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La Leggenda della Neva

Raffaele Offidani [Spartacus Picenus]
Lingua: Italiano


Lista delle versioni e commenti


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[1918]
Sull'aria de "La leggenda del Piave", di E.A. Mario (già, proprio la guerrafondaia "Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio dei primi fanti il 24 maggio...").

spartacus picenus.


A proposito di questa canzone, nella sua autobiografia, pubblicata da "Il Nuovo canzoniere italiano" nel 1963, Raffaele Offidani, alias Spartacus Picenus, racconta:

"I miei primi versi sociali risalgono al 1914, ma sul finire del 1918, trovandomi degente in un ospedale per una grave infermità contratta in guerra, ad un bravo sanitario nazionalista che non si stancava mai di canticchiare 'La leggenda del Piave' allora molto in voga, mi venne l'idea di rispondere con delle strofe cantate sulla stessa aria, nelle quali contrapponevo al Piave la Neva, gloriosa culla della rivoluzione. Il malato mio vicino di letto, un bravo operaio torinese, che l'aveva ascoltata con entusiasmo, volle trascrivere di suo pugno le parole de 'La leggenda della Neva' (che dovevano inaugurare la lunghissima serie dei miei 'Canti di Spartaco') e questa canzone egli la fece sollecitamente stampare per suo conto in un foglio volante a Torino, dove ottenne, malgrado i madornali strafalcioni della trascrizione, un successo veramente strepitoso, diffondendosi immediatamente fin nei più sperduti villaggi d'Italia, dove veniva intonata nei cortei, anche con accompagnamento di banda.

[...]

All'inizio del 1920 mi trovavo a Torino e i compagni annunciarono su 'L'Avanti!' (storico quotidiano del Partito Socialista. Di linea contraria al coinvolgimento nella prima guerra mondiale, almeno fino all'avvento del guerrafondaio Benito Mussolini alla direzione. Mussolini fu poi allontanato dal giornale ed espulso dal PSI. Nel 1919, la sede milanese del giornale fu distrutta dalle squadracce fasciste e nel 1926 Mussolini stesso ne decretò la chiusura - ndr) e con manifesti murali che sul palcoscenico del teatro della Casa del Popolo, situato allora in corso Siccardi, Spartacus Picenus avrebbe intonato le sue canzoni in una festa a beneficio dei mutilati della Lega Proletaria. Non potevo rifiutarmi, sebbene fossi un cantante veramente degno di pomodori marci. La vasta sala era gremita ed i compagni piemontesi mi fecero un'accoglienza entusiastica e commovente. Si reclama a gran voce un bis della 'Neva' e 'Viva Lenin!'. Lo stesso Gramsci, che non conoscevo ancora, venne ad abbracciarmi."


Il Piave, fiume simbolo della riscossa contro il nemico austriaco, lascia il posto alla Neva, fiume del riscatto proletario...

Fonte: Jona, Liberovici, Castelli, Lovatto - "Le ciminiere non fanno più fumo. Canti e memorie degli operai torinesi", Donzelli editore, 2008, pp. 90-92.
La Neva contemplava
della folla umile e oscura
il pianto silenzioso e la tortura.
La plebe sanguinava
come Cristo sulla Croce
svenata dalla monarchia feroce
che non paga di forche e di Siberia
volle ancor della guerra la miseria...
Ma sorse alfin un Uomo di coraggio
che infranse le catene del servaggio
e sterminò le piovre fino in fondo.
Quell'uomo fu Lenin
liberator del mondo.

La Neva trasportava
verso il Mar, da Pietrogrado,
il motto di Lenin "Chi è ricco è ladro"
ed il motto volando
per i mari e i continenti
destò dal sonno gi schiavi dormenti.
E valicò gli Urali, il Kremlino
e giunse sino a Monaco e Berlino...
Qui sventolando la Bandiera Rossa
"Spartaco" diè il segnal della riscossa.
E cadde. Ma alla notte, sulla Sprea
- qual immenso falò -
la salma risplendea.

La Neva commossa
alla Sprea vaticinava
che non invano "Spartaco" spirava.
La pura salma rossa
ingigantì la tormenta
e... "di denti di draghi fu sementa".
Oh quanto ne fu di fertile il terreno
e non soltanto sulla Sprea e sul Reno!
Ben disse il duce degli Spartachiani:
"Malgrado tutto, sarà mio il domani".
E l'eco ripetè a tutta la Terra:
"Fra oppressi ed oppressor
non pace mai, ma guerra!".

La Neva altri prodigi
non invano prometteva.
L'incendio all'universo si estendeva.
Minaccia il Po, il Tamigi
il Danubio ed altre sponde.
Arrosserà del Tebro le acque bionde.
Spartaco ruggirà dalla sua fossa:
... "Eserciti di schiavi, alla riscossa!".
O sozza tirannia, da troppo langue
la folla prona, cui succhiasti il sangue.
O casta scellerata e maledetta,
è giunto anche per noi
il dì della vendetta!

Là, sulla sacra Neva
sta Lenin che ansioso osserva
se la plebe latina è ancora serva.
Compagni, su mostriamo
ai fratelli bolscevichi
che noi non siamo più gli schiavi antichi!
E le campane pur suonino a festa
per salutar la plebe che s'è desta!
Noi dei tiranni il cuore ed il cervello
frantumeremo a colpi di martello.
Si appressa il giorno del fraterno amore.
Mouor con la tirannia
il regno del terrore!

inviata da Alessandro - 25/12/2008 - 18:24


In un articolo dal titolo “I borghesi cantavano 'il Piave' ma al fronte si cantava 'Gorizia'", pubblicato su Liberazione il 1 novembre 2008, Cesare Bermani riferiva un frammento di una versione satirica della nazionalista di E. A. Mario

LA LEGGENDA DEL PIAVE

Il Piave mormorava
calmo e placido al passaggio
puzzavano li piedi di formaggio.

L’esercito marciava
per raggiunger la frontiera
puzzavano li piedi di gruviera.

Muti restaron
nella notte i fanti.
Puzzavano li piedi a tutti quanti…

B.B. - 17/11/2017 - 16:25


Canticchiandola
ho ricordato le lotte contadine degli anni Cinquanta!
Grazie
Antonio

antonio37ma@gmail.com

18/2/2019 - 11:23




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