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Manos Loïzos / Μάνος Λοΐζος


Manos Loïzos / Μάνος Λοΐζος

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[1970]
Μουσική: Μάνος Λοΐζος
Στίχοι: Λευτέρης Παπαδόπουλος
Ερμηνεία: Χάρις Αλεξίου

Musica: Manos Loïzos
Versi: Lefteris Papadopoulos
Interprete: Charis Alexiou

Si veda anche la pagina dedicata alle Τα τραγούδια του δρόμου.
Φτιάχναμε καπέλα από χαρτί
είχαμε και ξύλινα ντουφέκια
κι ήτανε ο πόλεμος γιορτή
στα παλιά μας στέκια

Όλοι σε φωνάζαν αρχηγό
κι ήξερες μονάχα να διατάζεις
κι έτρεχα ξοπίσω σου κι εγώ
για να με κοιτάζεις

Έγειρες στη γη να κοιμηθείς
κι έγινε η καρδιά σου κυπαρίσσι
σου ‘πα θα πεθάνω αν σκοτωθείς
κι όμως έχω ζήσει.

inviata da Raf - 1/11/2010 - 18:29




Lingua: Italiano

Versione italiana di Riccardo Venturi
4 novembre 2010
IL COMANDANTE

Si faceva cappelli di carta,
ci s'aveva i fucili di legno
e la guerra era una festa
nei soliti posti dove ci si trovava

Tutti ti chiamavan comandante
e sapevi soltanto schierare
e anch'io correvo dietro a te
perché tu mi guardassi

Ti sei steso in terra a dormire
e il tuo cuore è diventato un cipresso.
Ti ho detto: Morirò se sarai ucciso,
però sono sopravvissuto.

4/11/2010 - 03:37




Lingua: Italiano

Versione italiana di Raf
IL COMANDANTE

Costruivamo cappelli di carta
ed avevamo fucili di legno
la guerra era come una festa,
nei nostri remoti nascondigli

Tutti ti chiamavano comandante
e tu sapevi solo dare ordini
tutti ti seguivano ed anch'io,
solo perchè mi guardassi.

Sei caduto a terra per dormire
il tuo cuore si è mutato in un cipresso
dicevo: se ti uccidessero allora anch'io morirei,
ed invece continuo a vivere.

inviata da Raf - 4/11/2010 - 03:41


Ottima cosa avere due traduzioni, sperando che anche il gpt (e, perché no, anche la Dililluccia bbella...) forniscano le loro. Parlavo di confronto, e allora facciamolo senza remore!

La mia traduzione e quella di Raf sono un po' diverse nello spirito. Io, quando posso, toscaneggio assai. Scrivo "ci s'aveva" e roba del genere. Sono inoltre un appassionato delle frasi secche e della sintassi più semplice possibile. Raf è, come dire, più "diffuso"; ne vengono fuori due modi diversi di maneggiare la propria lingua al confronto con un'altra, e questa è la cosa più interessante. Scoprire divergenze e comunanze. Scoprire, per tramite d'un testo altrui, come ci si pone davanti ad esso nella propria lingua.

Appunti lessicali: nella traduzione di Raf mi lascia un po' perplesso rendere στέκια con "remoti nascondigli". Per quanto ne so io, στἐκι vuol dire "ritrovo", o meglio, il "solito posto". Certo, però, esistono anche gli στέκια του υποκόσμου, i "postacci dei bassifondi" o del "sottobosco"...e da qui passare ai covi o ai nascondigli c'è poca strada. Però io resto abbarbicato alla mia resa.

Quel che invece Raf ha azzeccato assai meglio di me è rendere διατάζεις con "dare ordini". Il mio "schierare" è peggiore, e anche meno esatto nel contesto della canzone. Però lascio tutto così com'è, proprio ai fini del confronto. Confronto che, ci tengo a dirlo, non è e non sarà mai per stabilire chi abbia tradotto "meglio" o "peggio"; è soltanto per far vedere come ci si rapporta a un testo.

Il fine di questo sito è quello di far conoscere. Facendo conoscere, mettiamo in moto. Siamo dei motorini di avviamento di automobili che vanno a canzoni; e credo che sia un carburante la cui diffusione fa bene all'intelligenza, e anche all'aria che respiriamo. La quale, purtroppo, è decisamente inquinata.

Riccardo Venturi - 4/11/2010 - 17:04


La traduzione di Raf va benissimo, e non ne aggiungo una mia. Quella di Riccardo è toscanaccia, fa risaltare il popolare: va bene anche lei. Sì, στεκι è il "solito posto", quello dove ci si incontra abitualmente senza bisogno di precisare il luogo. "I nostri posti", dunque. Però io su questa canzone coltivo in cuor mio il dubbio che il capoccia altri non sia che la Arghirò di Oδός Αριστοτέλους, un'altra canzone autobiografica di Lefteris Papadopoulos, che ho mandato non molto tempo fa. L'atmosfera delle due canzoni è più o meno la stessa. E' vero che αρχηγός è un sostantivo maschile: ma anche il ruolo è stato abitualmente maschile; e la singolarità era che Arghirò fosse una ragazzina. Là giocavano a guardie e ladri, qui alla guerra: la differenza non è molta; e Papadopoulos non sarà stato bambino più di una volta, credo. Altri elementi grammaticali non si presentano a dirimere la questione del genere. E quell'ascendente dell' αρχηγός, che spinge Papadopoulos a pensare: morirò se tu muori, mi sembra diverso da quello di un ragazzino più tosto sui suoi compagni più piccoli. Io ci sento una qualche cotterella precoce, da cui i bambini non svanno esenti. Pure congetture, e magari pure baggianate, le mie. Ma provate a rileggerla e a riascoltarla in questa chiave.

Gian Piero Testa - 4/11/2010 - 18:14


Caro Riccardo, in effetti -παλιά μας στέκια- in maniera più secca, come dici tu, si tradurrebbe in -vecchi nostri ritrovi-, che io ho inteso come i luoghi dei giochi dell'infanzia, nei quali spesso si andava per nascondersi, luoghi lontani ormai più nella memoria del narratore, che nel tempo e nello spazio e perciò remoti.
Trovo suggestiva l'interpretazione del nostro professore, del quale già da tempo apprezzo le sopraffini traduzioni e l'acutezza delle osservazioni a latere delle stesse (che invidia!!!...nel senso buono). Comunque io credo che il Comandante in questione, venga visto dal narratore, come l'eroe che non è riuscito ad emulare o a salvare, e perciò egli rivive il suo ricordo con un senso di colpa che, insieme alla tragedia della sua morte, è la molla di tutta la vicenda.

Raf - 5/11/2010 - 04:06




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