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Tre madri

Fabrizio De André
Lingua: Italiano


Fabrizio De André

Lista delle versioni e commenti


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fabfuma

[1969]
Testo e musica di Fabrizio De André e Giuseppe Bentivoglio
Lyrics and music by Fabrizio De André and Giuseppe Bentivoglio
Album: "La buona novella"
La buona novella

Ci sono tre uomini condannati a morte atroce. Che si trattasse di un semplice palo o di una croce vera e propria (il greco σταῦρος autorizza entrambi i significati), non ha molta importanza, non attribuendogliene nessuna dal punto di vista “dottrinale”, come si suol dire. Stanno là, attaccati, legati, inchiodati. I primi due sono delinquentelli, bassa manovalanza, un paio di ladruncoli probabilmente per fame; perché di veramente “sacro”, come ben si sa dalla Storia, non c'è stato altro che la Proprietà. Il terzo, invece, è un caso un po' particolare anche se non raro. Un povero cristo che, si dice, andava in giro a dire di essere “figlio di Dio”. O forse non ci andava neppure tanto, in giro; un tipo un po' strano, figlio di un falegname già di mezz'età e di una ragazzina che, all'epoca, avrà avuto quindici o sedici anni. Preso per assunto che di “figli di Dio” son piene le epoche, ivi compresa questa, le favolette mediorientali che vanno sotto il nome di “religioni monoteistiche” hanno decretato il successo planetario di quel poveraccio, ammesso e non concesso che sia mai esistito per davvero. “Canoniche” o “apocrife” che siano, le favolette di cui sopra non hanno, a rigore, più fondamento di “Cappuccetto Rosso” o di Cenerentola. Nelle sliding doors della storia umana, sono tanti i bivi che in una direzione hanno menato alla fiaba o alla leggenda, e nell'altra ad una religione con tanto di chiesa organizzata. Ma così come le fiabe e le leggende, essendo cose umane, ci raccontano non di rado delle verità derivate da una qualche osservazione della realtà, così delle verità, usualmente crude, ce le possono raccontare persino i “vangeli”, le “buone novelle” specializzate nel fare miliardi di morti. Intanto, qui, di morti ce ne sono tre. Anzi no, morituri. Se ne stanno là crocifissi o roba del genere, condannati a morire dallo Stato con il gentile concorso di un'altra congrega di custodi della Verità Rivelata, che non possono accettare che un tipo un po' fuori di ceppa, specie di hippy dell'epoca, sia considerato figlio del loro Dio intangibile. Il quale se ne sta ora là a crepare pessima morte in compagnia di due ladri di polli; bella fine. Sotto le croci, o i pali, le loro madri. Tre donne qualsiasi che hanno fatto dei figli e ora li guardano morire a cura dell'Autorità. Le madri dei ladruncoli sono, però, un po' incazzate con la madre di quell'altro, del figlio di Dio insomma; loro sono madri di due poveracci per sapere il nome dei quali c'è voluta qualche storiella non omologata (curiosamente, pur svolgendosi la storia in Palestina, uno ha un nome greco, “Dimaco”, “colui che combatte due battaglie”, e l'altro ha un antico nome romano, Tito). Del tipo strano, invece, si sa tutto: il nome, la vita, i fatti, le azioni. E anche che la sua è una morte finta: essendo “figlio di Dio”, sta già scritto che dopo tre giorni risorgerà dai morti. Gli altri due, invece, rimarranno morti. Nessun “dio” verrà a farli risuscitare. Comprensibile che le loro madri siano, come dire, un po' incavolate con l'altra: e che piange a fare? D'accordo, soffre pure lui, ma tanto basterà aspettare tre giorni.

Dal Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini.
Dal Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini.


Ora, si dà il caso che la sig.ra Maria, la madre del tipo strano, sa benissimo che si tratta di una gran massa di cazzate. Altro che tre giorni. Quello che sta lassù a morire tra spasimi tremendi, con la colpa di aver fatto un po' troppo il bischero in giro qua e là, andando a urtare cose molto più grandi di lui, fra tre giorni sarà morto stecchito come quegli altri due. E prova a farlo capire anche alle altre due donne; prova a far capire loro che si può essere messi a morte per avere rubato tre scemenze a qualcuno che le possedeva, ed anche per aver fatto un po' di scena nel Tempio, per aver cambiato l'acqua in vino e per aver tirato fuori qualche pane e qualche pesce da chissà dove. E allora anche lei ha il diritto di piangere, perché quello là è suo figlio e non ne ha altri. Piange la sua morte, e piange la sua unica vita che vede spegnersi poco a poco. Non è altro che un figlio, suo figlio, e vattelappesca con chi lo aveva fatto davvero, poi. Magari con Gabriele, bel giovanotto (si diceva fosse bello come un arcangelo), mentre il marito vecchio se ne stava per quattro anni a lavorare chissà dove; mater semper certa, pater numquam. Figlio suo, che a un certo punto, e chissà per quale motivo, era diventato “figlio di Dio”. Il sig. Fabrizio De André non è arrivato, in questa sua canzone che parla di stupide condanne a morte, di sofferenze, di madri che assistono alla morte per condanna dei loro figli e, in definitiva, dell'idiozia umana al massimo delle sue possibilità, non è arrivato a far dire a Maria che sarebbe stato meglio per tutti che il buon Dio si fosse messo un preservativo, o fatto fare una vasectomia; troppi “figli” ci ha sempre avuto, e quasi nessuno ha fatto una bella fine. Però, sempre il sig. De André, ha messo in bocca a Maria una frase comunque memorabile, terribile, definitiva: “Non fossi stato figlio di Dio, ti avrei ancora per figlio mio”. Meglio essere madri di un figlio qualsiasi, di un disoccupato cronico, di un ladro, di un impiegato delle poste, di un pischello che si rincitrullisce con lo smartphone, di un cantautore. Se si è madri di un “figlio di Dio”, il suo presunto paparino prima o poi lo mette in croce servendosi di qualche braccio secolare. All'estremo, se ne accorge anche il diretto interessato; glielo va a ricordare uno dei suoi compagni di sventura, il ladro Tito, nel suo Testamento. (RV)




Album reinciso dalla Premiata Forneria Marconi nell'album "A.D. 2010 - La buona novella"
A.D. 2010 - La buona novella"


Madre di Tito:
"Tito, non sei figlio di Dio,
ma c'è chi muore nel dirti addio".

Madre di Dimaco:
"Dimaco, ignori chi fu tuo padre,
ma più di te muore tua madre".

Le due madri:
"Con troppe lacrime piangi, Maria,
solo l'immagine d'un'agonia:
sai che alla vita, nel terzo giorno,
il figlio tuo farà ritorno:
lascia noi piangere, un po' più forte,
chi non risorgerà più dalla morte".

Madre di Gesù:
"Piango di lui ciò che mi è tolto,
le braccia magre, la fronte, il volto,
ogni sua vita che vive ancora,
che vedo spegnersi ora per ora.

Figlio nel sangue, figlio nel cuore,
e chi ti chiama - Nostro Signore -,
nella fatica del tuo sorriso
cerca un ritaglio di Paradiso.

Per me sei figlio, vita morente,
ti portò cieco questo mio ventre,
come nel grembo, e adesso in croce,
ti chiama amore questa mia voce.

Non fossi stato figlio di Dio
t'avrei ancora per figlio mio".

inviata da Riccardo Venturi - 10/3/2016 - 12:49




Lingua: Inglese

La versione inglese di Dennis Criteser [2014]
Dal blog Fabrizio De André in English



Compared to the Canonical texts of the Bible, the apocrypha depict more of the human side of the story of Christ's life and less of his preaching. In "Tre madri," perhaps the emotional core of the album, De André focuses on the very human pain of three mothers watching their sons die. - Dennis Criteser
THREE MOTHERS

Mother of Titus:[*]
“Titus, you’re no son of God,
but there is one dying in bidding you farewell.”

Mother of Dymachus:
“Dymachus, ignore him who was your father,
but, more than you, your mother is dying.”

The two mothers:
“Too many tears you shed, Mary, for
just the image of an agony -
you know that to life, on the third day,
your son will make a return.
Leave us to cry, a bit more loudly,
for the ones who won’t revive from death.”

Mother of Jesus:
“I weep for him who is taken from me,
the slender arms, the forehead, the face,
every one of his lives that still lives,
that I see slipping away hour by hour.

"Son by blood, son in spirit,
and whoever calls out to you 'Our Lord,'
in the struggle of your smile
is searching for a scrap of Paradise.

"For me you are son, dying life,
this belly of mine carried you blind.
As in the womb, and now on the cross,
this voice of mine calls you love.

"If you hadn’t been the son of God
I would have you still for my child."
[*] Come di consueto, Dennis Criteser lascia in italiano il nome dei personaggi. Nel riprodurre la sua traduzione, abbiamo restaurato la forma inglese (che poi è quella latina).

inviata da Riccardo Venturi - 10/3/2016 - 12:52




Lingua: Francese

Traduction française ("très personnelle") d'Emmanuel F.
D'après son blog Fine Stagione

troismeres
TROIS MÈRES

La mère de Titus :
Titus, tu n'es pas fils de Dieu,
mais c'est moi qui meurs en cet adieu.

La mère de Dimas :
Dimas, tu n'as pas connu ton père,
mais plus que toi, ici, meurt ta mère.

Les deux mères :
Tu verses trop de larmes, Marie,
ce n'est que l'image d'une agonie :
tu sais bien qu'à la vie, le troisième jour,
ton fils aimé sera de retour :
laisse nous donc pleurer un peu plus fort
qui ne reviendra plus d'entre les morts.

La mère de Jésus :
Je pleure ce que de lui on m'a enlevé,
ses bras maigres, son visage torturé,
tout ce qui de lui vit encore
et que je vois emporté par la mort.

Fils par le sang, fils par le cœur,
ceux qui t'appellent "Notre Seigneur"
cherchent dans ton visage meurtri
comme une vision du Paradis.

D'un fils, je vois le calvaire,
moi qui t'ai porté dans ma chair,
dans mes entrailles comme sur la croix,
c'est d'amour que te parle ma voix.

Si tu n'avais pas été fils de Dieu
tu serais vivant devant mes yeux.

inviata da Riccardo Venturi - 10/3/2016 - 13:04




Lingua: Siciliano

La versione in lingua siciliana
TRE MATRI

Matri 'i Titu:
"Tu 'un si certu figghjiu ri Ddìu
ma ccà c'è cu mori dicènnuti addìu

Matri di Dimacu:
"Dimacu, 'un sapisti maj cu fu to patri
ma cchju ri tìa, mori to matri"

I ru' matri:
"Cu troppi làcrimi chjanci, Maria
sulu l'illusiuni dâ so agunìa
saj ca a 'sta vita, nno terzu jornu,
'u figghju tùu farà ritornu:
lassa a nuautri chjànciri cchjù forti
cu 'un arrivìscirà cchjù dâ morti"

Matri di Gesu:
"Chjancju d'iđđu chiđđu ca mi lèvanu
đđi vrazza sicchi, 'a facci e 'a frunti,
ogni pizzùđđu d'iđđu ca vivi ancora
e chi s'astùta ora pi ora!

Figghju nto saŋŋu, figghju nto cori
cu ti chiama "NostruSignùri"
nta lu sforzu ri un to sunrìsu
cerca n'anticchia di Paravìsu

Pi mmìa si figghju, vita murenti,
ti purtàvi dintra chistu me ventri,
comu ccà dintra, e ora 'ncruci
ti ciama amuri chista me vuci

Nun avissi statu figghju ri Ddìu
t'avissi ancora pi figghju mìu!"

inviata da giorgio (originariamente l'8/1/2013) - 10/3/2016 - 13:25




Lingua: Sardo

"Le tre madri", versione in sardo di Elena Ledda, dal disco collettivo in tributo a Fabrizio De André intitolato "Canti randagi", 1995.
carandag

SAS TRE MAMAS

Tito non ses fizu 'e Deus
ma b'est chi' morit' nenzedi adiu
Dimaco tue no has tentu babbu
ma prus de te morinde e mamma
cun troppas lagrimas pianghes Maria
solu s'imagine de un'agonia
ischis chi in vida sa terza die
su fizu tou ad'a torrare
lassa nos pianghere sempre pius forte
pro chi non torrada prus de sa morte

De Issu piango su prus chi no tenzo
sos brazzos lanzos su fronte ei sa cara
onzi vida sua chi vivet ancora
la idu istudiare dae ora in ora
Fizzu 'e sambene fizu 'e su coro
e chi ti jamat Nostru Sennore
in sa fadiga de su tou risu
chilca' unu pagu de paradisu
pro me ses fizu vida morinde
T'appu portadu in zegas intragnas
prima in su sinu e como in sa rughe
ti jamat amore custa 'oghe mia
no fist'istadu fizu 'e Deus
ti ancora a tennere pro fizu meu.

inviata da Dead End (originariamente il 12/3/2013) - 10/3/2016 - 13:27




Lingua: Spagnolo

Versione spagnola di Santiago
TRES MADRES

Madre de Tito:
"Tito, no eres hijo de Dios,
pero hay quien muere al decirte adiós".

Madre de Dímaco:
"Dímaco, ignoras quién fue tu padre,
pero más que tú, muere tu madre".

Las dos madres:
"Con demasiadas lágrimas lloras, María,
solo la imagen de una agonía:
sabes que, a la vida, en el tercer día,
tu hijo volverá:
déjanos llorar, un poco más fuerte,
a quien no resurgirá ya de la muerte".

Madre de Jesús:
"Lloro de él lo que me han quitado,
los brazos delgados, la frente, el rostro,
cada vida suya que vive aún,
que veo apagarse hora a hora.

Hijo en la sangre, hijo en el corazón,
y quien te llama - Nuestro Señor -,
en la fatiga de tu sonrisa
busca un tajo de Paraíso.

Para mí eres hijo, vida que muere,
te llevó ciego éste mi vientre,
como en el seno, y ahora en la cruz,
te llama amor ésta mi voz.

Si no hubieras sido hijo de Dios
te tendría aún por hijo mío".

inviata da Santiago - 30/6/2016 - 19:27




Lingua: Polacco

Versione canticchiabile polacca di Krzysiek Wrona
23-27 agosto 2016


FdA
TRZY MATKI

Matka Tytusa
Tytusie, bożym nie jesteś synem,
lecz ktoś cię kocha ponad własne życie.

Matka Dumakusa
Ty, Dumakusie, ojca nie poznałeś,
a serce matki popiołem się staje.

Dwie matki
Łez dziś wylewasz, Mario, zbyt wiele
nad tym co śmierci jest przedstawieniem,
wiedząc, że syn twój, wkrótce, dnia trzeciego,
wróci z zaświatów do świata tego,
pozwól, niech głośniej trochę te matki płaczą,
których synowie z martwych już nie wstaną.

Matka Jezusa
To co w nim kocha matczyne serce,
chude ramiona, blask oczu, spojrzenie,
już utraciłam, teraz drżę, bo widzę,
jak z sił opada, jak opuszcza go życie.
Synu z krwi mojej, synu z mej kości,
mówią o tobie: „Nasz Pan” ludzie prości,
chcą dojrzeć raju okruch, miłość wieczną,
kiedy próbujesz się jeszcze uśmiechnąć.

Tyś moim dzieckiem, życiem co kona,
co ślepe rosło w cieple mego łona,
w sobie nosiłam, dziś pod krzyżem stoję
i wciąż miłością cię zwą usta moje.
Gdybyś ty synem nie był Boga mego,
wciąż bym tuliła cię jak syna swego.

inviata da Krzysiek Wrona - 27/8/2016 - 20:27




Lingua: Tedesco

Traduzione tedesca / German translation / Traduction allemande / Deutsche Übersetzung / Saksankielinen käännös: Michi & Herbert Killian
DREI MÜTTER

Mutter von Tito:
»Tito, du bist nicht Gottes Sohn,
aber jemand stirbt, wenn er Lebewohl sagen muss.«

Mutter von Dimaco:
»Dimaco, du weisst nicht, wer dein Vater war,
aber mehr als du stirbt deine Mutter.«

Mütter von den beiden:
Mit zu vielen Tränen weinst du, Maria,
nur das Ebenbild eines Todeskampf.
Du weisst, dass ins Leben am dritten Tag
dein Sohn zurückkehren wird.
Lass uns ein wenig stärker weinen
für diejenigen, die nicht mehr vom Tode auferstehen werden.

Mutter von Jesus:
»Ich weine für das, was mir von ihm genommen wurde,
die dünnen Arme, die Stirn, das Gesicht,
das wenige von ihm, was noch am Leben ist,
was ich Stunde um Stunde auslöschen sehe.

Sohn im Blut, Sohn im Herzen,
wer dich 'Unser Herr' nennt,
in deinem mühsamen Lächeln
sucht er ein kleines Stück Paradies.

Für mich bist du Sohn, sterbendes Leben.
Blind trug dich mein Leib.
Wie in meinem Schoss so jetzt am Kreuz
diese meine Stimme nennt dich Liebe.

Wärst du nicht Gottes Sohn gewesen,
hätte ich dich jetzt noch als meinen Sohn.«

inviata da Juha Rämö - 30/10/2018 - 10:45




Lingua: Finlandese

Traduzione finlandese / Finnish translation / Traduction finnoise / Suomennos: Juha Rämö
KOLME ÄITIÄ

Tituksen äiti:
»Titus, sinä et ole Jumalan poika,
mutta rinnallasi joku kuolee hyvästejä jättäessään.«

Dymachuksen äiti:
»Dymachus, älä mieti isääsi,
sillä enemmän kuin sinä on äitisi kuoleva.«

Kaksi äitiä:
»Liian monia kyyneleitä sinä vuodatat, Maria,
pelkälle kuoleman tuskalle,
sillä totisesti sinä tiedät, että kolmantena päivänä
poikasi on jälleen palaava elämään.
Itkekäämme hieman kovemmin
niitä, jotka eivät palaa kuolleista.«

Jeesuksen äiti:
»Itken hänen vuokseen, joka on minulta viety,
heiveröisten käsivarsien, otsan, kasvojen vuoksi,
jokaisen elämän vuoksi, jota hän vielä elää
ja jonka näen hiipuvan tunti tunnilta.

Vereni poika, sydämeni poika,
kuka tahansa sinua kutsuukin 'meidän Herraksemme'
etsii kasvojesi riutuvasta hymystä
paratiisin hitusta.

Minulle sinä olet poika, kuoleva elämä,
jota kohtuni kantoi sokeana.
Niin kuin silloin niin myös nyt ristinpuulla
minun ääneni kutsuu sinua rakkaudeksi.

Ellet olisi ollut Jumalan poika,
voisin vielä pitää sinut poikanani.«
Titus ja Dymachus olivat niiden kahden ryövärin nimet, jotka ristiinnaulittiin Jeesuksen oikealle ja vasemmalle puolelle. Voltaire kertoo teoksessaan Évangile de l'enfance (Lapsuuden evankeliumi) kahdesta ryöväristä nimeltä Titus ja Dymachus, jotka pyhä perhe kohtaa matkallaan Egyptissä. Dymachus aikoo ryöstää matkalaiset, mutta Titus pyytää häntä jättämään nämä rauhaan ja lupaa maksaa tästä hyvästä hänelle neljäkymmentä drakmaa. Myöhemmin Jeesus sanoo Marialle: »Kun juutalaiset kolmenkymmenen vuoden kuluttua ristiinnaulitsevat minut Jerusalemissa, nämä kaksi ovat riippuva kanssani ristillä, Titus oikealla ja Dymachus vasemmalla puolellani, ja sen päivän jälkeen Titus on astuva minun edelläni paratiisiin.«

inviata da Juha Rämö - 30/10/2018 - 10:46


Era già stata contribuita come sottotesto di Sotto la croce Mmaria, ci sono anche versione sarda e siciliana, forse andrebbero spostate o ripostate anche qui

dq82 - 10/3/2016 - 13:02


Grazie Dq per la segnalazione, come avrai visto ho già provveduto a fare tutti gli aggiustamenti e a spostare in questa pagina le traduzioni in siciliano e sardo. Salud!

Riccardo Venturi - 10/3/2016 - 13:34


Vorrei far notare che il testo delle "Tre madri" è perfettamente interscambiabile a livello di melodia con il "Sogno di Maria". L'ho scoperto mo' :)

Krzysiek - 27/8/2016 - 21:08


Io, invece, che la versione siciliana era di Giorgio
e non di Don Quijote

corretto, grazie

Cristina - 4/2/2017 - 14:57


è errato
(paolo)

Che cosa è errato, Paolo?...

1/4/2018 - 01:22


L’intento deandreiano era però di comporre un disco, e una canzone in questo caso, laico: parlare della vita delle figure sacre del cristianesimo da un punto di vista umano, evitando gli eccessi da un parte, quella filo-religiosa che mitizza gran parte della tradizione, ma anche dall’altra, che in questo caso si esprime nel tentativo di ridurre qualsiasi religione a “Cappuccetto Rosso”.
De André in particolare affermò di aver avuto ripensamenti sulla fede, ed escludo abbia avuto dubbi su qualcosa che può esser tranquillamente ridimensionata a “ favoletta “.
In sintesi, la parte descrittiva a inizio testo vuole esser un tentativo di decifrare quello che De André voleva dire, o è una vostra interpretazione della canzone?

Alessandro - 28/10/2018 - 10:42


La seconda che hai detto, Alessandro. Infatti, sia pure con le iniziali (come faccio usualmente in questo sito, per una mia abitudine personale) l'introduzione è firmata. E'una mia interpretazione, come tale deve essere presa e, ovviamente, non ne esclude affatto altre (anzi, in linea di massima le incoraggia). In buona parte è "figlia" di un modo di fare risalente ai vecchi spazi di discussione in rete su De André, che una quindicina di anni fa hanno dato origine a questo sito: in quegli spazi era prassi comune fornire interpretazioni personali di questa o quella canzone, sui quali poi si sviluppava eventualmente il dibattito. Saluti cari.

Riccardo Venturi (RV) - 28/10/2018 - 10:55


Mia disattenzione, allora: per ragioni d’età personale, risulta difficile comprendere a fondo certe dinamiche che orientarono la creazione di questo “spazio”.
In ogni caso, ringrazio per la celere risposta.
Saluti anche a lei.

Alessandro - 28/10/2018 - 11:20


Come tutte le canzoni di De Andrè, viziato figlio di papà,padrone dell'Eridania, poeta (sig) cantautore sopravvalutato, anche questa è l'ennesima lagna cinica, scettica ed inutile. Sempre pessimista, disincantato, mai un pensiero positivo, costruttivo. Se poi è ateo cosa ne parla a fare di religione, per un ateo la religione è nulla, quindi lui sta cantando coscientemente del nulla.

21/9/2019 - 01:17


De Andrè a Cantautori come Guccini, per esempio, non lega neanche le scarpe.

21/9/2019 - 01:18


il cantautore sarà anche sopravvalutato ma il commentatore anonimo mi sa che si autosopravvaluta un po'. Se De André non ti piace continua pure ad ascoltare Guccini, che piace anche a noi. Ce ne faremo una ragione.

CCG Staff - 21/9/2019 - 23:14


Questa è in assoluto da sempre la mia canzone preferita di De André. Non ero madre quando me ne sono innamorata. Ora che lo sono sento tutto il peso di quelle parole che De André canta in questa canzone.
Se poi si vive in questo limbo, come vivo io e vivono moltissime altre persone e come probabilmente viveva anche De André di incertezza religiosa ("non è razionale credere, ma come è possibile non credere? No, sicuro, sono atea, ma che peccato...")beh, allora si capisce il genio assoluto di De André.

Grazie mille per le traduzioni: io vivo in Germania, e porterò questa canzone, la mia preferita, ad una madre che ha perso suo figlio. Potrò piangere con lei e - da atea - pregare con lei.

Elisa - 14/11/2019 - 12:49


À toutes et tous les mélancoliques, à toutes et tous qu’on emmène dans la dépression permanente en les noyant d’histoires de souffrance, d’angoisse et de culpabilité, nous suggérons de toujours regarder le côté lumineux de la vie ; ce qui se dit en anglais : « Always Look on the Bright Side of Life » ; ainsi découvriront-ils un monde où le bonheur quotidien est tout simplement possible et souhaitable.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane

Marco Valdo M.I. - 14/11/2019 - 16:50


Alina Janiak

19/12/2019 - 00:52




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