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'L rivarà

Ivan Della Mea
Language: Italian


Ivan Della Mea

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(Ivan Della Mea)
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(Ivan Della Mea)


idmea
[1979]
Testo e musica di Ivan Della Mea
Lyrics and music by Ivan Della Mea
Album: Sudadio Giudabestia
Con: Isabella Cagnardi, Paolo Ciarchi, Claudio Cormio, Ivan Della Mea, Paolo De Vecchi, Pepè Gagliardi, Fabio Rizzato, Attilio Zanchi. Elaborazione collettiva su testi e musiche di Ivan Della Mea.
sudgiud

'L rivarà ("arriverà" in dialetto milanese) è la canzone introduttiva di Sudadio Giudabestia, solo brevemente preceduta dalla prima strofa di Io so che un giorno. Introduttiva e, in un certo senso, ricapitolativa: l'universo di via Montemartini, la via del quartiere Corvetto dove viveva ed è morto Ivan Della Mea, è presentato già tutto intero, nella sua componente umana e politica.

Ivan Della Mea amava non fare troppi preamboli. Ci va giù duro, e da subito. La canzone si "svolge" in un giorno preciso: quello della morte del Che Guevara. È, quindi, il 9 ottobre 1967. Un pendolare che lavora tutto il giorno in via Montemartini, proveniente chissà da quale desolazione dell'hinterland milanese ha perso il treno e vaga, ubriaco, per la strada. In poche parole dice tutto a un Della Mea che vaga come lui, ed è tutta una vita, tutta una disperazione, tutta una solitudine. La morte della moglie e del figlio, saltato in aria su una mina nel dopoguerra (ancora vicino, allora), e l'attesa quasi messianica dei "giusti" e degli "eroi" che "arriveranno anche per noi". Non importa chi siano, se delle merde, se Stalin o se Dio. Il vino e il riscatto di un giorno. Della Mea è imbarazzato, proprio in quella sera dove si è venuto a sapere che l'Eroe, il Che, è stato ammazzato. Tira fuori decimila lire, provando sensi di colpa per pensare all'Eroe lontano mentre davanti ha una terribile quotidianità ("la sua ragione era il mio torto").

Si accorge poi, e noi assieme a lui, che in quell'universo circoscritto, visibile dalla finestra di casa, gli "eroi" non esistono. Esiste la gente qualunque, con le sue impensate elevatezze ("su da dio") e le peggiori bassezze ("giù da bestia"), che sono inseparabili e che dovrebbe rendere inutile la ricerca o la speranza in "eroi" e in miti lontani. All'improvviso, l'universo Montemartini si schiude. Ivan Della Mea decide di cantarlo nella sua interezza.

A cominciare dalla Rita, la "matta della strada", figura centrale della cantata, che fa subito la sua comparsa. Anche in questa prima canzone è già ai giardini con la rosa e con il suo bisogno d'amore. Della Mea è come frastornato, di quella frastornatezza che coglie quando si capisce all'improvviso qualcosa che ancora non si è ben formata nella testa: un lampo, che però nei primi momenti cozza con il vuoto. Ciononostante, anche questo vuoto, con il pendolare che dorme per la strada e la Rita ai giardini, deve essere cantato. [RV]
Io so che un giorno
verrà da me
un uomo bianco
vestito di bianco
e mi dirà
mio caro amico
tu sei stanco
e la sua mano
con un sorriso mi darà...


...e tutto cominciò col pendolare
steso per terra nebbia primavera
le labbra viola dure a biascicare
e l'occhio vecchio fisso nella sera.

"Ho lavorato", disse, era sereno,
"per tutto il giorno proprio in questa via
poi vino grappa poi ho perso il treno
ho perso i soldi dentro l'osteria.

La donna l'ho già persa nel sessanta
il figlio su una mina dopo guerra
ho perso il treno delle sei e quaranta
lasciatemi dormire qui per terra.

Ma un giorno 'l rivarà anca per noi",
lo guardo: "Chi è che arriva?", chiedo io
"I giusti", disse, "i martiri, gli eroi,
van bene tutti, merde, Stalin, Dio."

E allora io non seppi cosa dire
La sua ragione forse era il mio torto
gli diedi in colpa diecimila lire
gli dissi, "Scusa, sai, l'eroe è morto.

L'eroe è morto proprio questa sera
con l'occhio duro appeso ad asciugare
e chi l'ha ucciso nella primavera
in fondo è soltanto un pendolare."

Dalla mia finestra io non vedo più gli eroi
Dalla mia finestra oggi io vedo solo
e facce e occhi e corpi e teste di gente come noi,
dalla mia finestra io non vedo più gli eroi

Dalla mia finestra io non vedo più gli eroi
Ma assai più spesso l'umano fesso
su da dio per eccesso giù da bestia che è lo stesso
quel che volete certo non più gli eroi


E ora a casa vuoto nella testa
mi affaccio sulla via Montemartini
mia moglie è con me alla finestra
mi dice: "C'è la Rita nei giardini".

La Rita dell'amore, donna Rita
a modo suo è una pendolare
d'inverno chiusa a Villa Fiorita
ed ora al campo giochi ad aspettare

Ad aspettare non si sa che cosa
con un sorriso e con in mano un fiore
lo stesso fiore, un torsolo di rosa
"son Rita", canta, "e voglio un po' d'amore.

Auf wiedersehen ancora amore mio
auf wiedersehen ancora dalla Rita
auf wiedersehen a tutti anche a dio
arrivederci a Villa Fiorita."

E resto lì col vuoto nella testa
e l'occhio perso in via Montemartini
mia moglie piano chiude la finestra
la chiude sulla Rita e suoi giardini

E resto lì col vuoto nella testa
e l'occhio perso in via Montemartini
mia moglie piano chiude la finestra
la chiude sulla Rita e suoi giardini.

Contributed by Riccardo Venturi - 2010/2/12 - 12:47



Language: French

Version française – IL ARRIVERA – Marco Valdo M.I. – 2010
Chanson italienne – 'L Rivarà – Ivan Della Mea - 1979


'L Rivarà ("IL ARRIVERA" en dialecte milanais) est la chanson introductive de Sudadio Giudabestia, seulement précédée brièvement de la première strophe de Io so che un giorno. Introductive et en un certain sens, récapitulative : l'univers de la rue Montemartini, la rue du quartier Corvetto où vivait et est mort Ivan Della Mea, est présenté tout entier, dans sa composante humaine et politique.

Ivan Della Mea n'aimait pas trop faire de préambule. Il se lance directement, et d'un coup. La chanson se « passe » en un jour précis : celui de la mort de Che Guevara. C'est, donc, le 9 octobre 1967. Un navetteur qui travaille toute la journée rue Montemartini, venant de qui sait quel coin perdu de l'hinterland milanais a manqué son train et vague, bourré, par la rue. En quelques mots, il dit tout à un Della Mea qui vague comme lui et c'est toute une vie, tout un désespoir, toute une solitude. La mort de sa femme et de son fils, qui sauta sur une mine après guerre (encore proche alors) et l'attente quasi-messianique des « justes » et des « héros » qui « viendront aussi pour nous ». Peu importe qui ils seront, des merdes, Staline ou Dieu. Le vin et le rachat d'un jour. Della Mea est embarrassé, justement ce soir-là il vient d'apprendre que le héros, le Che, a été assassiné. Il tire dix mille lires de sa poche, montrant ainsi un sentiment de culpabilité à penser au héros lointain tandis que devant lui il a une terrible quotidienneté ( « Sa raison était mon tort »).

Il s'aperçoit alors, et nous avec lui, que dans cet univers circonscrit, visible de la fenêtre de sa maison, les « héros » n'existent pas. Existent des gens quelconques, avec leurs grandeurs impensables (« Divin par le haut « ) et leurs pires bassesses (« bestial par le bas »), qui sont inséparables et qui devraient rendre inutile la recherche ou l'espoir en des « héros » et en des mythes lointains. Subitement, l'univers Montemartini s'ouvre. Ivan Della Mea décide de le chanter dans son intégralité.

À commencer par Rita, la « folle de la rue », figure centrale de la chanson, qui fait subitement son apparition. Ainsi dans cette première chanson elle est déjà dans les jardins avec la rose et son besoin d'amour. Della Mea est comme abasourdi, de cet étourdissement qui frappe quand on comprend subitement quelque chose qui ne s'est pas encore bien formé dans la tête : un éclair, qui pourtant dans les premiers instant se heurte au vide. Nonobstant, même ce vide, avec le navetteur qui dort sur la rue et Rita dans les jardins, doit être chanté. [RV]
IL ARRIVERA

Je sais qu'un jour
Viendra vers moi
Un homme blanc
Vêtu de blanc
Et il me dira
Mon cher ami
Tu es fatigué
Et avec un sourire
il me donnera la main...


… et tout commença avec le navetteur
Étendu par terre brouillard printemps
Ses lèvres violettes dures à mâchonner
Et son vieil œil fixe dans le soir.

« J'ai travaillé », dit-il, il était serein,
« Durant tout le jour justement dans cette rue
Puis vin grappa puis j'ai manqué le train
J'ai perdu tous mes sous dans le bistrot.

Ma femme je l'ai déjà perdue en soixante
Mon fils sur une mine après guerre
J'ai manqué le train de six heures quarante
Laissez-moi dormir ici par terre.

Mais un jour il reviendra aussi pour nous »,
Je le regarde : « Qui viendra ? », je demande
« Les justes », dit-il, « Les martyrs, les héros,
Enfin tous, des merdes, Staline, Dieu. »

Et alors je ne sus plus quoi dire
Sa raison peut-être était mon tort
Je lui donnai fautif dix mille lires
Je lui dit : « Excuse-moi, mais le héros est mort.

Le héros est mort ce soir
Avec son œil dur suspendu à essuyer
Et celui qui l'a tué au printemps
Au fond est seulement un navetteur. »

De ma fenêtre je ne vois plus de héros
De ma fenêtre aujourd'hui je vois seulement
Des faces, des yeux, des corps et des têtes de gens comme nous
De ma fenêtre, je ne vois plus de héros

De ma fenêtre, je ne vois plus de héros
Mais bien plus souvent un bête humain
Divin par le haut bestial par le bas, le même
Que celui dont vous ne voulez plus de héros


Et maintenant chez moi la tête vide
Je me penche sur la rue Montemartini
Ma femme est avec moi à la fenêtre
Elle me dit : « Il y a Rita dans les jardins ».

Rita de l'amour, dame Rita
À sa manière est une navetteuse
L'hiver enfermée à la Villa Fiorita
Et maintenant sur la plaine de jeux, elle attend.

Elle attend on ne sait quoi
Avec un sourire et en main une fleur
La même fleur, une tige de rosier
« Je suis Rita », chante-t-elle, « et je veux un peu d'amour.

Auf wiedersehen encore mon amour
Auf wiedersehen encore de Rita
Auf wiedersehen à tous même à Dieu
Au revoir à la Villa Fiorita. »

Et je reste là avec le vide dans ma tête
Et l'œil perdu dans la rue Montemartini
Ma femme tranquille ferme la fenêtre
Elle la ferme sur Rita et ses jardins

Et je reste là avec le vide dans ma tête
Et l'œil perdu dans la rue Montemartini
Ma femme tranquille ferme la fenêtre
Elle la ferme sur Rita et ses jardins.

Contributed by Marco Valdo M.I. - 2010/2/14 - 11:27


Juste une petite suggestion pour Marco Valdo (et Lucien Lane), s'il traduiront encore des chansons de cet album fondamental d'Ivan Della Mea.

La traduction de l'expression "Sudadio Giudabestia" (Divin par le haut, bestial par le bas) est absolument géniale. Mais il y a aussi un jeu de mots qui n'est pas facile à entendre. En effet, "Sudadio" est homophone de "Suda Dio" ("Dieu sue"), parce que le Dieu de cet album-universe, ce sont les travailleurs, les prolétaires qui suent, les "folles de la rue". Et "Giudabestia" est homophone avec "Giuda bestia", un juron assez commun dans la bouche des travailleurs. On bosse, on sue, on jure et les héros sont morts...

Riccardo Venturi - 2010/2/15 - 18:13


Ô merci, Riccardo de ses précisions, mais que faire ?

« Divin par le haut, bestial par le bas »... Difficile de traduire autrement. Mais, j'invite à relire le couplet :
"De ma fenêtre, je ne vois plus de héros
Mais bien plus souvent un bête humain
Divin par le haut, bestial par le bas,"

Et l'expression : un bête humain qui renvoie directement à Zola : La Bête Humaine, c'est-à-dire exactement le prolétaire – dans les conditions du siècle et pour tout dire, de l'univers de Zola. Par parenthèse, encore une histoire de locomotive... la Lison. Mais aussi, polysémie inévitable, un humain bête : donc à la fois animal et idiot, soit aussi un humain, tout bêtement, un simple humain, un humain quelconque (qualsiasi...).

Cela dit, on a en effet l'intention de traduire Ivan Della Mea – tout simplement aussi, car on l'aime bien.

Marco Valdo M.I. et Lucien Lane

Marco Valdo M.I. - 2010/2/15 - 21:40




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