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Aliento

Cecilia Gauna
Lingua: Spagnolo


Lista delle versioni e commenti


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(Cecilia Gauna)
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(Dean Reed)


‎[2010]‎
Parole di Cecilia Gauna
Musica di Cecilia Gauna, Mariano Agustín Fernández e Juan Pablo Ferreyra
Dall’abum “Aliento”‎

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Un disco questo interamente dedicato ai popoli nativi argentini, in gran parte sterminati tra la fine ‎dell’800 e l’inizio del secolo successivo.‎

I due dischi di canti selk’nam editi dalla Folkways, “Selk'nam (Ona) Chants of Tierra del Fuego, ‎Argentina” (1972) e “Selk'nam Chants of Tierra del Fuego, Argentina, Vol. 2” (1977)‎



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I Selk’nam (chiamati anche Onas, nella lingua yagán dei nativi tehuelches) erano un popolo nomade ‎di cacciatori-raccoglitori che abitava la Isla Grande della Terra del Fuoco, a sud dello Stretto di ‎Magellano.‎




I primi contatti con gli occidentali risalgono proprio alla spedizione di Magellano del 1520, ma in ‎seguito furono molto sporadici. Però a partire dagli ultimi decenni dell’800 anche quelle terre ‎inospitali cominciarono a fare gola ai bianchi i quali, fattasi al solito aprire la strada con la croce ‎‎(missionari salesiani, in questo caso), si fecero poi largo non più a fil di spada, come i loro ‎predecessori, ma direttamente coi Winchester a ripetizione usati con successo sui nativi da punta a ‎punta, dalla Terra del Fuoco fino all’Alaska.‎
I Selk’nam non erano molti (4-5.000 individui stimati intorno al 1880) ma erano alti, forti, abili nel ‎tiro con l’arco. ‎
Nel 1881 il governo cileno rilasciò le prime concessioni per l’allevamento e lo sfruttamento ‎minerario (oro). ‎
Tra croci, fucili e malattie non ci volle molto ad annientare i poveri Selk’nam. ‎
La febbre dell’oro portò in Isla Grande molti avventurieri privi di scrupoli, benedetti dai missionari ‎‎(anche se non da tutti, qualcuno provò ad opporsi ma senza esito) e dal governo. ‎
I Selk’nam provarono a difendersi e ciò diede il via al loro massacro sistematico.‎
Particolarmente attivo fu in questo senso l’ingegnere di origine rumena Julio Popper. Viaggiatore, ‎esploratore, avventuriero, Popper giunse in Patagonia nel 1887 con le carte di concessione per lo ‎sfruttamento di un giacimento aurifero ma, messo su un piccolo esercito di mercenari, preferì ‎dedicarsi fin da subito alla caccia all’indigeno e alla collezione dei manufatti sottratti alle sue ‎vittime. Fu lui stesso a documentare fotograficamente le sue “imprese”, facendone un album che ‎regalò al presidente argentino Celman (che ringraziò commosso):‎








Sono foto agghiaccianti che me ne hanno ricordate altre, tipo questa:‎



E Popper – il quale, tra parentesi, era di fede ebraica - non fu il solo a dedicarsi quasi a tempo pieno ‎a massacri e razzie. I metodi furono dai più classici ai più diabolici: in uno dei primi episodi, presso ‎la Playa de Springhill, in un anno imprecisato della prima decade del 900, i coloni imbottirono di ‎veleno un cetaceo spiaggiato o forse ucciso per l’occasione. I Selk’nam, ghiotti della carne di ‎balena, banchettarono: ne morirono oltre 500. In un’altra occasione, un avventuriero di nome ‎Maclennan invitò una tribù ad una festa per siglare un accordo di pace, fece ubriacare tutti gli ‎indigeni presenti e poi li fece fucilare dai suoi uomini: 300 morti…‎
Davvero non ci misero molto a far piazza pulita di qualche migliaio di nativi…‎




Alla fine, rimasti in poche centinaia (erano gli ultimi anni dell’800, la mattanza era iniziata solo ‎‎10/15 anni prima), i Selk’nam furono deportati in un campo presso una missione installata sull’isola ‎di Dawson (la stessa dove alcuni decenni più tardi finì gran parte degli oppositori al regime di ‎Pinochet) dove per le malattie contratte morirono in oltre 1.500…‎

Il genocidio era compiuto. ‎
I selvaggi erano stati annientati. ‎
La civiltà aveva ancora una volta trionfato.‎

‎(fonte: es.wikipedia)
Busca en el agua turbia el pez su alimento.
Chupa la teta ausente el recién nacido
con la lengua mutilada del guerrero
con la savia interminable del recuerdo.

El hijo grita el nombre de un indomable
padre que sigue vivo bajo el escombro.
Porque un nombre tiene el fuego suficiente
para retorcer el hierro de la muerte.

Alzar el mundo contra la injusticia
que bajo su capa esconde siempre otra mentira.
Abrir caminos en la tierra herida
para que al fin puedan regresar
las voces perdidas.

En el rincón oscuro de la miseria
pidiendo está la boca de los que sueñan
que en la tierra haya más techos que murallas
y en el cielo más oídos que mordazas...

Aunque las fieras coman en las tinieblas
la carne redentora de los que penan
habrá siempre un resplandor que no descansa
y un aliento recobrando la esperanza.‎

inviata da Bernart - 4/4/2013 - 14:23


que civilización triunfo.
todo lo que implique asesinatos sin causa no es triunfo y un que fuese con causa,estas destruyendo tu propia raza,la raza humana.
mas civilizados fueron los que murieron y los que siguen muriendo por una causa y defensa justa de lo que les corresponde.cuantos hoy en día gozan de grandes lujos y mansiones y tierras por doquier,manos sangrientas de asesinos que recae generación tras generación.

a mis hermanos mapuches fuerza y siga la lucha por lo que les corresponde y poco y nada se le debe creer a los falsos políticos de este mundo.
un abrazo y un saludo a todos las etnias que luchan sabiamente por conseguir lo que las pertenece sus tierras.

v.pozas.v@gmail.com - 13/10/2014 - 05:36


E adesso chi agredisce l'Ucraina sia benedetto, perchè qualcuno si fa interessi con Russia, tipo l'Italia....
ma smettiamola con la retorica cogliona....
(krzyś)

Direi che neppure tutto l'appoggio "occidentale" e "atlantico" alla causa ucraina sia mosso da nobili interessi, anche non tenendo conto degli schifosi rigurgiti fascisti in Ucraina. Direi che interessi ci sono da una parte e dall'altra, e fanno entrambi sufficiente orrore per non schierarsi né da una parte e né dall'altra, nel mezzo, come sempre, i civili. Ucraini, russi, nazionalismi e quant'altro. Salud! [RV]

15/10/2014 - 06:30




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