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Buongiorno, signor padrone

anonimo
Lingua: Italiano (Toscano)


Lista delle versioni e commenti


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(anonimo)
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[1946-56]
Canto raccolto ad Acquaviva, frazione di Montepulciano, in Valdichiana, nel 1976.
L’informatore era tal Sesto Marchetta, ex mezzadro, analfabeta, di anni 68.
Testo trovato in “Canti popolari ed evoluzione della coscienza mezzadrile” di Mariano Fresta, storico e ricercatore folklorico toscano.



Nella ricerca da cui questo contrasto tra padrone e mezzadro è tratto ci sono altri testi di canti popolari toscani sul tema delle rivendicazioni contadine e mezzadrili tra fine 800 e secondo dopoguerra. In tutti è chiara la denuncia della profonda ingiustizia dei rapporti di classe, “l'arbitrio che presiedeva alla ripartizione dei prodotti e la vita parassitaria dei padroni e la loro arroganza”, ed è pure descritto il tentativo dei contadini di ribellarsi ai soprusi padronali e alla miseria. Ma poi la ribellione viene sconfitta in modo umiliante, il padrone riesce ancora una volta ad infinocchiare il cafone che non solo si accontenta di qualche briciola in più (un barile di vino, un sacco di grano) ma addirittura, in qualche caso, accondiscende a che la moglie si conceda al padrone, pur di ottenere un trattamento migliore. Sicchè non mi va di proporli qui quei canti di sconfitta, benchè indubbiamente siano la testimonianza di un’evoluzione della coscienza contadina e del graduale mutamento dei rapporti di forza tra classi dominanti e subalterne.
Il “contrasto” che segue risale invece al secondo dopoguerra, agli anni che videro una fortissima conflittualità, in Toscana come in tutta Italia, da cui sfociarono la riforma agraria del 1950 e le prime cooperative agricole.
E infatti, al padrone che lamenta come nei primi anni 20 i contadini fossero molto più ubbidienti e servili, il mezzadro ricorda che allora c’erano i manganelli fascisti a tenere a bada i lavoratori, ma il fascismo è sconfitto e con esso lo sfruttamento e l’arroganza padronali.
[Mezzadro]
Buongiorno, signor padrone
sono venuto a salutarlo.
Podere non mi rende,
cerco di abbandonarlo;
lavoro giorno e notte
soltanto per mangiar,
gli consegno le chiavi,
lo venghi a lavora'!

[Padrone]
O vile contadino
e privo di pudore,
'bbandoni il mio podere
perché sei un gran signore:
hai fatto una bella macchina
e vino a volontà
e compri un appartamento
vicino alla città!

[Mezzadro]
O senta, signor padrone,
so' un omo rovinato,
se sto nel suo podere
divento un disgraziato!
Ci ho il bimbo che va a scola
e ha voglia di studia':
dicesti ci ha il podere,
lo venghi a lavora'!

[Padrone]
Nel venti e nel ventuno
i contadini eran più boni:
parlando dell'agoìsimo
faceven dell'affezioni;
lavoravan giorno e notte
con forza e con ardor,
ora 'n sete contenti,
fate tutto coi motor!

[Mezzadro]
Nel venti e nel ventuno,
sia per questo sia per quello,
allora l'adopravi
un antico manganello.
Se nel settantasei
Ventuno non è più,
allora il manganello
qui non esiste più!

inviata da Bernart Bartleby - 7/10/2014 - 09:35


Nell'ultima strofa l'informatore data arbitrariamente il canto al 1976, anno in cui fu raccolto. Tuttavia il contrasto si riferisce certamente agli anni immediatamente successivi alla fine della seconda guerra mondiale.

Bernart Bartleby - 7/10/2014 - 09:40


l'informatore non cambia ARBITRARIAMENTE la datazione del canto, ma è prassi normale che ogni cantore popolare attualizzi il testo che sta recitando o cantando. E' probabile che l'autore della ballata (certamente un cantastorie) citi l'anno in cui il canto è proposto agli spettatori.
Il contrasto tra Pasquino e il padrone non è un canto di sconfitta. Anche qui occorre ricordare che l'autore era un cantastorie particolare, perché era un artigiano, costruiva e vendeva aratri: conosceva il mondo contadino profondamente ma non era contadino, quindi poteva prendere in giro la subalternità mezzadrile perché si sentiva superiore e soprattutto perché suscitava la risata del pubblico delle fiere e dei mercati.
Mariano Fresta (raccoglitore del canto e autore del saggio, riprodotto poi ampliato in Clemente et alii, Letterati mezzadri padroni, Sellerio 1982.

Mariano Fresta - 27/11/2014 - 09:09


Buona sera Mariano Fresta, grazie per le Sue precisazioni.

In effetti l'avverbio da me usato è infelice: intendevo proprio dire quello che Lei ha sottolineato.

Quanto alla decisione di non proporre il contrasto "Pasquino e il padrone", ritenendolo un "canto di sconfitta", beh, è una scelta data da una lettura del tutto personale. Se Lei ritiene che invece possa essere qui riproposto, al pari di "Buongiorno, signor padrone", la pubblicazione è aperta a tutti.
Saluti

Bernart Bartleby - 27/11/2014 - 14:21



Lingua: Francese

Version française – BONJOUR, PATRON – Marco Valdo M.I. – 2014
Chanson italienne – Buongiorno, signor padrone – anonimo – 1946-56


Chant recueilli à Acquaviva, fraction de Montepulciano, en Valdichiana, en 1976.
L'informateur était Sesto Marchetta, ex métayer, analphabète, 68 ans.

Dans la recherche où il est question de l'affrontement entre patron et métayer, il y a d'autres textes de chants populaires toscans sur le thème des revendications des paysans et des métayers entre la fin du dix-neuvième et l'après-guerre. Dans tous, est claire la dénonciation de la profonde injustice des rapports de classe, « l'arbitraire qui présidait à la répartition des produits et la vie parasitaire des patrons et leur arrogance », et est aussi décrite la tentative des paysans de se rebeller face aux abus du patron et à la misère. Mais ensuite la rébellion est défaite de manière humiliante, le patron réussit encore une fois à rouler le paysan qui non seulement se contente de quelque miette en plus (un tonneau de vin, un sac de grain) mais même, dans certains cas, doit consentir à ce que sa femme cède au patron, afin d'obtenir un traitement meilleur. Comme ça ne me va pas de proposer les ici ces chants de défaite, bien que indubitablement ils soient le témoignage d'une évolution de la conscience paysanne et du graduel changement des rapports de force entre des classes dominantes et subalternes.
L'« affrontement » qui suit remonte par contre à l'après-guerre, des années qui virent une très forte confrontation, en Toscane comme dans toute Italie, qui aboutirent la réforme agricole de 1950 et aux premières coopératives agricoles.
Et en effet, au patron qui rappelle que dans les premières années 20, les paysans étaient beaucoup plus obéissants et serviles, le métayer lui rappelle qu'alors il y avait les matraques fascistes pour tenir en respect aux travailleurs, mais le fascisme est vaincu et avec lui l'exploitation et l'arrogance du patron.
BONJOUR, PATRON

[Métayer]

Bonjour, patron
Je suis venu vous saluer.
La ferme ne me rapporte pas,
Je cherche à l'abandonner ;
Je travaille jour et nuit
Seulement pour manger,
Je vous rends les clés,
Venez y travailler vous-même !


[Patron]

Oh paysan lâche
Et sans pudeur,
Tu abandonnes ma ferme
Car tu es un grand monsieur :
Tu as une belle auto
Du vin à volonté
Et tu achètes un appartement
En ville !
[Métayer]

Oh écoutez, patron,
Je suis un homme ruiné,
Si je reste dans votre ferme
Je deviendrai un malheureux !
J'ai mon enfant qui va à l'école
Et il a envie d'étudier ;
Vous dites que vous avez la ferme,
Venez y travailler vous-même !

[Patron]

En vingt - vingt et un,
Les paysans étaient meilleurs ;
À propos d'égoïsme
Ils avaient de l'attachement ;
Ils travaillaient jour et nuit
Avec force et ardeur.
Maintenant vous êtes contents,
Vous faites tout avec le moteur !


[Métayer]

En vingt - vingt et un,
Pour un oui, pour un non,,
Alors, vous employiez
Votre vieille matraque.
En septante-six,
Vingt et un n'est plus,
Alors votre matraque
Ici n'existe plus !

(Moi, dit Lucien l'âne , j'aurais conclu :

En septante-six,
Vingt et un n'est plus
Et votre vieille matraque
Vous pouvez vous la foutre au cul !)

inviata da Marco Valdo M.I. - 27/11/2014 - 22:46




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