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La caduta di Livorno

Pirro Giacchi
Lingua: Italiano


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[1849]
Versi di Pirro Giacchi, pubblicati con lo pseudonimo di Michele Stagi
(Dalla raccolta "Due anni di vita di un emigrato [ecc.]")
Musica: Sull'aria di "Numi, voi foste spietati"
Esecuzione di Pardo Fornaciari




"Canzone di Pirro Giacchi che celebra la sfortunata Difesa di Livorno del 10-11 maggio 1849 contro la soldataglia austroungarica ed estense. Cantata sull'aria di "Numi voi foste spietati". Pirro Giacchi con lo pseudonimo di Michele Stagi pubblicò "Anni di vita di un emigrato" in cui racconta la sfortunata battaglia contro l'esercito imperiale, la fuga verso Roma alla difesa della Repubblica,la seconda sconfitta con la trafila garibaldina fino a Comacchio e l'esilio in Corsica." (Pardo Fornaciari)




La versione de “La caduta di Livorno” eseguita da Pardo Fornaciari (e dal suo Coro Garibaldi d'Assalto) è in realtà abbreviata di parecchie strofe rispetto alla poesia, o canto, originale di Pirro Giacchi, pubblicata nel 1849 a Genova nella raccolta Due anni di vita di un emigrato, coi recenti avvenimenti del Veneto, Toscana e Roma, aggiunta la ritirata di Garibaldi fino al discioglimento del suo corpo d'armata, sotto lo pseudonimo di Michele Stagi. Della poesia originale, il canto così come presentato e eseguito da Pardo Fornaciari e dal suo Coro utilizza solo quattro delle sei strofe, modernizzando in alcuni piccoli punti il linguaggio: non sappiamo se per decisione autonoma di Pardo Fornaciari, o se per effettiva tradizione. Lo stesso vale anche per la melodia, ripresa a sua volta da quello che è probabilmente il primo dei canti post-rivoluzionari e risorgimentali, Numi voi foste spietati (composto da giovani liguri e piemontesi dopo lo sfortunato tentativo insurrezionale in Liguria e Savoia del 1834).
Siam raminghi Livornesi,
Siamo profughi infelici,
Ma terribili ai nemici
Della nostra libertà,
Noi pugnammo un contro mille
Vinti sì ma senza scorno
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

Come sopra al viandante
Va dei lupi avida schiera,
Un’armata tutta intera
Venne sopra una città:
Ma la barbara masnada
Non vi avrà lungo soggiorno
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

Quando un dì spunterà in cielo
Quell’aurora che si aspetta,
Più tremenda la vendetta
Sul Tedesco piomberà.
Ed allor della sventura
Grato canteremo il giorno
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

Su su dunque da fratelli
Tutti uniti in una speme
Pugnerem di nuovo insieme
Per la cara libertà.
Se alla patria vittoriosi
Alla fin farem ritorno
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

inviata da Riccardo Venturi - 11/4/2017 - 12:04



Lingua: Italiano

La poesia originale di Pirro Giacchi in versione integrale.

Il testo integrale è ripreso dall'opera di Umberto Ragozzino (Firenze, 2011), per la quale si rimanda alla nota biografica. [RV]

LA CADUTA DI LIVORNO

Siam raminghi livornesi,
Siamo profughi infelici,
Ma terribili ai nemici
Della nostra libertà.
Noi pugnammo un contro mille,
Vinti sì, ma senza scorno:
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

Ruinava Ilio possente
E Cartagine regina,
Ma fu celebre ruina,
Che passò d’età in età.
E se Brescia, se Vicenza
Ebbe un fin di gloria adorno,
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

Come sopra al viandante
Va dei lupi avida schiera,
Un’armata tutta intera
Venne sopra una città.
Ma la barbara masnada
Non vi avrà lungo soggiorno,
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

Quando fia [1] che spunti in cielo
Quell’aurora che si aspetta,
Più tremenda la vendetta
Sul Tedesco piomberà.
Ed allor della sventura
Grato fia cantare il giorno,
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

Contro i nordici tiranni
Sacra guerra ormai s’accese;
L’Alemanno all’Ungherese
Si è congiunto in amistà.
Anco Etruria ridestata
Freme tutta intorno, intorno
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

Su su dunque da fratelli
Tutti uniti in una speme
Pugnerem di nuovo insieme
Per la cara libertà.
Se alla patria vittoriosi
Alla fin farem ritorno,
La caduta di Livorno
Tutta Italia onorerà.

[1] "Sarà" (futuro arcaico, dal congiuntivo presente latino fiat). Nel linguaggio arcaico ha spesso anche valore di condizionale presente, "sarebbe".

inviata da Riccardo Venturi - 11/4/2017 - 12:24




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