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Stefan Zweig

Paolo Benvegnù
Lingua: Italiano


Paolo Benvegnù

Lista delle versioni e commenti


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Il perché è “Novella degli scacchi”, grande affresco del Novecento e dell’esplorazione dell’uomo verso se stesso e verso l’altro. In più, cosa che mi piace molto, Stefan Zweig incarna nella sua biografia il vero Novecento, ovvero un uomo che lascia il suo Paese per via delle leggi razziali e decide di farla finita insieme a sua moglie a quindicimila chilometri di distanza perché non riesce a tollerare una diversità così ampia rispetto alla sua radice. Praticamente, la stessa cosa che fa il suo carnefice, la stessa cosa che fa Hitler. Quindi, al di là del discorso prettamente letterario, di ciò che ho letto e di ciò che ho sentito specialmente in “Novella degli scacchi”, ma anche in alcuni brani di “Notte fantastica”, è proprio questo paradosso a colpirmi: nella mostruosità e nel sublime siamo uguali.

Paolo Benvegnù


« Inerme e impotente, dovetti essere testimone della inconcepibile ricaduta dell'umanità in una barbarie che si riteneva da tempo obliata e che risorgeva invece col suo potente e programmatico dogma dell'anti-umanità. »
(Stefan Zweig, Il mondo di ieri, Ricordi di un europeo)

Stefan Zweig (Vienna, 28 novembre 1881 – Petrópolis, 23 febbraio 1942)
Stefan Zweig (Vienna, 28 novembre 1881 – Petrópolis, 23 febbraio 1942)

Stefan Zweig (Vienna, 28 novembre 1881 – Petrópolis, 23 febbraio 1942) è stato uno scrittore, giornalista, drammaturgo e poeta austriaco naturalizzato britannico. All'apice della sua carriera letteraria, tra gli anni venti e trenta del XX secolo, è stato uno degli scrittori più famosi al mondo.

Mediatore fra le nazioni, animato da sentimenti pacifisti e umanisti, è noto come autore di novelle e biografie.

Stefan Zweig era il secondo figlio dell'industriale ebreo Moritz Zweig (1845-1926) e della moglie Ida, nata Brettauer (1854-1938). La madre, nata ad Ancona, apparteneva a una famiglia ebraica originaria di Hohenems, dov'erano proprietari di una banca.[2] La sua gioventù fu influenzata dalla sicurezza economica della famiglia e dal clima artistico e intellettuale della Vienna della fine dell'Ottocento, molto più che dalla scuola, che trovava monotona. Come la maggior parte dei suoi coetanei si interessava poco dei problemi politici e sociali coevi.

Nel 1900 iniziò gli studi di filosofia all'Università di Vienna, che continuò dal 1902 a Berlino. Si laureò nel 1904 con una tesi sulla filosofia di Hippolyte Taine. Finiti gli studi, con l'appoggio dei genitori fece diversi viaggi, conoscendo l'Europa e diventando a sua detta "a poco a poco europeo". Si fermò per lunghi periodi a Parigi e a Londra, ed ebbe occasione di incontrare Émile Verhaeren, Georges Duhamel, Auguste Rodin e Hermann Hesse.

Tra il 1908 e il 1909 fece un viaggio in Asia, seguito da uno in America nel 1911. Tornato in Europa, fece amicizia con Romain Rolland e conobbe Friderike Maria von Winternitz, infelicemente coniugata, con la quale si sposò nel 1920. All'inizio della prima guerra mondiale ritornò a Vienna dal Belgio, dov'era stato con Verhaeren. Dal 1917 fino alla fine della guerra passò la maggior parte del tempo in Svizzera, in particolare a Zurigo e a Ginevra, dove tenne contatti con Hesse, James Joyce e Ferruccio Busoni.

Gli anni a Salisburgo
Dopo la guerra tornò in Austria e si stabilì a Salisburgo insieme alla moglie. Ebbe inizio il suo grande successo come scrittore: divenne l'autore più tradotto nel mondo della sua epoca. Il successo non cancellò la grande sfiducia di Zweig verso se stesso come autore. Viaggiò molto. Rimase molto impressionato dal suo viaggio nella Russia sovietica in occasione del centenario di Lev Tolstoj nel 1928, in cui incontrò Maksim Gorkij per la prima volta. Ripetutamente soggiornò in Italia e in Francia, incontrando nuovamente Gorkij a Sorrento e Joseph Roth a Cap d'Antibes.

La sua situazione finanziaria gli consentì di ampliare la collezione di manoscritti originali, acquistando scritti autografi di Wolfgang Amadeus Mozart, Johann Sebastian Bach, Ludwig van Beethoven, Johann Wolfgang von Goethe e Honoré de Balzac.

Esilio
Nel 1933 le opere di Zweig furono bruciate dai nazisti. Zweig fu fiero di condividere questa sorte con celebrità come Thomas e Heinrich Mann, Franz Werfel, Sigmund Freud e Albert Einstein. Nel 1934 lasciò l'Austria per raggiungere Londra senza la sua famiglia. Nel 1938, dopo l'annessione dell'Austria al Terzo Reich, chiese la cittadinanza inglese. Nello stesso anno divorziò dalla moglie Friderike e nel 1939 sposò la giovanissima Lotte Altmann, con la quale l'anno dopo andò ad abitare a New York, ben sapendo che non avrebbe più rivisto l'Europa. Nel 1941 si spostò a Petrópolis in Brasile, dove si suicidò insieme alla sua seconda moglie il 23 febbraio 1942:

«Abbiamo deciso, uniti nell'amore, di non lasciarci mai»
(Dalla lettera ad Alfred Altmann (22 febbraio 1942))
Inseguiti dai fulmini
Sacrificati al mare
Avremo mani bianche per sentire il Sole
Inseguiti dai fulmini
Sacrificati al mare
Avremo mani bianche per sentire il Sole
Luminosi e perfetti
Come i passi nella neve
E i tramonti di ieri
Nei racconti a sonagli

Ma io io, dove sono stato
Ché non mi sembra di aver mai vissuto
E io, dove sono stato
Ché non mi sembra di aver mai vissuto

L'anima della Tempesta
La danza di un ventaglio
È tutto ciò che resta

Giudico senza sapere
Cosa sia stato di me
Delle mie corse leggere sulle colline assolate
Alla ricerca perduta del mio sangue impreciso
Dell'impossibile amore tra sentimento ed istante

Ma io io, dove sono stato
ché non mi sembra di aver mai vissuto
e io, dove sono stato
ché non mi sembra di aver mai vissuto

Eppure spuntano i bucaneve
E corrono le autostrade
Senza nemmeno dirsi addio

Come vorrei ingannarmi ancora
E avere sete
Come vorrei ingannarmi ancora

Io sempre distratto e fuori tempo
lucido le scarpe e preparo l'infinito
Cento gocce dentro ad un bicchiere

inviata da dq82 - 12/6/2015 - 20:59



Lingua: Francese

Version française – STEFAN ZWEIG – Marco Valdo M.I. – 2015
Chanson italienne – Stefan Zweig – Paolo Benvegnù – 2014

Moi toujours distrait et hors du temps, <br />
 Je cire mes chaussures et je prépare l'infini :<br />
  Cent gouttes dans un verre.
Moi toujours distrait et hors du temps,
Je cire mes chaussures et je prépare l'infini :
Cent gouttes dans un verre.


J'ai donné une version française (je me garderais bien, comme tu le sais, de parler de traduction, genre qui relève de techniques et de connaissances qui m'échappent ; ceci pour prévenir le lecteur innocent de ce qu'il peut allègrement tout ce qui lui passerait par la tête comme critiques et chicaner sur une chose ou l'autre – voilà pour la version française) de cette chanson italienne intitulée Stefan Zweig, qui eut la chance de naître « Viennois » aux moments où Vienne avait encore en ses murs la plus belle collection d'écrivains, de poètes, de penseurs, de philosophes, de musiciens, d’artistes et de médecins. Le revers de l'Histoire fut aussi que ce fut le moment où l'Autriche entrait en déliquescence et donnait le jour à un tambour de fer blanc qui allait trublionner le monde, chasser le Juif comme d'autres chassent le vivant et détruisent la vie elle-même. Le péril fut conjuré, le dément et ses hordes anéantis (provisoirement ?). Entretemps, Stefan Zweig s'était suicidé.

Il me semble qu'il ne fut pas le seul à fermer les yeux de dégoût…

En effet, de mémoire et sans trop chercher, parmi ceux-là qui – dernier geste – se sont immolés, épuisés après avoir longtemps fait face au tsunami d'imbécillité qu'est le nazisme, je peux te citer : Ernst Toller, Kurt Tucholsky, Klaus Mann, Joseph Roth… Une autre façon de contrer la Bête. D'ailleurs, ils sont toujours là comme dans l'Ode à Kesselring :

«  à nos postes
morts et vivants avec le même engagement
peuple serré autour du monument
qui s'appelle
aujourd'hui et pour toujours
RÉSISTANCE. »

Quant à nous, Marco Valdo M.I. mon ami, dit Lucien l'âne en relevant sa crinière, reprenons notre part de cette tâche prophylactique et tissons le linceul de ce vieux monde encombré de guerres, malade, raciste, nationaliste, fanatique et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
STEFAN ZWEIG

Poursuivis des éclairs,
Sacrifiés à la mer,
Nous aurons des mains blanches pour sentir le Soleil.
Poursuivis des éclairs,
Sacrifiés à la mer,
Nous aurons des mains blanches pour sentir le Soleil.
Parfaits et clairs,
Comme les pas dans la neige
Et les crépuscules d'hier
Dans les récits à sonnailles.

Mais moi moi, où ai-je été ?
Qu'il me semble n'avoir jamais vécu.
Et moi, où ai-je été ?
Qu'il me semble n'avoir jamais vécu.

L'âme de la Tempête,
La danse d'un éventail,
C'est tout ce qui reste.

Je juge sans savoir,
Ce qui fut de moi,
De mes courses légères sur les collines ensoleillées
À la recherche perdue de mon sang imprécis,
De l'impossible amour entre sentiment et instant.

Mais moi moi, où ai-je été ?
Qu'il me semble n'avoir jamais vécu.
Et moi, où ai-je été ?
Qu'il me semble n'avoir jamais vécu.
Pourtant, sortent les perce-neige
Et ils courent les autoroutes,
Sans même se dire adieu.

Comme je voudrais me tromper encore
Et avoir soif.
Comme je voudrais me tromper encore.

Moi toujours distrait et hors du temps,
Je cire mes chaussures et je prépare l'infini :
Cent gouttes dans un verre.

inviata da Marco Valdo M.I. - 13/6/2015 - 12:32




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