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Os índios da Meia Praia

José "Zeca" Afonso
Language: Portuguese


José "Zeca" Afonso

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José Afonso, Os índios da Meia Praia


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[1976]
Letra e música: José Afonso
Testo e musica: José Afonso


Texto e musica para o filme documentário Continuar a viver, ou Os Índios da Meia Praia, realizado por António da Cunha Telles (1976).
Testo e musica per il film documentarioContinuar a viver, ou Os Índios da Meia Praia, realizzato da António da Cunha Telles (1976).


Narrano le storie dello “scorso millennio”, che qualche anno prima del 1974 un gruppo di lavoratori del mare (pescatori e altro) dell'Algarve, che vivevano in dei tuguri nella cittadina di Monte-Gordo (che, ironia della sorte, significa “Monte Grasso”), scesero a piedi e in bicicletta verso la marina, la grande e bellissima spiaggia di Meia Praia, decisi a installarvisi e a costruirsi delle abitazioni. Cominciarono, da soli, a farsi delle baracche di legno ricoperte di giunchi, che si trovavano a quintali sulle dune; ma si trattava di abitazioni improvvisate, non diverse dai tuguri che avevano lasciato a Monte-Gordo. Avevano però il vantaggio di essere vicine al luogo di lavoro, che consisteva sia nella pesca nella baia, sia nella raccolta di molluschi e crostacei alla foce del Rio do Alvor. Subito dopo la Rivoluzione dei Garofani del 25 aprile 1974, il governo locale rivoluzionario prese l'iniziativa di costruire per i pescatori un quartiere di case degne di questo nome, ma anche assai rispettose dell'ambiente: nacque così il Bairro 25 de Abril. Lo Stato e le amministrazioni locali diedero i soldi, ma furono i lavoratori stessi, un'altra volta, a costruirsele con le proprie mani. Perché sapeva fare ogni cosa, quella gente, organizzata in un lavoro collettivo per migliorare le proprie condizioni di vita con uno Stato che, finalmente, pareva essere tale ed occuparsi del proprio popolo.

Monte-Gordo e Meia Praia sono vicine alla cittadina di Lagos, dove José Afonso aveva insegnato nel liceo locale. Quando, nel 1976, il regista e documentarista António da Cunha Telles decise di realizzare un documentario su tale esperienza di edilizia popolare collettiva, “Zeca” scrisse questa canzone che è un vero e proprio inno allo sforzo di quella gente, gli índios da Meia Praia (“índios” sta qui per “indigeni, abitanti del posto”, ma anche per "indiani", "selvaggi" perché si erano costruiti capanne), alle case che si costruirono da soli e al loro lavoro. Ma è anche ben altro, come si potrà verificare meglio ascoltandola e leggendola. Il tutto su un impareggiabile ritmo musicale che, nella più autentica commistione afonsiana, unisce la tradizione portoghese a quella di oltremare (brasiliana e africana). Una canzone splendida civilmente e musicalmente.

Il Bairro 25 de Abril esiste ancora, ma non si sa per quanto. Le 41 case del quartiere si trovano adesso in pessime condizioni, e l'Algarve, da terra di pescatori poveri, è diventato una meta del turismo internazionale. La stupenda baia di Meia Praia è stata riempita di alberghi, e il terreno del Bairro fa un'enorme gola a molti. Il potere locale è cambiato, e lo Stato (con la maiuscola) è tornato ad essere stato (con la minuscola). Gli abitanti del “25 aprile” sono stati dimenticati, emarginati, costretti a andarsene. Sono state consentite alterazioni illegali alle abitazioni, con un pretesto chiarissimo: quello di potersene servire per demolirle, e per sostituirle con tonnellate di cemento ad uso del turismo. Arricchimento di pochi e distruzione dell'ambiente. [RV]

Nota. Nella versione della canzone registrata in studio, e generalmente nota, soltanto alcune delle strofe vengono cantate. Qui abbiamo preferito dare il testo completo.
Aldeia da Meia-Praia
Ali mesmo ao pé de Lagos
Vou fazer-te uma cantiga
Da melhor que sei e faço

De Monte-Gordo vieram
Alguns por seu próprio pé
Um chegou de bicicleta
Outro foi de marcha a ré

Houve até quem estendesse
A mão a mãe caridade
Para comprar um bilhete
De paragem para a cidade

Oh mar que tanto forcejas
Pescador de peixe ingrato
Trabalhaste noite e dia
Para ganhares um pataco

Quando os teus olhos tropeçam
No voo duma gaivota
Em vez de peixe vê peças
De ouro caindo na lota

Quem aqui vier morar
Não traga mesa nem cama
Com sete palmos de terra
Se constrói uma cabana

Uma cabana de colmo
E viva a comunidade
Quando a gente está unida
Tudo se faz de vontade

Tudo se faz de vontade
Mas não chega a nossa voz
Só do mar tem o proveito
Quem se aproveita de nós

Tu trabalhas todo o ano
Na lota deixam-te mudo
Chupam-te até ao tutano
Chupam-te o couro cab'ludo

Quem dera que a gente tenha
De Agostinho a valentia
Para alimentar a sanha
De esganar a burguesia

Diz o amigo no aperto
Pouco ganho, muita léria
Hei-de fazer uma casa
Feita de pau e de pedra

Adeus disse a Monte-Gordo
(Nada o prende ao mal passado)
Mas nada o prende ao presente
Se só ele é o enganado

Foram "ficando ficando"
Quando um dia um cidadão
Não sei nem como nem quando
Veio à baila à habitação

Mas quem tem calos no rabo
- E isto não é segredo -
É sempre desconfiado
Põe-se atrás do arvoredo

Oito mil horas contadas
Laboraram a preceito
Até que veio o primeiro
Documento autenticado

Veio um cheque pelo correio
E alguns pedreiros amigos
Disse o pescador consigo
Só quem trabalha é honrado

Quem aqui vier morar
Não traga mesa nem cama
Com sete palmos de terra
Se constrói uma cabana

Eram mulheres e crianças
Cada um c'o seu tijolo
"Isto aqui era uma orquestra"
Quem diz o contrário é tolo

E toda a gente interessada
Colaborou a preceito
- Vamos trabalhar a eito
Dizia a rapaziada

Não basta pregar um prego
Para ter um bairro novo
Só "unidos venceremos"
Reza um ditado do Povo

E se a má lingua não cessa
Eu daqui vivo não saia
Pois nada apaga a nobreza
Dos índios da Meia-Praia

Foi sempre a tua figura
Tubarão de mil aparas
Deixar tudo à dependura
Quando na presa reparas

Das eleições acabadas
Do resultado previsto
Saiu o que tendes visto
Muitas obras embargadas

Quem vê na praia o turista
Para jogar na roleta
Vestir a casaca preta
Do malfrão capitalista

Mas não por vontade própria
Porque a luta continua
Pois é dele a sua história
E o povo saiu à rua

Mandadores de alta finança
Fazem tudo andar pra trás
Dizem que o mundo só anda
Tendo à frente um capataz

E toca de papelada
No vaivém dos ministérios
Mas hão-de fugir aos berros
Inda a banda vai na estrada

Eram mulheres e crianças
Cada um c'o seu tijolo
"Isto aqui era uma orquestra"
Quem diz o contrário é tolo

Contributed by Riccardo Venturi - 2010/5/25 - 19:30



Language: Italian

Versione italiana di Riccardo Venturi
25 maggio 2010

QUELLI DI MEIA PRAIA

Paese di Meia-Praia
proprio là sotto Lagos,
ti farò una canzone
delle meglio che so fare

Vennero da Monte-Gordo,
qualcuno coi suoi piedi,
uno arrivò in bicicletta
e un altro a marcia indietro

Ci fu anche chi stese
la mano a madre carità
per comprarsi un biglietto
dell'autobus per andarci

Mare che tanto ti agiti,
pescatore di pesce ingrato,
hai lavorato giorno e notte
per guadagnarti un soldo

Quando t'inciampano gli occhi
nel volo di un gabbiano,
invece di pesce, vedi pezzi d'oro
cadere sul mercato del pesce

E chi verrà qui a stare
non porti tavolo o letto:
con sette palmi di terra
si costruisce una capanna

Una capanna col tetto di paglia
evviva la comunità,
quando la gente è unita
tutto si fa a volontà

Tutto si fa a volontà,
ma non ci basta la voce,
solo dal mare trae profitto
chi si approfitta di noi

Lavori tutto l'anno,
e al mercato non ti fan dir nulla,
ti succhian pure il midollo,
pure il cuoio capelluto

Che darei perché la gente avesse
il coraggio di Agostinho*
per alimentare la voglia rabbiosa
di strangolare la borghesia

Dice l'amico là fuori:
poco guadagno, tante chiacchiere.
Ho da farmi una casa
fatta di legno e pietra.

Disse addio a Monte-Gordo
(niente lo lega al male passato),
ma niente lo lega al presente
se soltanto lui viene ingannato

E gli toccò restare là,
finché, un giorno, un cittadino
-Non so né come e né quando-
venne apposta là alla casa

Ma chi há i calli al culo
-e questo non è un segreto-
ha sempre scarsa fiducia
e sta sempre ben accorto.

Ottomila ore contate
hanno lavorato a puntino
prima che arrivasse il primo
documento autenticato

Arrivò un assegno per posta
e qualche muratore amico;
dissé il pescatore fra sé:
Solo chi lavora è onorato.

E chi verrà qui a stare
non porti tavolo o letto:
con sette palmi di terra
si costruisce una capanna

C'erano donne e bambini,
ognuno col suo mattone:
“Era come un'orchestra”,
e chi dice il contrario è scemo

E tutta la gente interessata
collaborò a puntino:
- Lavoriamo ordinatamente,
dicevano i ragazzi

Non basta attaccare un chiodo
per avere un quartiere nuovo,
solo “uniti vinceremo”,
recita un detto popolare

E se non mi si ferma la lingua
che io non sorta vivo di qui,
ché nulla spegne la nobiltà
di quelli di Meia-Praia

Hai sempre fatto così,
pescecane trituratore:
lasciar tutto in pericolo
quando stringi la presa

Dalle elezioni appena finite,
dal risultato previsto
ne consegue quel che avete visto:
tante opere avviate

C'è chi vede il turista sulla spiaggia
giocare alla roulette
e indossare il vestito nero
del denaro capitalista

Ma non bisogna agire indivualmente
perché la lotta continua
perché la sua storia è sua e basta
e il popolo è uscito per strada

I comandanti dell'alta finanza
fanno di tutto per far regredire,
dicon che il mondo avanza
solo se c'è chi comanda

E giù con la burocrazia
nell'andirivieni dei ministeri:
ma devon fuggire alle urla,
ancora la folla scende per strada

C'erano donne e bambini,
ognuno col suo mattone:
“Era come un'orchestra”,
e chi dice il contrario è scemo.

2010/5/25 - 22:56


Só esqueceu dizer que os INDIOS DA MEIA PRAIA foi mais um movimento dos ILHAVOS... estes estavam em MONTE GORDO desde que Maequês de Pombal os pediu para pescar no Algarve... O Marques queria que eles fossem para Vila Real e eles passaram para ISLA CRISTINA em Espanha porque lhe queimaram os palheiros... Os algarvios chamavam-lhe INDIOS CUICAS porque nós, os ILHAVOS, sempre tivemos cultura e tradição propria nas muitas povoações do litoral, Tejo e Sado que fizemos crescer... Façam as vossas investigações mais cuidadas...
olhem o meu trabalho

Antonio Angeja - 2013/2/24 - 15:31




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