Lingua   

Nenia sannita

Arturo Giovannitti
Lingua: Italiano



Ti può interessare anche...

Bread and Roses
(Arturo Giovannitti)
John Golden and the Lawrence Strike
(Joe Hill)
Capipallisti
(Gruppo Operaio E Zézi)


Versi di Arturo Giovannitti (1884-1959), molisano emigrato negli USA, dove divenne sindacalista socialista, dirigente dell’IWW (Industrial Workers of the World) e poeta e dove fu amico di Carlo Tresca, di Nicola Sacco e di Bartolomeo Vanzetti.
Nella raccolta di poesie intitolata “Parole e sangue” pubblicata nel 1938.
Nel 1974 la “Nenia sannita” fu divulgata in allegato ad un numero della rivista “La Parola del Popolo”.
Testo trovata sul sito della Fondazione Arturo Giovannitti.

Arturo Giovannitti con Giuseppe Ettor nel 1912, all’epoca del loro arresto dopo i fatti di Lawrence, Massachusetts, dove un’operaia tessile, Anna Lopizzo, era stata uccisa dalla polizia nel corso della repressione dello sciopero che passò alla storia come “The Bread and Roses Strike”.
Arturo Giovannitti con Giuseppe Ettor nel 1912, all’epoca del loro arresto dopo i fatti di Lawrence, Massachusetts, dove un’operaia tessile, Anna Lopizzo, era stata uccisa dalla polizia nel corso della repressione dello sciopero che passò alla storia come “The Bread and Roses Strike”.


Nenia sannita

Propongo questa splendida, dolorosa e feroce nenia anche se forse non è mai stata messa in musica, dando per scontato che qualsiasi ninna nanna ha per definizione una sua intrinseca musicalità: “Ninna nanna, fanciullo mio bello, per ogni tozzo di pane che m’han dato rendi una botta di coltello… Ninna nanna, cuor mio desolato, muori in galera, muori dannato, scosta via l’ostia e roncola il re.”
Ninna nanna, figlio di mamma,
Chi l’ha cantata la mala canzone?
Sei nato di marzo come il rondone,
Come la rosa canina e l’agrigna
Mora dei rovi e delle fratte.
Chi te l’ha letta la stella maligna,
Chi te l’ha detta la mala fortuna?
Il magro zoppo t’ha rotto la cuna,
la fata gobba t’ha tolto il latte,
E il prete ubriaco che t’ha battezzato
T’ha messo sul capo la mano manca.
Il mio braccio si è addormentato
Ma tu non hai sonno e io sono stanca;
Tu hai freddo ma il fiato mi s’è gelato,
Tu hai fame ma secca ho la mammella.

Ninna Nanna, animuccia mia bella,
Dormi per mamma che ha tanto vegliato.

Ninna nanna, era pieno il granone,
La vite era carica ed ero contento,
Ed era contento il cor del cafone
Che già afforzava l’arcile di sotto
E batteva col martello
La colla di radica e mosto cotto
Per la botte del vino novello.
Ma a Dio non piace che ha il cuore contento,
A Dio piace soltanto chi ha fame,
E ci ha mandato la grandine e il vento,
E s’è portato tutto il vallone,
Si son portate tutte le lame,
Vigne di colli e macchie piane.
I ragni ora tessono nel cassone,
La bracia s’è spenta nel camino,
Tutti i portoni ha rotto la piena
E macina a secco il vecchio mulino.

Ninna nanna, non pianger bambino,
E’ lunga la storia della mia pena.

Ninna nanna, tuo nonno arava,
E tuo padre mieteva il grano,
E tua madre spigolava
E filava con la conocchia
Pel panno di valico e tela nostrana
Filo di stoppa e filo di lana.
Ma tuo nonno era pieno d’affanni,
Aveva l’asma, era dura la terra;
ma tuo padre aveva vent’anni
E se lo son preso e mandato alla guerra:
L’uno era vecchio e stracco, cuor mio,
l’altro era giovane e svelto di pie’.
E tuo nonno l’ha ucciso Iddio
E tuo padre l’ha ucciso il Re.

Ninna nanna, cor del cor mio,
Dormi per mamma che veglia per te.

Ninna nanna, ora in mezzo alla strada
Son restata malata e magra
Tutta ridotta a pelle e ossa.
Il becchino s’è presa la capra
Per scavar sette palmi di fossa,
L’arciprete s’è preso il verro
Per la messa ed il mortoro,
E il governo il fermaglio d’oro
Per la tassa sullo sterro.
Cuore di mamma, hanno preso tutto,
Comò di noce e letto di ferro,
Persino la veste in cui sono sposata
E la corniola che egli mi ha data;
Non ho nemmeno uno straccio di lutto
Per far onore al mio amore distrutto
E alla fede che gli ho giurata.
Mi resta solo il saccone di paglia
E il bidente dal corno spezzato
E la roncola e la medaglia
Che m’hanno mandato e su cui c’è,
A onore del padre che t’hanno scannato,
La grazia di Dio e il ritratto del Re.

Ninna nanna, bambino adorato,
Non piangere, mamma piange per te.

Ninna nanna, or l’inverno è vicino,
Son bianche già le montagne lontane,
Come farò, come farò?
O debbo morire di freddo e digiuno
O chiedere un tozzo di porta in porta
O far la malafemmina infame.
Ma che me ne importa se tu non hai fame,
Se tu non mi muori, ma che me ne importa?
Un detto dice – Uno per uno –
E verrà il giorno che il cuore mi sogna.
E quando viene e tu sei cresciuto,
Core di mamma, ed io sono morta,
Se vissi onesta a chi m’ha aiutata
Rendigli un anno di gioia al minuto,
Ma se t’ho campato di pane e vergogna,

Ninna nanna, fanciullo mio bello,
Per ogni tozzo di pane che m’han dato
Rendi una botta di coltello.

Ninna nanna, la fune si spezza
E il catino cade nel pozzo,
Lo staffile ha il manico mozzo
Ma l’accetta ha la lama piena;
L’asino ha rotto la cavezza,
Il corso ha spezzato la catena
Ed a me il cuore mi scoppia
Più di rabbia che di tristezza
E più l’odio che di pena.
Non sempre così – disse il bifolco
Che sarchiava la ristoppia
A marzo sotto la brina e la nebbia –
In aprile si semina il solco
E in agosto si fa la trebbia
E in settembre il macinato.
Non sempre così nemmeno per te,
Figlio di mamma disgraziato
Che non ti vuole nemmeno la morte;
Ma mò che il primo gallo ha cantato,
Ma mò che il primo cane ha bajato,
Innanzi che il sole spunti all’altura,
Sentimi, sentimi, creatura,
Ti voglio dire la bella sorte
Ti voglio cantare la buona ventura.

Ninna nanna, il Re va in chiesa
Con i principi e i baroni,
il Re va a pregare Dio.
Il popolo corre dalla campagna,
suonate campane, suonate a distesa,
Gridate, villani, sparate foconi
Chè tutto il capitolo è in cappa magna
E il vescovo canta la messa solenne.
Figlio di mamma, da dove mi venne
La bella visione della tua festa?
Il vescovo prende il ciborio in mano
Ed il Re piega a terra la testa,
I mortai sparano nella strada
E tutte le spade fanno il saluto.
Core di mamma il tuo giorno è venuto,
non mi mancare ma sentimi e bada:
L’ostia sacra è pasta di grano,
Il Re è di carne come il villano,
La ronca è di ferro come la spada,
Questo ti dico e questo ti canto.
E se mi campi di lacrime e pane,
Crescimi forte, non crescermi santo,
Zanne di lupo e cuore di cane,
non mi morire di morte infame
Non mi morire servo o soldato
Come tuo nonno, tuo padre e me,
Ma per il padre che t’hanno scannato,
per questo ventre che t’ha portato
Per queste mammelle che t’hanno allattato,
Muori in galera, muori dannato
Scosta via l’ostia e roncola il re.

Ninna nanna, cuor mio desolato
Ricordati mamma che muore per te.

inviata da Bernart Bartleby - 22/5/2014 - 16:00




Pagina principale CCG

Segnalate eventuali errori nei testi o nei commenti a antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org