 1978, quarant'anni fa esatti), era ben piazzato e aveva però il maledetto vizio di organizzare meticolosamente ogni cosa; fu così che si trasformò nell'organizzatore scrupoloso del proprio essere malato, rendendosi un uomo cupo, apprensivo, tremante, impaurito, ingrugnito. Certo, allora non c'erano l'angioplastica e gli stent; si è dovuto sorbire un'operazionaccia a Bologna, con l'asportazione di due pezzi di safena per fare i bypass e per farsi dare la sentenza: “Signor Venturi, con questi lei campa tranquillo per altri dieci anni”. Ne ha campati altri undici, per la precisione: è morto a 73 anni per un infarto in casa, che peraltro gli ha risparmiato un cancro già in piena attività, tanto per non farsi mancare niente. Oltretutto, con un figlio come il sottoscritto, il quale non nacque al mondo per far campare gli altri nella tranquillità perché chi mi legge non sa quale razza di arnese io sia stato e sia tuttora. Il giorno prima che morisse, il sedici di novembre del 1997, s'aveva avuto modo di fare una leticata epica a proposito della mia incapacità totale di gestione finanziaria: avevo, allora, una partita IVA per un fantomatico centro traduzioni che avevo, con squisita fantasia, denominato “CAT – Centro Antagonista Traduzioni” (il tutto certificato presso l'Agenzia delle Entrate), ma non facevo le fatture, o le sbagliavo perché ho sempre preferito, e di gran lunga, le fatture delle streghe. E cosí, figuriamoci se mi organizzo le malattie, anche se devo dire che qualche progresso l'ho pur fatto, e purtroppo per forza di cose. Ach so. Ma tiro splendidamente avanti con il mio Istinto Animale e, tutto sommato, lo raccomando a tutte, a tutti. Il giorno prima d'esser trombato dalla trombosi, il diciotto di ottobre, era un'altro quarantesimo anniversario: quello dell'incontro del mio primo amore, e pure del primo bacio di quindicenne avvenuto, si pensi un po' alla nemesi in anticipo, sugli scalini di una banca. Come dire: vaffanculo agli anniversari!

Western Pearl.
Western Pearl.
Mi scuso, naturalmente, per questo lungo sproloquio per il quale ho, ancora una volta, approfittato della mia qualifica di admin di questo sito; e mi scuso soprattutto con chi mi sopporta, ché non è semplice. Sono fatto cosí, e l'essere fatto cosí non è semplice nemmeno per me stesso. Una volta, quando scrivevo le poesie adolescenziali (chi non le ha scritte?), in una non meglio identificata “lettera” (chi non ha scritto, tra le proprie poesie adolescenziali, una “lettera” indirizzata al mondo intero?), dissi di me stesso: “A volte, se ti basta, ci sono e sono assente”. In un'altra di molto tempo dopo, quando l'adolescenza era passata da un pezzo e bevevo come una cisterna spaventando di notte le vecchiette con un vecchio spigato e una bottiglia di Western Pearl (67 gradi) in tasca per le strade di Livorno, scrissi che bisognava riprendersi la bicicletta ed i vent'anni, in culo al mondo e a chi lo fa girare. Ci ho pure il diabete e metto la stevia nel caffè. Una cosa dei vent'anni me la sono ripresa: il peso. Peso settantotto chili e quattro etti, su un metro e novantaquattro di statura, quando sono arrivato per un certo periodo a pesare centodiciotto chili. Una volta mi sono mangiato cinquantasette gamberoni uno dietro l'altro, e farmi un litro di vino a pasto era la normalità. Oggi ho mangiato ottanta grammi di pasta integrale al pomodoro, un pezzo di formaggio senza pane e bevuto acqua gassata.

Il diciannove di ottobre, quando mi sono auto-trombato per l'ennesima volta, avevo appena tradotto dall'ebraico le prime due strofe di questa canzone, già col famoso doloretto addosso. “Passerà”, e non è passato un accidente che se lo porti. Oggi ho terminato la traduzione, con qualche troponina, qualche eparina e qualche coronarografia nel mezzo. Che volete che sia per gli Istinti Animali; la canzone di questa pagina, tra l'altro, non la tradurrò, non ha nulla a che vedere né col sito e né con niente, credo sia una canzone d'amore o qualcosa del genere ed ero stato tentato di non metterne neppure il testo inglese, se non fosse stato per una delle due cose al mondo in cui sono assolutamente rigoroso, la filologia testuale (l'altra sono le parole crociate), ed anche per lo splendido video. Però, alla fine, la Dolores ripete ossessivamente: It's the animal, the animal, the animal instinct in me; è quello che conta. L'istinto animale, la vita, l'Anarchia. Ora ricomincio a tradurre dallo svedese, dall'ebraico, da non so nemmeno io che cosa, al di sopra delle nuvole il sole splende e nel profondo della notte, quando voi dormite, mi faccio un paio di coronarografie, mi sparo una Lantus a rilascio lento e un'atorvastatina (detta la torva statina), infilo il costume da Heparinik e vado a salvare la metropoli. [RV]

papk
Suddenly something has happened to me
As I was having my cup of tea
Suddenly I was feeling depressed
I was utterly and totally stressed
Do you know you made me cry? Whoa oh oh
Do you know you made me die?

And the thing that gets to me
Is you'll never really see
And the thing that freaks me out
Is I'll always be in doubt

It is a lovely thing that we have
It is a lovely thing that we
It is a lovely thing, the animal
The animal instinct

Woo hoo hoo
Woo hoo hoo
Woo hoo hoo ooh

So take my hands and come with me
We will change reality
So take my hands and we will pray
They won't take you away
They will never make me cry, no oh whoa
They will never make me die

And the thing that gets to me
Is you'll never really see
And the thing that freaks me out
Is I'll always be in doubt

The animal, the animal, the animal instinct in me
It's the animal, the animal, the animal instinct in me
It's the animal, it's the animal
It's the animal instinct in me

It's the animal, it's the animal,
it's the animal instinct in me
The animal, the animal
The animal instinct in me

It's the animal, it's the animal, it's the animal instinct in me
It's the animal, it's the animal
It's the animal instinct in me

inviata da Riccardo Venturi - 26/10/2018 - 16:54




Pagina principale CCG

Segnalate eventuali errori nei testi o nei commenti a antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org