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Mon père et ma mère

Eugenio Bennato


Eugenio Bennato

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2015
 Mon père et ma mère

“Mon père et ma mère”, il nuovo video del brano di Eugenio Bennato, è la storia di un incontro tra il musicista e Enric Parfait, un giovane africano del Camerun che, con pochi versi scritti di suo pugno, gli da l’input per un brano carico di empatia e fratellanza.

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Enrico Perfetto, come tanti giovani dell’Africa subsahariana, decide di partire e compiere l’impervia traversata del deserto verso il miraggio dello splendente Mediterraneo. Bennato lo incontra a Tangeri: Enric si trova ad ascoltare la chitarra del cantautore partenopeo e, con tutti i pensieri che deve avere nella testa, non rinuncia ad avvicinarsi al musicista e a porgergli un foglietto con quattro versi scritti a mano: “Mio padre e mia madre si son conosciuti in galera, in eredità mi hanno lasciato la miseria). Per “Mon père et ma mère” Bennato si avvale della collaborazione di musicisti come Stefano “Mujura”, Ezio Lambiase, Sonia Totaro e Chiara Carnevale. Nel brano c’è anche la voce esordiente della figlia del cantautore, Eugenia.
Mon père et ma mère
se sont connus dans la galère
comme héritage ils m’ont laissé
m’ont laissé dans la misère

Ed è con mio padre e con mia madre
che ho cominciato a maledire
la geometria di questo mondo
che non è esattamente tondo

Perché è un mondo fatto a scale
e c’è chi scende e c’è chi sale
perché è una giostra che gira sempre
e c’è chi sale e c’è chi scende

E chi è baciato dalla fortuna
chi non gliene va bene una
perché la scala da scalare
non è per tutti eguale

Mon père et ma mère
se sont connus dans la galère
comme héritage ils m’ont laissé
m’ont laissé dans la misère

Mon père et ma mère
pour faire la vie que moi j’espère
comme héritage ils m’ont laissé
sans passeport et sans papier

Et en partant de Douala
du Cameroun au Nigeria
pour traverser le Sahara
jusqu’à la Méditerranée

et attraper la patera
pour accoster à Tarifa
t’as pas besoin de ton visa
mais de ta chance pour y arriver

E non si può vivere senza amare
ma si può vivere senza padrone
e da mio padre e da mia madre
che ho imparato questa canzone

E c’è chi è libero di viaggiare
e chi se viaggia è irregolare
con la sua carta d’identità
di Camerun e Senegal

Perché nel mondo fatto a scale
c’è il superfluo c’è l’essenziale
c’è il nord ovest che comanda
e c’è il sud che canta

Mon père et ma mère
se sont connus dans la galère
comme héritage ils m’ont laissé
m’ont laissé dans la misère

Mon père et ma mère
pour faire la vie que moi j’espère
comme héritage ils m’ont laissé
sans passeport et sans papier

Au Sahara nous sommes cent mille
à fuir toujours de la famine
et du démon qui nous retient
emprisonnés dans notre pays

allons enfants de la patrie
nous vers la liberté d’autrui
ensemble dans le même chemin
les musulmans et les chrétiens

E c’è la politica e c’è l’arte
e ce c’è chi resta e c’è chi parte
e c’è la guerra e c’è la festa
e c’è chi parte e c’è chi resta

E c’è una favola del potere
e c’è una favola popolare
e da mio padre e da mia madre
me la son fatta raccontare

E c’è una musica di fanfare
nel grande esercito coloniale
e c’è una musica della terra
nel sud che si ribella

inviata da dq82 - 7/11/2015 - 16:27


CAMERUN, DOVE TRE MILIONI DI PERSONE SOFFRONO LA FAME E DOVE NON SI PLACA LA PIAGA DEL FEMMINICIDIO

MA PER IL “BEL PAESE” UN POSSIBILE SBOCCO PER LA PRODUZIONE VINICOLA

Gianni Sartori

Pardon per l’autocitazione. 

Recentemente in questo articolo
(https://centrostudidialogo.com/2023/05... )
avevo espresso la mia perplessità per la risonanza data all’incremento dell’esportazione vinicola italica in Camerun.

Anche da fonti che (in teoria almeno) si occupano (o dovrebbero occuparsi stando a quanto dichiarano) seriamente di diritti umani, questioni ambientali, diritti dei popoli… in Africa.

Ora vengo informato del fatto che - sempre in Camerun - si contano più di 3 milioni di persone in situazione di crisi alimentare (altrove definita “insicurezza alimentare” ma non cambia di molto).

In soli tre anni sarebbero passati da 2,6 milioni a oltre 3 milioni (dati marzo 2023).

Tra le cause principali, un aumento significativo dei prezzi delle derrate alimentari. Dovuto (riprendo dalla stampa locale) “all’insicurezza civile, alla situazione economica internazionale e al cambiamento climatico”.

Pensiamo soltanto alle conseguenze delle endemiche guerre a bassa (relativamente “bassa”) intensità con i conseguenti spostamenti forzati (“migrazioni interne”) delle popolazioni.

Oltre - scontato segnalarlo - ai vari disastri ambientali come la siccità e le inondazioni.

Non solo in Camerum ovviamente. Stando ai dati recentemente diffusi dall’UNICEF, sarebbero circa 970 000 i bambini di età inferiore ai cinque anni destinati quest’anno a soffrire di una grave forma di malnutrizione in alcuni paesi del Sahel, ossia Burkina Faso, Mali e Niger.

Un problema che in questo momento sembra colpire soprattutto le popolazioni dell’Africa dell’Ovest.

Niente di nuovo comunque.

Se - restando sul “pezzo”, ossia in Camerun - facciamo un piccolo passo indietro (solo cinque anni) vediamo che già nel 2018 i Ministeri dell’Agricoltura, dello sviluppo rurale, dell’allevamento e della pesca ipotizzavano per oltre due milioni e trecentomila abitanti del Camerun il rischio concreto di precipitare nella “insicurezza alimentare”.

Stando ai dati ufficiali dell’epoca (2018) almeno il 15,4% della popolazione soffriva già la fame. E in particolare il 31,7% dei bambini con meno di cinque anni, i più fragili, maggiormente esposti e a rischio.

Sia nelle regioni del nord (dove imperversavano le milizie di Boko Haram), dell’est (dove si ripercuotevano i problemi di instabilità del Centrafrica) e in quelle anglofone dell'ovest (dove periodicamente si riaccendono istanze autonomiste-separatiste).

Se da allora qualcosa è cambiato (nonostante gli sforzi del governo per rinforzare, modernizzare le “filiere” del riso, delle cipolle, delle patate, della banane, della palma da olio…) probabilmente è stato in peggio.

Ma sono anche altre le problematiche che affliggono il Camerun (per quanto queste siano di natura planetaria, universale). Un recente studio (novembre 2022) delle Nazione Unite calcolava che mediamente in Africa cinque donne su 200mila all’anno vengono uccise dai familiari.

E in Camerun va ancora peggio.

Un recente articolo del quotidiano specializzato la Griote quantificava che in 54 giorni erano state assassinate 16 donne (tra cui alcune giovanissime).

Alcuni dei casi riportati avevano suscitato indignazione nell’opinione pubblica e nella “Rete”.

Il 12 aprile a Mokolo una donna, un’insegnante, era stata assassinata dal marito lasciando otto figli.

Sempre in aprile un’altra donna di 32 anni (madre di tre figli) veniva uccisa e decapitata davanti ai familiari sconvolti.

Tra i casi recenti più drammatici, inquietanti (e su cui non si è ancora potuto far chiarezza), la contemporanea uccisione di sei sorelle. Un sospetto arrestato dalla polizia si sarebbe poi impiccato in cella lasciando all’oscuro sulle dinamiche del molteplice femminicidio.

Secondo l’Associazione di Lotta contro le Violenze alle Donne, in Camerun “i casi noti di femminicidio di questi primi mesi del 2023 segnalano un aumento”. Non solo. Le modalità di tali uccisioni sarebbero sempre più atroci.

Non sarebbero emerse particolari modalità per quanto riguarda l’età, l’etnia o lo status sociale delle vittime. Ricorrente invece il fatto che la mano assassina sia quella di un parente. In genere il marito, un compagno o un ex convivente.

E qui per il momento vorrei chiudere. Mi chiedo solo se in contesto del genere promuovere la “cultura” (si fa dire ) del vino sia “cosa buona e giusta” (oltre che proficua economicamente). O invece non sia piuttosto riprovevole. Bella domanda….

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 15/5/2023 - 20:12




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