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King Orfeo [feat. Harpens kraft]

GLI EXTRA DELLE CCG / AWS EXTRAS / LES EXTRAS DES CCG
Lingua: Scozzese (Shetland Scots; Norn)


Lista delle versioni e commenti


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Child #19
Origins: XIV Century
Recording: 1880
Origini: XIV Secolo
Registrazione: 1880


Illustrazione miniata per il romanzo Sir Orfeo. Da questa pagina.
Illustrazione miniata per il romanzo Sir Orfeo. Da questa pagina.


Dedica a Alessandro il Gutnico

Ogni promessa è debito: dopo la discussione/disquisizione su ogni tipo di linguaggio germanico e celtico avvenuta sulla pagina dedicata a Jamie Foyers, avevo promesso a Alessandro di fargli vedere, e ora di dedicargli, la venerabilissima, straordinaria e linguisticamente variopinta King Orfeo. Con questo "extra" ci spingiamo in un lontanissimo medioevo nordico che, però, riprende tradizioni dell'antichità classica: un segno che, in quelle lontane epoche, la cultura viaggiava assai, e così la memoria. La dedica viene estesa anche a tutti coloro che coltivano il medioevo non come facciata modaiola, ma come amore per un'epoca tutt'altro che "oscura" e, per tanti versi, ben più libera e aperta della nostra. Il testo, la traduzione ed il commento sono ripresi dal mio vecchio sito sulle Ballate popolari angloscozzesi; come curiosità, posso dire che lo scrissi durante una nottata di veglia durante il servizio civile presso la Misericordia di Pontassieve, sommerso fra libri e fogliacci, nel 1989. Insomma, anche questa cosa ha qualcosa..."contro la guerra".

Codice manoscritto di Sir Orfeo. National Library of Scotland Manuscript, Auchinleck, Advocates 19.2.1, fol. 302r, le prime 26 righe della prima colonna (righe 417-434)
Codice manoscritto di Sir Orfeo. National Library of Scotland Manuscript, Auchinleck, Advocates 19.2.1, fol. 302r, le prime 26 righe della prima colonna (righe 417-434)


La tradizione orale conservò a lungo questa antichissima ballata, ripresa a Unst, nelle isole Shetland, nella seconda metà del XIX secolo e pubblicata da Patrick Norman Shuldham-Shaw nel 1880 (il nostro testo è quello rivisto pubblicato nel Journal of the English Folk Dance and Song Society, V, 1947). La trama della ballata si ispira abbastanza fedelmente al romanzo medievale in versi Sir Orfeo (risalente forse alla prima metà del XIV secolo), basato sulla classica storia di Orfeo e Euridice, ma riambientato nelle isole Britanniche. La regina Heurodys (la Lady Isabel della ballata; il nome Heurodys è chiaramente ripreso da quello della classica Euridice) viene rapita e portata non più nel Tartaro, ma nel Paese degli Elfi (tale ovvia sostituzione "locale" doveva essere già avvenuta in un lai bretone del XII secolo); Re Orfeo, di lei follemente innamorato, assume allora le sembianze di un menestrello, e grazie alla bellezza delle sue melodiose armonie ottiene dal Re degli Elfi di riportare con sé l’amata nel mondo dei mortali. Il Child (V, 210) sottolinea che la derivazione del nostro testo e della ballata danese Harpens kraft ("La potenza dell'arpa") dal suddetto romanzo era già stata sostenuta da Sophus Bugge in Arkiv for nordisk filologi, VII, 1891, pp. 97 ss.

L'interpretazione linguistica della ballata presenta alcune difficoltà non trascurabili. Innanzitutto, il testo è nell'ostico dialetto scozzese settentrionale delle Shetland, per di più in una forma antica ancora qua e là influenzata dall'antico dialetto locale, il norn (dall'islandese antico norrœnn "nordico; Norvegese", da cui l'italiano norreno), in realtà un dialetto norvegese, estintosi nella seconda metà del XVIII secolo e del quale sappiamo assai poco (solo alcuni vocaboli, parecchi dei quali ancora presenti nel dialetto locale attuale, di tipo scozzese). Questo è importante se si vuole comprendere il misterioso ritornello, di apparente derivazione norvegese (ma forse, semplicemente, ancora in norn). Una delle prime interpretazioni fu data dal Grundtvig e ripresa dallo stesso Child: Skoven årle grøn / hvor hjorten han går årlig ("Il bosco è verde di buon mattino / dove il cervo va ogni anno"). In seguito, l'opinione di Child mutò secondo l'interpretazione fornita da E. Olrik: Skoven er herlig grøn / hvor urten hun grønnes herlig ("Il bosco verdeggia splendido / dove splendida verdeggia la vegetazione"). Anche noi ci atteniamo a quest'ultima interpretazione per la traduzione. Una versione di King Orfeo fu udita anche da Arnulf Edmonston, il quale avvertì che, dopo la quarta strofa, ne venivano delle altre dove Lady Isabel era rapita dalle fate ed il re andava alla sua ricerca. Un giorno, passando vicino ad un colle, egli vede un gruppo di persone tra le quali riconosce sua moglie, che sembra andare verso un castello o qualcosa di simile (Child I, 215). Altre strofe sono state dimenticate dopo l'ottava strofa: qui un messaggero appare da dietro la pietra grigia, invitando il re ad entrare. Edmonston chiarì onestamente di non aver trascritto tali strofe perché erano in un dialetto talmente stretto da non fargliele capire completamente. Malgrado tali lacune, con King Orfeo abbiamo una delle poche ballate tradizionali ancora veramente "pure" (cioè del tutto scevre dall'influsso e dalla morale del Cristianesimo), un autentico relitto ancora in vita in tempi decisamente recenti; anche dal punto di vista letterario la ballata è notevolissima, uno dei migliori esempi dello stile antico. [RV]
KING ORFEO

Der lived a king inta da aste
Scowan ürla grün
Der lived a lady in da wast
Whar giorten han grün oarlac

Dis king he has a huntin’ gaen
Scowan ürla grün
He's left his Lady Isabel alane.
Whar giorten han grün oarlac

"Oh I wis ye'd nair gaen away,
Scowan ürla grün
For at your hame is döl an’ wae.
Whar giorten han grün oarlac

For da King o' Ferrie we his daert
Scowan ürla grün
Har pierced your lady to da hert."
Whar giorten han grün oarlac

An aifter dem da king has gaen
Scowan ürla grün
Bit whan he cam it was a grey stane.
Whar giorten han grün oarlac

Dan he took oot his pipes ta play,
Scowan ürla grün
Bit sair his hert wi’ döl an’ wae.
Whar giorten han grün oarlac

An first he played da notes o' noy,
Scowan ürla grün
An dan he played da notes o' joy.
Whar giorten han grün oarlac

An dan he played da göd gabber reel,
Scowan ürla grün
Dat meicht ha’ made a sick hert hale.
Whar giorten han grün oarlac

"Noo come ye in inta wir ha’,
Scowan ürla grün
An’ come ye in amang wir a’.
Whar giorten han grün oarlac

" Noo he's gaen in inta der ha’,
Scowan ürla grün
An’ he's gaen in amang dem a’.
Whar giorten han grün oarlac

Dan he took oot his pipes ta play,
Scowan ürla grün
Bit sair his hert wi’ döl an’ wae.
Whar giorten han grün oarlac

An’ first he played da notes o’ noy,
Scowan ürla grün
An’ dan he played da notes o’ joy.
Whar giorten han grün oarlac

An’ dan he played da göd gabber reel
Scowan ürla grün
Dat meicht ha’ made a sick hert hale.
Whar giorten han grün oarlac

"Noo tell to us what will ye hae:
Scowan ürla grün
What sall we gie you for your play?"
Whar giorten han grün oarlac

"What I will hae I will you tell,
Scowan ürla grün
An’ dat’s me Lady Isabell."
Whar giorten han grün oarlac

"Yees tak your Lady, an’ yees gaeng hame,
Scowan ürla grün
An’ yees be king ower a' your ain."
Whar giorten han grün oarlac

He’s taen his Lady, an he’s gaen hame,
Scowan ürla grün
An noo he’s king ower a’ his ain
Whar giorten han grün oarlac.

inviata da Riccardo Venturi - 23/9/2009 - 00:51




Lingua: Italiano

Versione italiana di Riccardo Venturi [1989]
Da Ballate Popolari Angloscozzesi. È probabilmente l'unica traduzione italiana mai effettuata della ballata.

unst


Unst è la più settentrionale delle isole Shetland, ed anche delle intere isole Britanniche. Qui, nel 1880, Patrick Norman Shuldham-Shaw registrò e trascrisse King Orfeo; la particolarità è che la registrazione dell'antichissima ballata non avvenne, come di solito, dalla voce di un anziano, ma da quella di una ragazzina di tredici anni chiamata Henrietta Shmolan. Unst è l'isola dove l'antico norn ha resistito più a lungo: lo testimoniano i suoi fantasmagorici toponimi come Muckla Flugga, Baltasound, Hermaness (il cui secondo elemento è il norreno ness "promontorio, Bordastubble e Saxa Vord ("Valore dei Sassoni" in norreno). A Unst, la cui latitudine corrisponde a quella della Norvegia centrale, si è parlato prima un dialetto norvegese che è poi stato sostituito da un angloscozzese assai arcaico e duro [--> tutte lingue germaniche], ma mai il gaelico scozzese [--> lingua celtica]. Il nome di Unst è però di origine sconosciuta, forse un relitto dell'antica lingua pittica.
RE ORFEO

C'era un re in Oriente,
Il bosco verdeggia splendido
C'era una regina in Occidente
Dove le piante verdeggiano splendide.

Il re se n'è andato a caccia,
Il bosco verdeggia splendido
E ha lasciato Lady Isabel da sola.
Dove le piante verdeggiano splendide.

"Oh, se tu non fossi andato mai via,
Il bosco verdeggia splendido
Ché la tua casa è in preda all'affanno e al dolore;
Dove le piante verdeggiano splendide.

Il Re delle Fate con il suo dardo
Il bosco verdeggia splendido
Ha ferito al cuore la tua signora."
Dove le piante verdeggiano splendide.

Il re allora li ha inseguiti,
Il bosco verdeggia splendido
Ma quando arrivò, c'era una pietra grigia.
Dove le piante verdeggiano splendide.

Allora tirò fuori la cornamusa e suonò,
Il bosco verdeggia splendido
Ma il suo cuore era triste d'affanno e dolore.
Dove le piante verdeggiano splendide.

E prima suonò note di disperazione,
Il bosco verdeggia splendido
Ma poi suonò note di felicità.
Dove le piante verdeggiano splendide.

E poi suonò l'allegro e ottimo reel,
Il bosco verdeggia splendido
Che avrebbe sanato ogni cuore ammalato.
Dove le piante verdeggiano splendide.

"Venite dentro nel nostro castello,
Il bosco verdeggia splendido
E venite qui, fra tutti noi."
Dove le piante verdeggiano splendide.

Ora lui è entrato nel castello,
Il bosco verdeggia splendido
È entrato là, fra tutti loro.
Dove le piante verdeggiano splendide.

Allora tirò fuori la cornamusa e suonò
Il bosco verdeggia splendido
Ma il suo cuore era triste d'affanno e dolore.
Dove le piante verdeggiano splendide.

E prima suonò note di disperazione,
Il bosco verdeggia splendido
Ma poi suonò note di felicità.
Dove le piante verdeggiano splendide.

E poi suonò l'allegro e ottimo reel
Il bosco verdeggia splendido
Che avrebbe sanato ogni cuore ammalato.
Dove le piante verdeggiano splendide.

"Ora, su, dicci che cosa vuoi:
Il bosco verdeggia splendido
Cosa ti dobbiamo per aver suonato?"
Dove le piante verdeggiano splendide.

"Io vi dirò quello che voglio:
Il bosco verdeggia splendido
Voglio la mia signora Isabel."
Dove le piante verdeggiano splendide.

"Sì, prendi la tua donna e vattene a casa,
Il bosco verdeggia splendido
E, certo, regna su tutti i tuoi."
Dove le piante verdeggiano splendide.

Lui ha preso la donna e se n'è andato a casa,
Il bosco verdeggia splendido
Ed ora regna su tutti i suoi
Dove le piante verdeggiano splendide.

23/9/2009 - 01:31




Lingua: Danese

HARPENS KRAFT: La versione danese / Danish version

Il testo di Harpens Kraft (inizio) da Danmarks Folkeviser i Udvalg a cura di Svend Grundtvig, Copenaghen, P. G. Philipsens Forlag, 1882, pp. 225–228.
Il testo di Harpens Kraft (inizio) da Danmarks Folkeviser i Udvalg a cura di Svend Grundtvig, Copenaghen, P. G. Philipsens Forlag, 1882, pp. 225–228.


In quanto ballata per la quale il Child sosteneva la derivazione comune, assieme a King Orfeo, dal romanzo medievale Sir Orfeo (sulla scorta di quanto affermato da Sophus Bugge in un numero dell'Arkiv for nordisk filologi del 1891; e, per un antico filologo germanico, sentir rinominare Sophus Bugge riporta alla gioventù...), una sua traduzione analitica e annotata potrà senz'altro servire per una pagina come quella che Cattia Salto ha voluto costruire sul King Orfeo. Eccola qui, in primis nella sua classica versione danese che Svend Grundtvig inserì nelle sue Danmarks Folkeviser i Udvalg “Selezione di ballate popolari di Danimarca” del 1882, lo stesso anno in cui iniziò la pubblicazione dei cinque volumi delle English and Scottish Popular Ballads di Francis James Child. Non è certamente un caso: durante tutta la redazione del suo monumentale studio, il Child si era tenuto costantemente in contatto con Grundtvig, che gli aveva fornito tutti gli analoghi danesi e scandinavi delle ballate angloscozzesi (praticamente tutte le ballate britanniche più antiche, specie soprannaturali, hanno analoghi scandinavi: la fonte è comune).

La ballata danese, Harpens Kraft (“Il potere dell'arpa”), è testimoniata in diverse versioni, delle quali questa è forse la più completa; ma tutte hanno una trama comune. Un fidanzato chiede alla sua promessa sposa come mai è tanto triste e addolorata, e alla fine lei risponde di sapere che cadrà in un fiume e annegherà mentre si reca alle nozze, così come è successo alle sue due sorelle (la cosa è presente anche in alcune versioni svedesi e norvegesi). L'uomo promette di far costruire un ponte largo e robusto per passare il fiume, e che lui ed i suoi uomini la proteggeranno. Nonostante le precauzioni, il cavallo della fanciulla inciampa e scivola sul ponte (oppure si imbizzarrisce), e lei precipita nel fiume. L'uomo si fa portare la sua arpa d'oro e comincia a suonarla in maniera talmente forsennata e splendida, che il troll del fiume (danese: trold, che può valere sia per “orco” che “gnomo”; svedese neck), per il potere magico del suono dell'arpa, è costretto a riconsegnare la sposa. In questa versione vengono riconsegnate in vita anche le due sorelle che erano state precedentemente prese dal troll, e nonostante le implorazioni del troll a lasciarlo poi stare in pace nel suo fiume, l'uomo continua a suonare eliminandolo.

Le versioni danesi esistenti sono in tutto sei (Danmarks gamle Folkeviser, DgF 40). Sono riprese da manoscritti come il Karen Brahes Folio del 1570 (versione A). Le versioni E e F sono quelle più complete, alla base di questa che qui si dà. Si tratta propriamente di una versione da foglio volante del 1778 (versione E), ma la versione F le corrisponde piuttosto bene. Tale versione risale al 1693 e fu ripresa da un manoscritto compilato da uno svedese nella parrocchia di Næsum, in Scania. Grundtvig la considerò però una versione danese, dato che è scritta in una forma seppure un po' contaminata di danese arcaico. Non mi risulta che la ballata sia stata mai tradotta in italiano; in inglese, invece, ha trovato traduttori del calibro di Alexander Prior (1860), George Borrow (1913, 1923) e Alexander Gray (1954) [RV]


Myrkur: Harpens Kraft (canto in danese modernizzato)
Harpens Kraft
Dgf 40 E, 1778

Vilmund og hans væne Brud
— Strængen er af Guld. —
de legte Tavel i hendes Bur.
Saa liflig legte han for sin Jomfru.

De legte Tavel med Guld saa rød,
og endda græd den væne Mø.

Hver Gang Guldtærning rand paa Bord,
den Jomfru fælded saa modig Taar.

»Hvad heller for Guld I græde?
eller for gode Klæde?

Græde I Guld, eller græde I Jord?
hvad heller den Svend, I har givet Tro?

Græde I Sadel, eller græde I Hest?
eller den Svend, der eder haver fæst?«

»Ikke for Guld jeg græder,
og ej for gode Klæder.

Jeg græder ikke Guld, jeg græder ikke Jord,
saa gjærne da gav jeg eder min Tro.

Jeg græder ikke Sadel, jeg græder ikke Hest,
alt med min Vilje have I mig fæst.

Mere græder jeg for mit gule Haar,
at det skal raadne i Vendelsaa.

Mere græder jeg for Blide,
som jeg skal over ride.

Jeg maa vel græde for Blide-Bro:
dèr sunke ned mine Søster to.

Dér sunke ned mine Søster to,
den Tid de lode deres Bryllup bo.

Og det var mig spaat, meden jeg var Barn:
at jeg skulde drukne min Bry’lupsdag.«

»I skulle ikke græde for Blide-Bro:
den lader jeg al med Jærne slaa.

Jeg lader bygge den Bro saa bred,
hun koster mig tusend Gylden i Fæ.

I skulle ikke græde for Blide:
mine Svende skulle med eder ride.

Tolv ved hver eders Side,
selv holder jeg Bidsel og Mile.«

Hun lod lægge under Gangeren røde Guldsko,
og saa rider hun til Blide-Bro,

Men der hun kom dèr midt paa Bro,
da snaved hendes Ganger i fire Guldsko.

Hendes Ganger skrænted paa femten Guldsøm,
neder sank den Jomfru for striden Strøm.

Jomfruen rakte op sin hvide Hand:
»Vilmund! Vilmund! hjælp mig til Land!«

»Hjælp dig saa sandt nu den Hellig-Aand,
som jeg dig ikke nu hjælpe kan!«

Hr. Vilmund taler til Smaadreng sin:
»Du hent mig flux Guldharpe min!«

Vilmund tager Harpe i Hande,
han ganger for Strømmen at stande.

Han slog Harpen saa saare,
det hørtes over alle de Gaarde.

Han slog Harpen over den By,
og Fuglen af den høje Sky.

Han slog Løv af Lindetræ
og Hornen af det levende Fæ.

Han slog Bark af Birke
og Knappen af Mari-Kirke.

Han slog mer end han skulde:
han slog de Lig af Mulde.

Han slog Harpen af ret Harm:
han slog sin Brud af Troldens Arm.

Op kom den Trold fra Bunde
med Hr. Vilmunds Mø ved Haande.

Og ikke hans Brud alene,
men baade hendes Søster væne.

»Vilmund! Vilmund! stil din Ljud!
her haver du igjen din unge Brud!

Vilmund! du stil din Runeslæt!
raade nu hver, som han haver Ret!

Vilmund! Vilmund! tag din Mø!
du lad mig volde mit Vand under Ø!«

»For vist skal jeg vinde min væne Mø,
men aldrig skalt du volde Vand under Ø.«

Vilmund han legte, den Trold til Men.
han sprak i de haarde Flintesten.

Hr. Vilmund han red sig op under Ø,
— Strængen er af Guld. —
saa drak han Bryllup med sin Mø.
Saa liflig legte han for sin Jomfru

inviata da Riccardo Venturi - 12/4/2020 - 22:37




Lingua: Italiano

HARPENS KRAFT: Traduzione italiana
Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös 12-04-2020 22:42

Hans Nikolaj Hansen: Harpens Kraft, olio su tela, anno sconosciuto, coll. privata
Hans Nikolaj Hansen: Harpens Kraft, olio su tela, anno sconosciuto, coll. privata
Il potere dell'arpa

Vilmund e la sua bella [1] promessa sposa
— La corda dell'arpa è d'oro. —
giocavano a tric-trac [2] nella sua dimora. [3]
Sí dolcemente suonava per la sua donzella. [4]

Giocavano a tric-trac con sí rosso oro, [5]
eppure piangeva la bella fanciulla.

Ogni volta che il dado d'oro scorreva sul tavolo,
la fanciulla si metteva a piangere a dirotto.

” Stai piangendo forse per l'oro?
Oppure per dei bei vestiti?

Piangi per l'oro o per avere terra?
Oppure per quel giovane, cui ti sei promessa?

Piangi per una sella, o piangi per un cavallo?
Oppure per quel giovane, cui ti sei fidanzata?”

”Per l'oro non piango di certo,
e nemmeno per dei bei vestiti.

Non piango per l'oro, non piango per la terra,
Assai volentieri mi ero a Voi promessa.

Non piango per una sella né per un cavallo,
e di mia piena volontà mi sono fidanzata.

Piuttosto piango per i miei biondi capelli,
ché s'imputridiranno nel fiume Vendel. [6]

Piuttosto piango per il ponte Blide [7]
che ci dovrò passare sopra.

E pianger devo per il ponte Blide :
là sono annegate le mie due sorelle.

Là sono annegate le mie due sorelle,
le volte che andavano alle loro nozze.

E mi fu predetto, quand'ero bambina,
che sarei annegata il giorno delle mie nozze.”

”Non dovete piangere per il ponte Blide:
lo farò forgiare tutto quanto in ferro.

Farò costruire quel ponte tanto largo
che mi costerà mille fiorini in bestiame.

Voi non dovete piangere per il ponte Blide :
i miei servi cavalcheranno assieme a Voi.

Dodici a ciascun Vostro fianco,
io stesso terrò il freno [8] e il computo delle miglia.” [9]

Fece ferrare il destriero in rosso oro,
e cosí ella cavalca verso il ponte Blide,

Ma quando giunse a metà del ponte,
il destiero scivolò sui quattro ferri d'oro.

Il suo destriero inciampò sul quinto chiodo d'oro,
e la fanciulla cadde giù nel fiume impetuoso.

La fanciulla sollevò e tese la sua candida mano:
”Vilmund! Vilmund! Aiutami a tornare a terra!”

”Invero, ti aiuti ora lo Spirito Santo,
ché io adesso non ti posso aiutare!”

Messer Vilmund dice al suo paggio:
”Porgimi sùbito la mia arpa d'oro!”

Vilmund prende la sua arpa in mano,
e va in riva al fiume stando ritto in piedi.

Suonò [10] l'arpa tanto forte, [11]
che la si udì per tutte le campagne. [12]

Suonò l'arpa da farla udire in città, [13]
e dagli uccelli su in alto nel cielo. [14]

Suonando fece smuovere le foglie dei tigli
e le corna del bestiame vivo.

Suonando fece smuovere la corteccia delle betulle
e la cima del campanile della chiesa di Santa Maria.

Suonò più forte che poté:
suonando fece smuovere i morti da sottoterra.

Suonò l'arpa con la mano destra :
suonando tirò via la sua sposa dalle braccia del troll.

E allora il troll venne su dal fondo del fiume
con la fidanzata di messer Vilmund tra le mani.

E non soltanto la sua promessa sposa
ma anche tutte e due le sue belle sorelle.

”Vilmund! Vilmund! Smetti di suonare!
Rièccoti qui la tua giovane sposa!

Vilmund! Smetti con la tua musica magica! [15]
e ora tutti convengano che lui ha ragione!

Vilmund! Vilmund! Prenditi la tua fidanzata!
Ma lasciami in pace in acqua sotto il fiume!” [16]

”Di certo ecco qui che ritrovo la mia bella sposa,
però in pace in acqua sotto il fiume non ti ci lascerò mai.”

E Vilmund continuò a suonare a danno del troll,
tanto da spaccare la dura pietra di selce.

Messer Vilmund guadò a cavallo il fiume
— La corda dell'arpa è d'oro. —
e così brindò alle nozze con la sua sposa.
Sí dolcemente suonava per la sua donzella.
[1] Væn ”bello” è aggettivo di uso raro e arcaico in danese (conservato piuttosto nell'arcaizzante nynorsk vænn).

[2] Cfr. lo sved.tavla. Si tratta del gioco del backgammon (e del ”trich-trach” nominato da Niccolò Machiavelli nella sua celeberrima lettera a Francesco Vettori del 10 dicembre 1513).

[3] In danese moderno il termine bur significa solo “gabbia”. Qui è chiaramente omologo dell'ingl. bower “dimora, appartamento”, termine onnipresente nelle ballate. Si tratta di uno dei tanti derivati della radice del verbo presente in norreno e islandese come búa “abitare”, ted. bauen “costruire; coltivare la terra” ecc.

[4] Jomfru, propr. “vergine; fanciulla, pulzella” (ted. Jungfrau).

[5] Nelle balladries di qualunque area linguistica, i colori vengono assegnati “per decreto” e rimangono sempre gli stessi. Curiosamente, l'oro è sempre rosso (mai giallo).

[6] Interessante notare che il fiume Vendel si trova in Svezia, nella regione dell'Uppland. Ma la ballata, come detto (v. introduzione) è pan-scandinava.

[7] (Sostituisce vecchia nota errata) Si tratta del nome del ponte, che ha una connotazione quasi di humour nero: "Ponte Blide" significa qualcosa come "Ponte Allegro, Ponte Gioioso".

[8] Vale a dire il “morso”, la “mordacchia” (dan. bidsel da bide “mordere”).

[9] Il tradizionale miglio danese corrisponde a circa 10 km.

[10] L'arpa nordica (e celtica) non si “suona”, né tantomeno si “pizzica”, ma si “batte”, si “percuote” (slå, corr. al tedesco schlagen). Chiunque abbia preso in mano una volta un'arpa nordica, anche senza saperla suonare, e abbia provato a far vibrare una sua corda, si sarà accorto quanto è dura, e che occorrono tutt'altro che dita delicate per suonarla. - Nota 10bis di Cattia Salto

[11] Cioè, la suonò in modo talmente forte da provare dolore (dan. saare “molto, assai”, ted. sehr; ma anche “ferita”, ingl. sore “doloroso”).

[12] O “fattorie, terreni, tenute di campagna”.

[13] By è una città, un centro abitato di piccole dimensioni; il suo significato sconfina in ciò che in italiano sarebbe un “paese”. Ancora una volta la radice è quella di isl. búa ecc.

[14] Sky, in danese, significa propriamente “nube, nuvola”. Ma si può capire come mai, ai tempi del Danelaw, il termine sia passato in inglese col significato di “cielo”, che qui adotto nella traduzione.

[15] In Runeslæt, slæt è sostantivo corrispondente allo slå inteso come “suonare percuotendo”; rune è “magia; mistero”, ma se a qualcuno va di collegarlo con le rune ne ha qualche motivo (“runa” è, propriamente, “segno misterioso”). - Nota 15bis di Cattia Salto

[16] Il verbo volde in danese moderno significa solo “causare, arrecare, produrre”. Qui ha ancora il significato primitivo di “regnare, dominare”: lad mig volde mit vand “fammi dominare la mia acqua”. Ø in danese moderno significa “isola”, ma occorre tornare qui all'etimologia profonda (protogermanico *ahwa, imparentato direttamente con il latino aqua): “corso d'acqua”. Tale significato è rimasto soltanto nei nomi di alcuni corsi d'acqua, specialmente in Norvegia.

12/4/2020 - 22:44





VILLEMANN OG MAGNHILD: La versione norvegese / Norwegian version [1]



La versione norvegese della ballata è generalmente nota con il titolo di Villemann og Magnhild; nel catalogo NMB (Norske Mellomalderballadar “Ballate medievali norvegesi”) è la n° 26. Ne esistono qualcosa come un centinaio di versioni, alcune delle quali frammentarie e consistenti solo in poche strofe. Alcune varianti sono note con titoli diversi: nella raccolta di Leiv Heggstad la ballata si chiama Harpespelet tvingar nykken “Il suono dell'arpa cattura l'orco”, mentre nell'antologia del Landstad ne esistono due versioni intitolate rispettivamente Gaute og Magnhild e Guðmund og Signelita (Signelita = “Piccola Benedetta”). Nel 1920, Knut Liestøl e Moltke Moe, collazionando le varie versioni (un'opera veramente certosina) ricostruirono un testo completo di 32 strofe che corrisponde in modo quasi totale alla Harpens Kraft danese, e specialmente alla versione di 22 strofe data dal Grundtvig (DgF 40C).

La trama della versione norvegese così come ricostruita da Liestøl e Moe segue, come detto, quasi in modo perfetto quella di Harpens Kraft, ma con alcune lievi varianti. Il nomi del fiume e del ponte (Vendel e Blide) restano invariati. Nella versione norvegese, gli effetti del suono dell'arpa appaiono ancora più fantastici, tanto da svellere le cime dei monti. Nel testo non è chiaro se, nella “strofa delle sorelle”, il riferimento sia effettivamente alle sorelle della sposa oppure alle due braccia che emergono una dopo l'altra. Il protagonista della ballata, Villemann corrisponde pienamente al Vilmund danese, ma in alcune versioni viene nominato come Gullmund, Guldmund, Gudmund ecc.

Nota linguistica. Il testo della ballata a 32 strofe ricostruito da Liestøl e Moe è genericamente in un dialetto norvegese occidentale. L'ho quindi attribuito al nynorsk, anche se, per l'epoca (1920) sarebbe meglio definirlo con l'appellativo originario aaseniano di Landsmål. La forma linguistica è però piuttosto lontana dal "neonorvegese" attuale; contiene inoltre numerosi arcaismi, relitti della declinazione (es. "i svartan mold") e numerosi termini dialettali.
Villemann og Magnhild
NMB 26

Villemann og hass møy så prud,
dei leika gulltavl i hennar bur.
— Så liflig leika Villemann for si skjønn jomfru.

Kvòr gong gullterningjen rann omkring,
så rann det ei tår på Magnills kinn.

"Græt'e du åker, ell græt'e du eng,
ell græt'e du det at du sov i mi seng?"

"Græt'e du gull, ell græt'e du jord,
ell græt'e du det at du sat ved mitt bord?"

"Eg græt inkje åker, eg græt inkje eng,
eg græt inkje det at eg sov i di seng."

"Eg græt inkje gull, eg græt inkje jord,
eg græt alli det at eg sat ved ditt bord."

"Eg græt'e meir fyr mitt kvite hold,
at det må kje koma i svartan mold."

"Eg græt'e meir fyr mitt gule hår,
at det må kje rotne i Vendels å."

"Eg græt'e så mykje fyr Blide-bru,
der sokk til bonns mine systrar tvo."

"Magnill, Magnill still din gråt:
eg skò byggje bru ivi Vendels å."

"Eg skò byggje brui så håg og så ny
og setje derunde stolpar av bly."

"Eg sko byggje brui så sterk og så håg
og setje derunde stolpar av stål."

"Og alle mine sveinar skò ride i rad
— eg vaktar deg nok for det kalde bad."

"Å, du må byggje om du vil, unde sky:
det kan ingjen ifrå si folloga fly!

Du må byggje av bly, du må byggje av stål:
det kan ingjen si folloga fly ifrå!"

Villemann let si ferd i rekkje,
fir' og tjuge fyre og fir' og tjuge etter.

Då dei kom midtepå håge bru,
då snåva hennar gangar i raude gullsko.

Gangaren snåva i raude gullsaum,
og jomfruva raut åt stride straum.

Stolt Magnill slo opp med kvite hand:
"Å Villemann, Villemann! hjelp meg i land!"

Villemann tala til smådrengjen sin:
"Du hentar meg horpa i raude gullskrin!"

Fram kom horpa så vent ho let
alt sat Villemann, sårt han gret.

Villemann gjeng'e for straumen å stå,
meistarleg kunne han gullhorpa slå.

Han leika med lempe, han leika med list:
fuglen dåna på ville kvist.

Han leika med lempe han leika med gny:
det gjallar i berg, og det rungar i sky.

Villemann leika så lang ein leik:
då rivna borkjen av or og eik.

Han leika av topp, han leika av tre,
han leika honni av kvike fe.

Han leika med vreide og leika med harm,
han leika Magnill av nykkjens arm.

"Der hev du den eine, der hev du dei tvo,
lat meg no hava mitt vatn i ro."

"Velkomi den fysste, velkomne dei tvo!
men alli skò du hava ditt vatn i ro! "

Villemann leika og horpa skein,
nykkjen han sprakk i hardan stein.

Dei fysste ordi som Magnill tala:
"Sæl er den mo'er slik son må hava!"

"Sæl er den mo'er slik son'e å,
endå sælar den honom må få!"
— Så liflig leika Villemann for si skjønn jomfru.

inviata da Riccardo Venturi - 13/4/2020 - 12:27




Lingua: Italiano

VILLEMANN OG MAGNHILD: Traduzione italiana [1]
Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös: Riccardo Venturi, 13-04-2020 12:33


Ancora i Myrkur e Amalie Bruun alle prese con una versione norvegese
Villemann e Magnhild

Villemann e la sua fidanzata cosí fine [1]
giocavano su un tric-trac d'oro nella sua dimora.
— Sí dolcemente suonava per la sua bella fanciulla.

Ogni volta che il dado d'oro scorreva girando,
scorreva una lacrima sulla guancia di Magnhild.

“Piangi per il campo, o piangi per il pascolo,
oppure piangi perché hai dormito nel mio letto?”

“Piangi per l'oro, o piangi per la terra,
oppure piangi perché stavi alla mia tavola?”

“Io non piango per il campo, non piango per il pascolo,
io non piango perché ho dormito nel tuo letto.”

“Io non piango per l'oro, non piango per la terra,
e non piango proprio perché stavo alla tua tavola.”

“Piango piuttosto per il mio bianco corpo [2]
ché possa cadere [3] nel nero fango.”

“Piango piuttosto per i miei biondi capelli
ché possano imputridirsi nel fiume Vendel.”

“E piango sí tanto per il ponte Blide,
dove sono affondate le mie due sorelle.”

“Magnhild, Magnhild, non piangere più:
io costruirò un ponte sul fiume Vendel.”

“Costruirò il ponte tanto alto e nuovo
e ci metterò sotto dei pali di piombo.”

“Costruirò il ponte tanto forte e alto
e ci metterò sotto dei pali d'acciaio.”

“E tutti i miei uomini cavalcheranno in fila,
e io pure baderò che tu non faccia quel bagno gelido.”

“Ah, puoi costruirlo, se vuoi, sotto il cielo:
nessuno può sfuggire al proprio fato!

Lo puoi far di piombo, lo puoi far d'acciaio:
nessuno può sfuggire al proprio fato!”

Villemann mise tutti i suoi uomini in fila,
ventiquattro davanti e ventiquattro dietro.

Quando giunsero a metà dell'alto ponte
il suo destriero scivolò sui suoi ferri di rosso oro.

Il destriero inciampò in un chiodo di rosso oro
e la fanciulla precipitò nel fiume impetuoso.

La fiera Magnhild agitò una bianca mano:
“Villemann! Villemann! Aiutami a tornare a terra!”

Villemann disse al suo paggio:
“Porgimi l'arpa nella sua custodia di rosso oro!”

Tirò fuori l'arpa e lei risuonò cosí armoniosamente
Villemann stava lì a piangere dal dolore.

Villemann andò in riva al fiume stando ritto in piedi,
sapeva suonare l'arpa d'oro con maestria.

Suonava con proprietà, suonava con arte :
gli uccelli cadevano in deliquio sui rami selvatici.

Suonava con proprietà, suonava con fragore :
si scuotono le montagne, rimbomba il cielo.

Villemann suonò un brano tanto a lungo:
strappò via la corteccia agli ontani e alle querce.

Suonando svelleva cime, suonando svelleva alberi,
suonando svelleva le corna al bestiame vivo.

Suonava con rabbia, suonava con dolore,
suonando tirò via Magnhild dalle braccia dell'orco.

“Eccotene una, ed eccoti le altre due,
ora lasciami in pace nella mia acqua.”

“Benvenuta alla prima, benvenute alle altre due!
Ma certo non te ne starai in pace nella tua acqua!”

Villemann suonava e l'arpa risplendeva,
schiantò l'orco contro una dura pietra.

La prima parola che Maghild disse:
“Benedetta la madre che abbia un tale figlio!”

“Benedetta la madre che ha un tale figlio,
e ancor più benedetto abbia un figlio lui!”
- Sí dolcemente suonava per la sua bella fanciulla.
[1] Dal norvegese antico (islandese antico, nordico antico, norreno ecc.) prúðr “fine, bello, venusto”, di origine sconosciuta (forse un antichissimo latinismo, da prosum “giovo”). Mutuato dall'inglese antico in prud, alla base del moderno proud “fiero, orgoglioso”.

[2] Nei dialetti norvegesi occidentali, così come in inglese antico, il termine hold ha di per sé il significato di “corpo morto, cadavere”; in norvegese antico e in islandese moderno può significare “carne viva” (ingl. flesh).

[3] Lett. “entrare dentro”.

13/4/2020 - 12:34





VILLEMANN OG MAGNHILD: Versione norvegese / Norwegian version [2]

"Accludo la versione norvegese di Villemann og Magnhild registrata da Rita Eriksen e Dolores Keane nell'album Tideland (1996) con relativo video. Trovata nel post di Ian Cumpstey." [Cattia Salto]



La versione più breve col “ritornello lindelauvi” è quella comunemente e modernamente cantata (anch'essa in un linguaggio afferente al nynorsk; ma sarebbe difficile trovare una ballata popolare norvegese in bokmål). Il “ritornellolindelauvi”, a differenza di quello della versione lunga ricostruita da Liestøl e Moe, ha la medesima struttura di quello di Harpens Kraft (e anche di King Orfeo). La versione breve deriva da quella eseguita da Høye Strand (1891-1972), registrata poi da Rolf Myklebust; Høye Strand la aveva imparata da cantori tradizionali che la avevano cantata a Jørgen Moe (lui, quello delle famosissime Fiabe Norvegesi redatte assieme a Asbjørnsen) e a Sophus Bugge. Nel ritornello, il termine rune (o rone) ha il significato di “incantesimo” o “astuzia”. In ultima analisi, il presente testo è quello trascritto da Sophus Bugge nel 1867. [RV]
Villemann og Magnhild

Villemann gjekk seg te storan å
Hei fagraste lindelauvi alle
Der han ville gullharpa slå
For de runerne de lyster han å vinne

Villemann gjenge for straumen å stå
Mesterleg kunne han gullharpa slå

Han leika med lente, han leika med list
Og fugelen tagna på grønande kvist

Han leika med lente, han leika med gny
Han leika Magnhild av nykkens [1] arm

Men då steig trolli upp or djupaste sjø
Det gjalla i berg og det runga i sky

Då slo han si harpe til bonns i sin harm
Og utvinner krafti av trollens arm
[1] Daniele Benedetti traduce nykkens come troll, in effetti nel verso sottostante la creatura fatata viene chiamata troll, Nykkens però è anche la creatura acquatica simile al kelpie scozzese

inviata da Cattia Salto - 13/4/2020 - 13:56




Lingua: Italiano

VILLEMANN OG MAGNHILD: Traduzione italiana [A]
Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös: Daniele Benedetti (2007)

Traduzione italiana di Daniele Benedetti 2007, da Metalgermania - Traduzioni in estremo
Villemann andò al fiume
Verso il più bel tiglio di tutti
Là volle suonare l’arpa dorata
Affinché le rune gli promettessero fortuna
Villemann si mise controcorrente
Sapeva suonare l’arpa magistralmente
Suonò così dolcemente, suonò così astutamente
Che gli uccelli si calmarono sugli alberi verdi
Suonò così dolcemente, suonò così forte
Suonò per liberare Magnhild
dalle braccia di un troll

Allora il troll si alzò dalle profondità del mare
Rimbombarono le montagne,
tuonarono le nuvole
Allora colpì l’arpa con tutta la sua furia
E così prese al troll la sua forza e il suo potere

inviata da Cattia Salto - 13/4/2020 - 13:58




Lingua: Italiano

VILLEMANN OG MAGNHILD: Traduzione italiana [B]
Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös: Riccardo Venturi, 13-04-2020 20:34

Ho rifatto la versione attenendomi qui alla lettera della dizione (la versione di Daniele Benedetti è alquanto “libera”).
Villemann e Magnhild

Villemann se ne andò al grande fiume [1]
Ehi! Tutte le più belle foglie del tiglio
Là volle suonare l'arpa d'oro
Esercitando le astuzie per vincere

Villemann andò in riva al fiume stando ritto in piedi
Sapeva suonare magistralmente l'arpa d'oro

Suonava con proprietà, suonava con arte
E l'uccello tacque sul ramo verdeggiante

Suonava con proprietà, suonava con fragore
Suonando tirò via Magnhild dalle braccia del troll

Ma allora il troll emerse dal più profondo dell'oceano, [2]
rimbombò nelle montagne, tuonò in cielo [3]

Allora percosse a fondo la sua arpa e con dolore
E vince carpendo la forza dalle braccia del troll.
[1] In storan vi è un relitto di declinazione dell'aggettivo (accusativo singolare maschile forte).

[2] Come si può vedere, in questa versione è stata oramai persa la trama delle versioni più complete e antiche, con il fiume e il ponte: il troll sta nel mare profondo.

[3] Qui ho seguito alla lettera la particolare costruzione impersonale norvegese (risalente alla fase più antica della lingua e ancora comunissima in islandese).

13/4/2020 - 20:34




Lingua: Islandese

GAUTAKVÆÐI: La versione islandese / Icelandic version

Come già accennato, il Gautakvæði [pron. 'göitha'kvaidhi ] , la cupa versione islandese della ballata, si distingue da tutte le altre per il finale tragico. Il suo testo è dovuto ancora al Grundtvig: fu pubblicato nel 1858 nel terzo volume degli Íslenzk fornkvæði (“Antichi canti islandesi”) [Copenaghen, Nordiske Literatur-Samfund; la pubblicazione era iniziata nel 1854]. L'opera fu redatta dal Grundtvig assieme al grande letterato islandese Jón Sigurðsson (1811-1879); le introduzioni, i commenti e gli apparati critici erano redatti in danese, mentre i testi islandesi dei canti e delle ballate (in una grafia arcaizzante e in diversi punti differente da quella dell'islandese attuale, che qui ho mantenuto) non erano accompagnati da alcuna traduzione.

Nel Gautakvæði, il protagonista maschile, Gauti, reca un nome non ignoto (in varie forme: Gaute, Gøde ecc.) a diverse versioni continentali, invece di Vilmund o Villemann; la protagonista femminile rimane invece Magnhild (il nome è composto con magn “potenza, forza” e hildr “battaglia, conflitto”: quindi “forte in battaglia”). Nella versione islandese, Magnhild è già la sposa di Gauti (infatti i due sono a letto insieme, invece di giocare castamente a dadi prima del matrimonio) e quindi non si specifica perché debba mettersi in viaggio e attraversare il fiume; per il resto (a parte il finale, come detto) la ballata segue sí la trama conosciuta, ma con diverse particolarità. Il fiume “Skotberg” non esiste in Islanda: è un indizio che si tratta di una ballata importata, dato che il nome del fiume riporta allo Skodborg, un corso d'acqua danese al confine tra lo Jutland settentrionale e quello meridionale. Prima di mettersi in viaggio, la coppia si dà alla bella vita bevendo per tre giorni (quasi come in un addio alla vita: Magnhild sa che perirà nel fiume). Nel Gautakvæði, comunque, Magnhild non scivola giù dal ponte: è il ponte che crolla spezzandosi in tre. Nel prosieguo della ballata, inizia poi una scena indimenticabile dove sembra quasi di assistere ad un moderno concerto rock con l'artista che distrugge la chitarra elettrica: quando si fa portare l'arpa, Gauti comincia a maltrattarla sbatacchiandola per terra e strappando prima dodici e poi altre cinque corde, e cominciando poi a suonare su più corde contemporaneamente con la tecnica dello strumming (assai rock pure questa!). Gli effetti sono strabilianti: ma si deve notare che non v'è alcuna traccia dell'essere soprannaturale, orco, troll o nix che sia (né di eventuali sorelle). Il protagonista assoluto della versione islandese sembra essere piuttosto il forlög, il fato. Fato che, in lingua islandese, è espresso con un plurale: forlög è infatti, formalmente, il plurale del sostantivo neutro forlag, e significa alla lettera: “le cose prestabilite” (ma il singolare forlag, in islandese moderno, significa soltanto “casa editrice”). Del finale tragico si è già detto: il cadavere di Magnhild torna a riva sulla “bianca spiaggia” (altro particolare che mostra come si tratti di una ballata di importazione: in Islanda, le spiagge, fatte di materiale vulcanico, sono tutte di sabbia nera) e Gauti lo ricupera con dolore, baciandolo e facendolo seppellire in terra consacrata.

Il Gautakvæði è sí una ballata d'importazione in Islanda, ma per il resto si tratta di un vero kvæði islandese, redatto secondo schemi metrici tradizionali islandesi e in un linguaggio che ha l'asciuttezza e la semplicità dei carmi classici (anche i carmi Eddici sono kvæði in islandese: Eddukvæði). A tale riguardo, ricordo che il termine (che può significare “carme”, “canzone”, “canto” ecc.) è un derivato del verbo kveða, che significa semplicemente “dire” (di rimando anche “comporre, cantare”). Ne è rimasto un relitto in inglese, l'arcaica forma di passato forte quoth (islandese: kvað) “disse”, anch'essa testimoniata spesso nella balladry tradizionale. [RV]
Gautakvæði
Grundtvig/Sigurðsson, 1858, III

Gauti og hún Magnhild frú,
riddarinn herlegur og vel
þau lágu í lopti tvö.
hún dansar,
sú ber gull og klæðin brún, hún dansar vel.

Gauti spurði Magnhildi sín:
“hvað syrgir þig, sætan mín?”

“Mig syrgir það þú mátt ei sjá:
eg mun drukkna í Skotbergsá.”

“Þú skalt ei drukkna í Skotbergsá,
járnbrú skal eg miðja slá.”

“Þó þú sláir svo hátt sem ský,
enginn getur sín forlög flýð.”

Drukku þau daginn og drukku þau þrjá,
fjórða riðu að Skotbergsá.

Gauti talar til sveina sín:
“hvað sáu þér til Magnhild mín?”

“Það sáum vær til Magnhild frú:
hún var komin á miðja brú.”

Þegar hún kom á miðja brú,
járnbrú stökk í stykkin þrjú.

Fimmtigi karlar flutu í straum,
en enginn gaf að Magnhild gaum.

Gauti talar við sveina sín:
“látið hingað hörpu mín!”

Gauti kastar hörpu á gólf,
stukku úr henni strengir tólf.

Kastar hann henni í annað sinn,
stukku úr henni strengir fimm.

Gauti sló það fyrsta slag:
stjarnan fauk í myrkva haf.

Hann sló kólf úr lási:
fagra kú af bási.

Hann sló hest af stalli,
fagra hind af fjalli.

Hann sló skip af hlunnum,
fagra mey frá grunnum.

Gauti gekk um hvítan sand,
þar var Magnhild rekin á land.

Það var Gauta mikil pín:
dauða kysti hann Magnhild sín.

Hann tók hennar bjarta hold,
gróf það ofan í vígða mold.

Hann tók hennar bjarta hár,
riddarinn herlegur og vel
spann sér úr því strengi smá.
hún dansar,
sú ber gull og klæðin brún, hún dansar vel.

inviata da Riccardo Venturi - 15/4/2020 - 02:20




Lingua: Italiano

GAUTAKVÆÐI: Traduzione italiana
Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös: Riccardo Venturi, 15-04-2020 02:23
CANZONE DI GAUTI

Gauti e la sua sposa Magnhild
il cavaliere glorioso e fine [1]
giacevano entrambi a letto.
lei danza,
lei ha addosso oro e abiti scuri e danza bene.

Gauti chiese alla sua Magnhild:
“che cosa ti angoscia, dolcezza mia?”

“Mi angoscia qualcosa che non puoi vedere:
io annegherò nel fiume Skotberg.” [2]

“Tu non annegherai nel fiume Skotberg,
vi costruirò un ponte di ferro attraverso.”

“Anche se tu lo costruissi alto come una nuvola,
nessuno può sfuggire al suo fato.”

Bevvero quel giorno e bevvero per tre,
il quarto giorno cavalcavano verso il fiume Skotberg.

Gauti dice ai suoi paggi:
“che cosa avete visto accadere alla mia Magnhild?”

“Abbiamo visto accadere questo a donna Magnhild:
era giunta a metà del ponte.”

Quando è arrivata a metà del ponte,
il ponte di ferro è crollato in tre pezzi.”

Cinquanta uomini son caduti nella corrente,
ma nessuno ha prestato attenzione a Magnhild,.

Gauti dice ai suoi paggi:
“lasciatemi qui la mia arpa!”

Gauti sbatacchia l'arpa per terra,
ne saltaron via dodici corde.

La sbatacchia per terra un'altra volta,
ne saltaron via cinque corde.

Gauti suonò la prima aria su più corde:
l'astro precipitò nel mare oscuro.

Sbullonò la spranga del chiavistello,
trascinò via la bella mucca dalla stalla.

Trascinò un cavallo via dalla scuderia,
stanò il cervo dalla montagna.

Tirò via una nave mentre rotolava per il varo,
trascinò via una bella fanciulla dai prati.

Gauti andò alla bianca spiaggia,
là Magnhild era approdata a terra.

Ciò fu per Gauti un grande dolore:
baciò la sua Magnhild che era morta.

Prese il suo corpo chiaro,
lo seppellì in terra consacrata.

Prese i suoi chiari capelli,
il cavaliere glorioso e fine
ne tirò via a sé una ciocchetta.
lei danza,
lei ha addosso oro e abiti scuri e danza bene.
[1] Nel complesso ritornello (obbediente a schemi tipicamente islandesi), ho tradotto vel con “fine”; ma formalmente si tratta di un avverbio (“bene”).

[2] Per il fiume Skotberg si veda l'introduzione. Interessante qui il fatto che, nel testo originale, Magnhild dica eg mun drukkna, usando cioè il “futuro debitivo” islandese con l'ausiliare munu = “annegherò perché devo annegare, lo vuole il fato”. Gauti le risponde invece con il futuro di proibizione con l'ausiliare skulu : þú skalt ei drukkna = “tu non annegherai perché te lo proibisco”. Finezze di lingua islandese, che però quasi fanno vedere come Gauti, in un estremo gesto d'amore, intenda opporsi inutilmente al fato proibendo alla sua sposa di rassegnarsi ed abbandonarvisi.

15/4/2020 - 02:26




Lingua: Svedese

HARPANS KRAFT: La versione svedese / Swedish version

In Svezia la ballata è popolarissima. Qui una storia a fumetti della collana "Le Avventure del Cavalier Cuoredifuoco" ispirata alla ballata.
In Svezia la ballata è popolarissima. Qui una storia a fumetti della collana "Le Avventure del Cavalier Cuoredifuoco" ispirata alla ballata.


Mi son lasciato per ultima la versione classica svedese, Harpans Kraft, che Erik Gustaf Geijer e Arvid August Afzelius pubblicarono tra il 1814 e il 1817 nella loro grande raccolta di canti popolari, Svenska folk-visor från forntiden (“Canzoni popolari svedesi del remoto passato”). Nella raccolta originale, la ballata ha il n°91, mentre nel rifacimento della raccolta effettuato assieme a Bergström è la n° 75. Nella raccolta di Geijer e Afzelius si hanno soltanto tre versioni della ballata; questa è la versione C, la più lunga e completa (molto simile alla B, entrambe di 18 strofe; la versione A ha dieci strofe). Nella raccolta scientifica moderna delle ballate tradizionali, la monumentale Sveriges Medeltida Ballader [SMB] "Ballate medievali svedesi", pubblicata tra il 1983 e il 2001 dallo Svensk Visarkiv (“Archivio Svedese dei Canti”) a cura di Bengt R. Jonsson, Margareta Jersild e Sven-Bertil Jansson, se ne hanno invece quarantanove versioni nel primo volume (la ballata ha il n° 22); ma quando, nel 2001, fu pubblicato il 5° e ultimo volume, le versioni di Harpans Kraft in svedese erano arrivate a 263. Da notare che le versioni più antiche della ballata raccolte nello SMB sono in realtà quelle in danese che qui abbiamo presentato come Harpens Kraft [DgF 40].

La versione qui presentata ha delle caratteristiche assai interessanti. Per prima cosa, il finale, che ha un happy end generalizzato, persino per il povero troll: questa sembra essere una caratteristica della stragrande maggioranza delle versioni svedesi. I protagonisti della ballata sono spesso anonimi e qualificati semplicemente di ungersven (“paggio”) e jungfru (“fanciulla”). L'uso di tale termine, che è un prestito anseatico dal basso tedesco, e non del termine ancestrale svedese (come in fastmö “fidanzata”, lett. “fanciulla legata”, connesso con l'islandese mey, con l'inglese maid e col tedesco Magd, di cui il moderno Mädchen è il diminutivo), fa vedere come si tratti di una versione circa quattrocentesca; in altre versioni, i protagonisti si chiamano invece “Peder” e “Liten Kerstin” (Piccola Cristina). All'inizio della ballata, il “paggio” va semplicemente a giocare in giardino (non si specifica a quale gioco), mentre la fanciulla sta nella sua bur (qui da intendere semplicemente come “stanza, camera”; in svedese moderno, come in danese, il termine significa solo "gabbia" e, curiosamente, anche "cella di prigione").

Un'altra caratteristica di questa versione è l'interminabile sequela di motivi per i quali la fanciulla non piange: solo all'ottava strofa si viene a sapere la predizione dell'annegamento. I fiumi sono esistenti: quello più “gettonato” è il Vernamo (propr. Värnamo, nei pressi della città di Jönköping nell'Östergötland). Ma si trovano anche il Vendel già noto dalla versione danese, la Ringfalla (“Cascata dell'Anello”) e la Renfalla (“Cascata Pura”, o “Limpida”). Infine, gli strabilianti effetti del suono dell'arpa sono qui ridotti al minimo indispensabile: all'inizio il troll se ne sta a fior d'acqua e sorride, poi invece si mette a piangere e scende a più miti consigli restituendo la fanciulla. Dell'happy end per tutti si è già detto, e ne sono felice: tutto sommato, il povero ranocchione mangiafanciulle mi sta simpatico...! A tale riguardo, da notare che, in Svezia, è denominato näck (corrispondente al nykke o nykkje norvegese; il neck di questa versione è una grafia arcaica); in svedese, troll significa soltanto "gnomo della foresta".

Non nutro alcun dubbio che la Harpans kraft svedese sia stata interpretata da una pletora di gruppi della più varia estrazione. Gli Estampie che qui presento ne hanno interpretato una versione piuttosto debased (che, in pratica, si ferma alla predizione dell'annegamento). Lascio qui la palla, se vorrà, a Cattia Salto ancora una volta ringraziandola. [RV]

Harpans kraft
GA 91 (1814-1817) ; GA 75 (1837)
SMB 22 (1983-2001)


Ungersven han går och leker på gården,
Och jungfrun hon sitter i buren och gråter.
Min hjerteliga kär,
Säg för mig, hvem I sörjen!

»Ant’en sörjen I gullsadel eller häst,
Eller sörjen I, att jag har eder fäst?»

»Inte sörjer jag gullsadel eller häst,
Och inte sörjer jag att jag har eder fäst.»

»Ant’en sörjen I för sadelen han är trång.
Eller sörjen I för vägen är så lång?»

»Inte sörjer jag för sadeln är för trång,
Och inte sörjer jag för vägen är så lång.»

»Ant’en sörjen I för fader eller mor,
Eller sörjen I för syster eller bror?»

»Inte sörjer jag för fader eller mor,
Och inte sörjer jag för syster eller bror.»

»Fastmera sörjer jag mitt fagergula hår,
Som så skall ligg' och flyta i Vernamoå.»

»Det mig var spådt, allt medan jag var barn,
Att jag skulle drunkna på min bröllopsdag.»

»Och jag skall bygga en bro så stark,
Om det skall mig kosta tolftusen mark.»

»Tolf riddare skola före dig rida
Och riddare tolf på hvardera sida.»

Och när som de kommo der midt uppå bro,
Der stapplade hästen på fyra gullskor.

På fyra gullskor och trettio gullsöm,
Och jungfrun hon föll i stridande ström.

Och ungersven talte till den lilla småsven:
»Du hemta gullharpan och snart var igen!»

Och första slaget han på gullharpan slog,
Då satt der Necken på vattnet och log.

Och andra slaget på gullharpan lät,
Då satt der Necken på vattnet och grät.

»Hör du, ungersven, du spela ej så hårdt,
Du skall väl få igen din unga brud ändå!»

»Och du skall få igen din unga brud, så röd,
Som aldrig hon legat i böljorna död.»
Min hjerteliga kär,
Säg för mig, hvem I sörjen!

inviata da Riccardo Venturi - 15/4/2020 - 21:13




Lingua: Italiano

HARPANS KRAFT: Traduzione italiana
Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös : Riccardo Venturi, 15-04-2020 21:46
Il potere dell'arpa

Il giovane paggio va a giocare in giardino,
e la fanciulla sta nella sua stanza e piange.
Mia adorata amata,
Ditemi per chi state piangendo!

“Piangete per una sella d'oro o un cavallo,
oppure piangete perché a Voi mi son promesso?”

“Non piango per una sella d'oro o un cavallo,
né piango perché a Voi mi son promessa.”

“Piangete perché la sella è stretta,
oppure piangete perché la strada è tanto lunga?”

“Non piango perché la sella è troppo stretta,
né piango perché la strada è tanto lunga.”

“Piangete per Vostro padre o Vostra madre,
oppure piangete per Vostra sorella o Vostro fratello?”

“Non piango per mio padre o mia madre,
né piango per mia sorella o mio fratello.”

“Piuttosto piango per i miei bei capelli biondi
Ché staranno a galleggiare nel fiume Vernamo.” [1]

“Mi fu predetto, già quand'ero ancora bambina,
Che sarei annegata il giorno delle mie nozze.”

“E io costruirò un ponte tanto robusto,
Mi costasse pure dodicimila marchi.”

“Dodici cavalieri cavalcheranno innanzi a Voi
e dodici a ciascun Vostro fianco.”

E quando giunsero a metà del ponte,
Vi inciampò il cavallo sui quattro ferri d'oro.

Su quattro ferri d'oro e trenta chiodi d'oro,
E la fanciulla cadde nel fiume impetuoso.

E il giovane paggio disse al paggetto:
“Vammi a prendere l'arpa d'oro e fai alla svelta!”

Percosse l'arpa per la prima volta,
C'era il troll a fior d'acqua e sorrideva.

Percosse l'arpa per la seconda volta,
C'era il troll a fior d'acqua e piangeva.

“Senti un po', paggio, non suonar così forte,
Ché te la ridò indietro la tua sposina!”

“Sí che te la ridò, la tua sposina rubiconda,
Che mai tra i flutti è giaciuta morta.”
Mia adorata amata,
Ditemi per chi state piangendo!
[1] pron. [vèèrnamù].

15/4/2020 - 21:47




Lingua: Svedese

Harpans kraft - Folk och Rackare (1979)

Herr Peder han rider sig söderunder ö.
Där fäster han sig vid så vänan en mö.
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Inte sörjer jag att vägen är lång
Och inte sörjer jag, att sadelen är trång
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Inte sörjer jag för sadel eller häst
Inte sörjer jag, att du haver mig fäst
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Inte sörjer jag för det att jag är ung
Att bära gullkronan, hon är inte tung.
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Jag sörja, jag sörja, jag sörja väl då
Jag vet ju så väl, hur det mig lär gå.
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Utanför den bredan bro
Där miste jag mina systrar två
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Jag ska göra den bron så bred
Även om hon kostar mig tolvtusen träd
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Jag ska göra den bron så stark
Även om hon kostar mig tolvtusen mark
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Själv så ska jag bredvid dig rida
Fem av mina män på var och en sida
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

När som de komma till borgaregrind
Där dansade en hjort, där spelade en hind
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Å männen såg nu på djuren bara
Ensam lät de den jungfrun fara
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

När som hon kom å den bredan bro
Där stapplade hästen på fyra guldskor
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Fyra guldskor och fem guldsöm
Den jungfrun föll i stridan ström
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Herr Peder han talte till sin lille smådräng
Och hämten mig hit min gullharpesträng
Herr Peder, han spelade så ljuvligt
Att fåglarna på kvistarna de dansa därvid

Han spelade barken av hårdaste trä
Han spelade barnet ur moderns knä
Han spelade vattnet ur bäcken
Han spelade ögonen ur näcken

Herr Peder, herr Peder du spela ej så hårt
Du skall så gärna din unga brud få
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Min unga brud henne kan jag väl få
Men jag vill också ha hennes systrar två
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

Och där blev glädje och mycken fröjd
Och systrarna voro med svågern nöjd
Min hjärtans allra käraste vad sörjer du då?

inviata da Cattia Salto - 16/4/2020 - 01:27




Lingua: Italiano

Harpans kraft (Folk och Rackare) - Traduzione italiana
Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös
Il potere dell'arpa

Messer Peder cavalca da solo verso un'isola a sud
dove si fidanzerà con una bellissima fanciulla.
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Non mi affliggo perché la strada è lunga
né mi affliggo perché la sella è stretta
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Non mi affliggo per la sella o per il cavallo
né mi affliggo perché ti sei fidanzato con me
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Non mi affliggo perché io sono giovane
per portare una corona d'oro, essa non è pesante.
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Mi affliggo, mi affliggo, mi affliggo tanto perché
so fin troppo bene come mi deve andare.
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Davanti al largo ponte
dove ho perduto le mie due sorelle
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Farò quel ponte ancora più largo
anche se ci volessero dodicimila alberi
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Farò quel ponte ancora più robusto
anche se mi costasse dodicimila marchi
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

E cavalcherò io stesso accanto a te
con cinque miei uomini a ciascun tuo fianco
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Quando arrivano al cancello della città
c'erano un cervo che danzava e una cerva che giocava
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Gli uomini si misero a guardar solo quegli animali
e lasciarono la fanciulla andare da sola
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

E quando lei giunse al largo ponte
il cavallo inciampò sui quatto ferri
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Quattro ferri e cinque chiodi d'oro
la fanciulla cadde nel fiume impetuoso
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Messer Peder disse al suo paggetto
Ehi vammi a prender la mia arpa dalle corde d'oro
Messer Peder suonava tanto vivacemente
che gli uccelli sui rami ci si misero a ballare

Suonando strappò via la corteccia al legno più duro
suonando strappò via il bimbo dalle ginocchia della madre
suonando strappò via l'acqua dal ruscello
suonando strappò via gli occhi al troll

Messer Peder, messer Peder, non suonar così forte
te la ridò volentieri la tua giovane sposa
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

Di certo riavrò la mia giovane sposa
però voglio indietro anche le sue due sorelle
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

E allora ci fu gioia e tanta lietezza
e le sorelle furono soddisfatte del cognato
O amatissima del mio cuore, di che ti affliggi?

16/4/2020 - 09:51


Un'ultima curiosità su Unst (casomai Alessandro volesse stabilirsi là invece che a Gotland): l'isola, pur avendo solo 500 abitanti, è servita da un comodo servizio di autobus il quale ha messo a disposizione della popolazione anche quella che, probabilmente, è la migliore fermata di autobus del mondo. Eccola qui:

unstbus


Insomma, con una fermata del genere anche se l'autobus non arriva, chi se ne frega!

Riccardo Venturi - 23/9/2009 - 03:28


Grazie della dedica, Riccardo.
Devono essere dei posti bellissimi e inquietanti...
Anche la canzone è molto bella e ci sta pure bene sulla CCG. Come molte altre canzoni qui presenti (penso, per esempio, a Manifiesto di Victor Jara o alla postata di recente Little Drummer Boy di Mickey McConnell) parla della musica come istanza di liberazione.

Ansts jah gawairthi izwis!

Alessandro Il Gutnico - 23/9/2009 - 08:23


Un grazie speciale a Alessandro per le sue parole (importantissime, sul potere di libertà della musica) e a Giorgio per aver trovato la registrazione*: un'altra cosa che non ascoltavo da una vita e mezza. Davvero degli splendidi regali di compleanno mi state facendo, di quelli che non hanno prezzo: sia detto da uno che, nel 1986, ha passato un mese e mezzo a girare per la Scozia a bordo di una vecchia Austin noleggiata abusivamente, per raccogliere ballate. Non ne raccolsi molte, ma in compenso raccolsi numerose sbronze e colossali. Però conobbi una vecchia che mi cantò The Lass of Loch Royal. Beh, stanotte state rischiando di farmi girare per l'Isolotto berciando Scowan ürla grün...

Riccardo Venturi - 24/9/2009 - 02:44


So, happy birthday to you (or, "co'latha breith sona dhuibh!"), dear Ric (you just turn 45?), I'm glad of cheering you up. Wishing you all the best.

giorgio - 24/9/2009 - 08:27


Messo mano alla ballata -in corso d'opera-

- da göd gabber reel come già cantato da John Stickle e Kitty Anderson

R.V. traduce giustamente "allegro e ottimo reel"
gabber reel= Evidently a sprightly air
forma corrotta di gamari = boisterous merriment

- "gramarie"= Magic, witchcraft; a spell, a witch's power

Cattia Salto - 10/4/2020 - 17:36


Quanto a "gramarie", che è un derivato dall'anglonormanno gramere, vale a dire la "grammatica" (francese grammaire), si tratta della denominazione comune medievale dell'arte magica, denominazione condivisa con lo studio delle forme della lingua per eccellenza, vale a dire il latino. In entrambi i casi il termine è da intendere alla lettera, cioè come "insegnamento". Ad ogni modo, nella balladry angloscozzese, quando si va a "imparare la grammatica" (to learn the grammaree) si va invariabilmente a apprendere la magia. Lo si vede anche dalla denominazione del "libro di arte magica", francese grimoire, italiano grimorio, che è pure un derivato di gramere. La "grammatica" potrebbe essere intesa come "magia della lingua", mi è sempre frullata in testa questa cosa...sperando che queste considerazioni possano essere utili a Cattia nella sua analisi del King Orfeo che attendo con ansia ricordando quanto mi fece ingrullire la traduzione a suo tempo...

Riccardo Venturi - 10/4/2020 - 19:55


in piemonte si dice "fisica" per indicare le arti magiche o la capacità di incantare (proprio come "a me gli occhi")

Cattia Salto - 10/4/2020 - 20:01


Cattia Salto - 10/4/2020 - 20:43


Ecco la mia nota in merito alle tre melodie suonate da Re Orfeo:
la lira d'Orfeo è diventata l'arpa del Druido/Bardo (cf); sono evidentemente le tre modalità con cui si distingue un arpista secondo i celti irlandesi: la melodia per commuovere, la melodia per rallegrare e la melodia per addormentare. Come nel racconto sulle imprese del Dagda Mor (cf)
Sotto questa luce vien da tradurre "reel" non come la scatenata melodia da danza tipicamente irlandese (che in Scozia però diventa una Strathspey, una sorta di valzer lento ) quanto piuttosto una più generica melodia, aria capace di stendere un sonno magico sul pubblico. Orfeo con la sua lira rendeva mansuete le belve feroci e così la melodia di Re Orfeo placa -guarisce un cuore malato.
Tuttavia si tenga presente che la sovrapposizione del canto del sonno con una danza  sfrenata in 4/4 possa essere stata associata alla diffusa credenza popolare che le fate amassero danzare la ridda, termine desueto che significa "Tipo di ballo antico di più persone che giravano in tondo tenendosi per mano e cantando" [da qui] si potrebbe anche tradurre con "ballo tondo" che a sua volta si riconduce al cerchio delle fate. Il risultato non cambia: i danzatori cascano nel sonno dallo sfinimento!

Cattia Salto - 11/4/2020 - 10:33


Dopo un paio di settimane immersa nella ballata e nel Sir Orfeo -un'immersione benefica che mi ha portato fuori dal presente- ho suddiviso la materia in 5 parti e completato (per il momento almeno) l'analisi e i confronti. Non posso che augurare una buona lettura (e un buon ascolto) a R.V. pronta ad accogliere ogni sua osservazione.
Ho anche espresso in un italiano più fluido le prime bozze. [Quando mi rileggo a volte mi chiedo: ma che cosa volevi dire?]
Purtroppo non ho approfondito il tema sul versante scandinavo limitata dall'incomprensione della lingua e dalla scarsità delle traduzioni.

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King Orfeo/Der lived a king inta da aste | TERRE CELTICHE

Nel Sir Orfeo , ambientato nella Britannia Medievale, sia in forma di romance che di ballata, trionfa la forza dell’amore (e la fedeltà)Il

Cattia Salto - 12/4/2020 - 17:22


Sto leggendo, Cattia...ma per il versante scandinavo ti posso dare una manetta. Magari mi metto a tradurre una versione di Harpens kraft, pensi ti potrebbe essere utile...? Fammi sapere a giro di commento!

Riccardo Venturi - 12/4/2020 - 18:17


Ne sarei ben contenta Riccardo, la mia conoscenza del folklore scandinavo e di quello norreno in particolare (per non parlare dell'Islanda) è ben più limitata rispetto al celtico, confesso che è stata la serie televisiva I Vichinghi a spingermi a cercare testi e canti di quella cultura "Lochlanach", quei suoni incomprensibili, aspri che richiamano il canto dello sciamano e hanno il sapore del ghiaccio e del vento.
Dovrei ricominciare un'altra vita per conoscerli meglio.

Cattia Salto - 12/4/2020 - 19:33


Io invece, a rigore e propriamente dicendo, sono proprio uno scandinavista e puoi immaginare quanto piacere mi faccia darti una mano sul côté scandinavo per la pagina sul King Orfeo. Ti confesso che ho già iniziato a tradurre la versione classica danese di Harpens Kraft, che poi è quella che il Grundtvig comunicò direttamente al Child. Tra le altre cose fu pubblicata nel volume, curato dal Grundtvig, intitolato Danmarks Folkeviser i Udvalg "Selezione di ballate popolari di Danimarca", che fu pubblicato nel 1882 (vale a dire lo stesso anno in cui iniziò la pubblicazione dei cinque volumi delle Child Ballads). Farò un'introduzione; poi passo alla versione norvegese e a quella svedese. Segui questa pagina, Cattia, e attingi a profusione. A pensarci bene, serve parecchio anche a me ributtarmi nelle "mie cose", sono un antidoto al virus della mente.

Riccardo Venturi - 12/4/2020 - 20:21


Grazie Riccardo la traduzione mi ha chiarito molti passaggi irrisolti nella mia traduzione della versione scozzese, attendo con bramosia le tue prossime traduzioni

Cattia Salto - 13/4/2020 - 01:51


Attacco stamani la versione norvegese, o meglio, in un non precisato dialetto norvegese (probabilmente occidentale). Sarà interessante, te lo anticipo, quella islandese: l'unica che ha tutt'altro che un "happy end". Ma, forse, cadere in un fiume islandese non avrebbe dato molte speranze nemmeno con l'arpa magica...

PS. Ti consiglio di dare sempre un'occhiata anche alle traduzioni che ho già fatto, perché sono solito rimuginarci sopra di continuo e modificarne alcuni particolari. Alla versione danese ho aggiunto un po' di iconografia e il video di una versione cantata (dai Myrkur, il gruppo danese della brava Amalie Bruun, che però ha un nome islandese: "Tenebre"); ma per queste cose tu sei molto più brava di me. Io sono un filologaccio gnudo e crudo :-)

Riccardo Venturi - 13/4/2020 - 08:49


Anch'io ritorno sulle traduzioni e proprio come te mi restano delle frasi in testa -a volte corredate dalla musica - come tormentone. Il bello del web, a differenza della parola stampata, e in particolare di un blog è il testo in fieri come una bozza in corso d'opera, pronta a correzioni, digressioni, nuove prospettive.

Cattia Salto - 13/4/2020 - 13:40


Così ho scritto una nota 10 bis al tuo HARPENS KRAFT: La versione danese
sarebbe interessante indagare quale sia stata la forma dell'arpa nel periodo della ballata -il nome nel medioevo era piuttosto generico e poteva indicare tutta una serie di strumenti anche dissimili tra loro (cf). Che questo verso sia antico ci viene dalla tecnica con cui l'arpa è suonata: la mano destra. Se si fosse trattato di un'arpa triangolare (chiamiamola per comodità arpa bardica) è descritta una tecnica invertita rispetto al modo moderno di suonare l'arpa. Potrebbe però trattarsi di una lyra bardica  oppure di una lyra ad arco (crotta o rotta germanica) che gli studiosi sono incerti se ritenere totalmente autoctona all'area scandinava; la lyra ad arco compare verso il II° sec e si presenta in una forma analoga a quella attuale intorno al VII sec. Si suona con un archetto tenuto con la mano destra

Cattia Salto - 13/4/2020 - 13:42


Si vede che nelle stesse ore notturne abbiamo avuto la stessa idea e anch'io ho trovato l'illustrazione di Hans Nikolaj Hansen: Harpens Kraft. Per quanto riguarda il canto la versione di Frode Veddinge è esattamente identica al testo DGF 40 E, 1778

Cattia Salto - 13/4/2020 - 13:47


Quanto al dipinto di Hans Nikolaj Hansen, mi sa che dev'essere un po' la "foto ufficiale" di Harpens Kraft: troppo bello il trollacchione che trattiene la fanciulla! Bella anche la versione completa di Frode Veddinge; per il norvegese, invece, non mi riesce trovare qualcuno che canti la versione che ho dato, viene cantata generalmente una versione molto più breve (ed è comprensibile) con un ritornello di due versi. Per la versione islandese senza happy end, il Gautakvæði, forse ho parlato troppo presto: non mi riesce trovare il testo... PS grazie per la "Nota 10bis" che linko immediatamente!

Riccardo Venturi - 13/4/2020 - 15:33


ho fatto anche un 15 bis) il nix dice: hai vinto tu! Quella musica magica sprigionata dall'arpa è una potente vibrazione, non si tratta della melodia dell'Orfeo greco e medievale tanto soave che smuove le lacrime, o così sinuosa che induce all'obbedienza, è piuttosto una musica che percuote, come una grande onda d'urto che provoca dolore fisico, una vibrazione che accelera energeticamente la materia, che sposta la materia al punto che Vilmund annienta il mostro facendolo schiantare contro a un masso.

Cattia Salto - 13/4/2020 - 17:23


La versione più corta della ballata norvegese è in effetti quella più registrata. Ne ho linkate nel blog un po' ma non so se per te sono troppe, te le metto qui.

Arve Moen Bergset



Kalenda Maya



Rita Eriksen e Dolores Keane



Kari Tauring



La versione giullaresca del Medioevo prossimo venturo



(e non ti dico quale mi piace di più)

Cattia Salto - 13/4/2020 - 17:39


Cara Cattia, intanto -visto il suo sviluppo- ho modificato l'intestazione di questa pagina. Inseriti anche i link alle tue "note bis". Sto lavorando un po' sulla seconda versione norvegese (con supplemento di introduzione) ma annuntio summo cum gaudio che ho finalmente trovato il testo del Gautakvæði, la versione islandese. Sto meditando su quale sia la versione, tra quelle norvegesi, che ti piace di più....

Riccardo Venturi - 13/4/2020 - 20:00


@ Cattia Salto

Cara Cattia, dopo aver praticamente dormito per 24 ore (caso tipico di "coronaghirus") riprendo la pagina. Ho visto la tua pagina su Harpens Kraft:

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The Power of the Harp/Harpans Kraft | TERRE CELTICHE BLOG

work in progress Nella Ballata Harpans Kraft (Il potere dell'arpa) intitolata in Norvegia Villemann og Magnhild troviamo ancora al centro della trama il


e ci sono da fare un paio di lievi correzioni: 1) La versione dei Myrkur è in danese modernizzato (non in svedese) e poi, ad un certo punto, Harpens kraf va corretto in "kraft" (sembra quasi che stiamo a fare la pubblicità della maionese...). Ma quello era un refuso originale mio. Proseguo con il Gautakvæði islandese.

Riccardo Venturi - 15/4/2020 - 00:10


Bellissima la versione islandese, che mi riservo di rileggere per bene (nel frattempo ho corretto le sviste segnalate); appena ho letto la tua traduzione delle versioni danese e norvegesi ho associato la vibrazione dell'arpa alla voce delle Bene Gesserit in Dune, un suono di comando, l'arpa canalizza un potere magico e credo non sia un caso che sia forgiata nell'oro ed emetta bagliori di luce altrettanto terribili.
Così anche le versioni metallare della ballata hanno in fondo un loro perchè!
Cerco una registrazione del testo islandese- ma non la trovo

Cattia Salto - 15/4/2020 - 14:21


facendo una ricerca per trovare una versione islandese cantata ho trovato Gauti og Magnhild (Gaut and Magnhild)

-ho scritto anche un commento sulla versione islandese, ma non so se l'ho inviato correttamente, nel caso lo rimando

Cattia Salto - 15/4/2020 - 14:38


ho trovato questo tassello -sempre in Balladspot.com che riconduce la saga di Didrik come fonte originaria delle versioni scandinave e anglosassoni
Deor and The Saga of Didrik of Bern

Cattia Salto - 15/4/2020 - 14:49


@ Cattia Salto

Molto bella la versione di Ælfric, però devo darti una piccola delusione: Ælfric non canta una versione islandese, ma una "versione lindelauvi" in norvegese (nynorsk), solo un po' diversa da quella che è stata data qui. Gauti può essere anche tranquillamente una forma del nome in "neonorvegese". Il tuo commento sulla versione islandese mi sembra arrivato correttamente e "sto tuned" sulla tua pagina. Comunque chissà che non stiamo riscrivendo la storia dell'hard rock scoprendone le radici nel medioevo scandinavo: il magico arpista sembra un remoto avo di Jimi Hendrix...!

Quanto al ragionamento su Gauti, temo che lo farò domani; stasera mi son fatto prendere la mano dalla storia di un fuorilegge anarchico della Val Brembana. Però, chissà, fosse stato nelle Highlands o sullo Scottish Border invece che tra le montagne bergamasche, ci sarebbe stata tirata fuori una bella Child Ballad!

Riccardo Venturi - 15/4/2020 - 19:31


@ Riccardo Venturi

Che fosse la versione norvegese con i nomi cambiati mi era già chiaro -stessa melodia- anche se non capisco quello che dice Ælfric.
Quello che invece vorrei capire è:
La ballata Harpans kraft · Folk & Rackare 1979 - è in svedese, leggo come traduttore Ulf Gruvberg e come compositore Carin Kjellman (che immagino sia femmina) versione identica alla The power of the harp dei Golden Bough, usano lo stesso testo? I Golden Bough hanno preso i Folk & Rackare come modello? E mi rispondo si! Scrive sempre Ian Cumpstey a proposto del mio quesito: Folk och Rackare are not using any of the melodies above for their rendition, but they sing the same omkväde line [(1) Men hjertans allrakäraste hvad sörjen I då?] as in melody No 1.

Melodies
Here are six Swedish melodies for the ballad:

(1) Harpans Kraft (Ahlström No. 137 / Arwidsson No. 149B).
Ian linka anche il testo svedese della ballata Harpans Kraft, from Geijer & Afzelius No 91 che inizia
Liten Kerstin hon sitter i buren och gråter
Herr Peder går på gården spelar och leker (link qui)

In compenso però ho trovato le versioni scondinave della ballata anglosassone Lord Thomas & Fair Eleanor

Cattia Salto - 16/4/2020 - 01:22


@ Riccardo Venturi

leggo in un forum (What is the story behind the song Villemann og Magnhild? (og = and))
Is Villemann a name or does it mean 'wild man'?
e in riferimento a "Wonderful Stories from Northern Lands" by Julia Goddard, with more Wiegand illustrations. (libro digitalizzato e leggibile)
The Wiegand illustration on the Norwegian article is used in Goddard for a story called 'Christin's Trouble', which has a 'Sir Peter' as the harp playing hero, and Christin as the victim (along with her two already captive sisters).
http://www.archive.org/stream/wonderfu...'s+Trouble
e qui la storia
http://www.archive.org/stream/wonderfu...'s+Trouble

Cattia Salto - 16/4/2020 - 01:38


@ Riccardo Venturi

Nel racconto 'Christin's Trouble' vediamo l'illustrazione
in cui lo spirito dell'acqua ha le sembianze di uno strano pesce-rospo

Cattia Salto - 16/4/2020 - 01:47


@ Cattia Salto – Questioni

Buongiorno Cattia,

1) Ho specificato che quella cantata da Ælfric era una versione norvegese, perché la avevi presentata come islandese. A tale riguardo, nulla da fare: di versioni islandesi cantate non se ne trovano proprio, almeno in Rete. Ho cercato anch'io impostando in islandese zuppe googliane di Gauti, Magnhild, fiumi, ponti, arpe e quant'altro, ma per ora niente da fare.

2) Sulla questione dei Golden Bough e dei Folk och Rackare: effettivamente la base testuale sembra essere la stessa, ma avrei dei seri dubbi sul fatto che si tratti davvero di una traduzione dall'inglese allo svedese. Piuttosto direi che sono due versioni molto simili, ma indipendenti l'una dall'altra. Quella svedese appartiene al filone dove il protagonista si chiama “Peder” (v. introduzione alla versione classica svedese), mentre in quella scozzese si parla genericamente di un “knight”. Tra l'altro, comunque, avrai notato che i Golden Bough (nipotini del Frazer...?) cantano in inglese standard, non in scozzese. Ad ogni modo, ora ti faccio una traduzione italiana della versione dei Folk och Rackare, così potrai vedere meglio. Per concludere: stessa base testuale e il sig. Ulv Gruvberg (“Lupo Montagna-delle-Caverne”) può avere effettuato (forse) qualche adattamento o “collage”, ma quella svedese mi sembra una versione autonoma che ha molte somiglianze con quella scozzese. Tra le altre cose, la versione dei Folk och Rackare presenta numerose forme linguistiche e lessicali arcaiche, che dovrebbero essere un segno di autenticità testuale.

3) L'illustrazione con il pesce-rospo l'ho trovata spesso in questi giorni, cercando iconografia. Mi sembra essere quella "classica" per il nix/kelpie/troll. Trovo tra l'altro una decisa somiglianza con il sen. Calderoli.

4) "Villemann" effettivamente significa "òmo salvatico" (e Vilmund "bocca selvatica"). Ma non ho ben capito la questione posta nel forum che hai segnalato: ipotizzano qualche collegamento con la figura leggendaria del saggio 'òmo salvatico, diffusa in tutta l'Europa medievale? Ad ogni modo, sia Villemann che Vilmund sono nomi esistenti e attestati in quanto tali. Poi, come hai visto, in tutto lo sterminato filone di questa ballata, i nomi cambiano liberamente...

Riccardo Venturi - 16/4/2020 - 09:07


@ Riccardo Venturi
Parecchio materiale da elaborare.. grazie
in pratica ho optato per un'innesto a quattro mani nel Blog Terre Celtiche di tutto quanto, però lo suddivido in più puntate.

Se il pesce-rospo richiama Calderoli, il cavaliere sembra Ritchie Blackmore. L'illustratore lo raffigura nel modo antico di suonare l'arpa, anche se lo strumento è di fantasia, adesso mi ascolto un po' di versioni svedesi tanto che penso

Cattia Salto - 16/4/2020 - 21:07


@ Riccardo Venturi
Ho trasferito tutto il materiale in due "puntate" e mi accingo al rush finale con la versione islandese: ho aggiunto qualche osservazione qua e là anche se vorrei approfondire meglio alcuni punti. Sono però venuta a capo alla questione Folk och Rackare - Golden Bough e devo dire che sono stata fuorviata dal titolo dell'album "Celtic Music from Ireland, Scotland and Brittany "

Golden Bough in "Celtic Music from Ireland, Scotland and Brittany " 2010 propongono una versione inglese quasi identica (sia nel testo che nella melodia) a quella svedese dei Folk och Rackare. C'è da ipotizzare che abbiano adattato il testo alla melodia da una delle tante traduzioni del brano stesso utilizzato dai Folk och Rackare e in effetti tra i crediti del brano scrivono
Lyrics by Margie Butler, based on a translated form Swedish by Lief Sorbye
music: Carin Kjelman

Ah e adesso posso dormire tranquilla!

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Harpans Kraft/The power of the harp | TERRE CELTICHE BLOG

Nella Ballata Harpans Kraft (Il potere dell'arpa) della tradizione scandinava intitolata in Norvegia Villemann og Magnhild troviamo al centro della trama

Cattia Salto - 17/4/2020 - 22:36


La tecnica dello strumming su lyra

Cattia Salto - 18/4/2020 - 13:04


@ Cattia Salto

Carissima Cattia, ho visto tutto quello che hai fatto e ne sono veramente strabiliato. Non è un modo di dire: ad esempio, non pensavo davvero che esistessero persino dei video dove si fa vedere la tecnica dello strumming su una lyra (però mi chiedo come mai scrivano "struming": il verbo è strum/strummed; ma, come si sa, the most widely spoken language in the world is bad English). Tra parentesi: il nome di Joe Strummer, il defunto leader dei Clash -al secolo John Graham Mellor, 1952-2002- deriva proprio da questo: altro legame col rock! Riguardo alla tua pagina sul Gautakvæði:

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Gautakvæði (Il canto di Gauta) | TERRE CELTICHE BLOG

work in progress Nella Ballata Harpans Kraft (Il potere dell’arpa) della tradizione scandinava intitolata in Norvegia Villemann og


ti chiederei però di rettificare il titolo: il canto non è di *Gauta (che sarebbe, peraltro, un nome femminile), bensì di Gauti, che è il suonatore d'arpa. Nella micidiale lingua islandese, Gauta è una forma di genitivo singolare ("di Gauti") in una delle circa sessanta declinazioni di quell'idioma.

Detto questo, e a proposito proprio del nome "Gauti": fra un po' mi metto a scrivere qualche considerazione su di esso, che credo interessante riguardo all'origine della ballata. Ti anticipo soltanto questo: il nome Gauti e le sue varianti continentali (Gaute ecc.) significa "Goto". Nel senso proprio di appartenente all'etnia dei Goti. E ce n'è di che farne, appunto, qualche ragionamento nel quale il germanista sguazza come il nix nel fiume. Ti do quindi appuntamento a presto! E ancora grazie.

Riccardo Venturi - 18/4/2020 - 18:28


@ Riccardo Venturi
C'ero anch'io al concerto dei Clash in quel di Firenze nell'81.
Grazie per la segnalazione dell'errore, (e mi viene in mente Benigni e l'Eva che finisce per a) e aspetto con ansia il seguito della storia.
Nel frattempo ascolto dei canti in old saxon -da sballo!

Cattia Salto - 18/4/2020 - 20:20


... da cui anche il nostro "Gaute da suta!"

Hi, hi, hi!

Saluzzi, neh!

B.B. - 18/4/2020 - 21:15


@ BB

Vengo finalmente punito di tutte le mie numerose malefatte: io, che traduco indifferentemente e con la massima nonchalance e rapidità dall'islandese, dal norvegese dialettale e dal danese seicentesco, ignoro totalmente il piemontese e non so che ^$%!!*@ voglia dire "Gaute da suta!" (sarà qualcosa "da sotto"...?). La nemesi si è abbattuta su di me. Addio, mondo crudele!!

Riccardo Venturi - 18/4/2020 - 23:06


@ Cattia Salto

Va detto che strum, in una comune accezione, vuol dire anche "strimpellare"; in realtà "Joe Strummer" vuol dire "Joe lo strimpellatore", e pare che lui stesso si sia coniato l'appellativo per auto-prendersi in giro dato che non riteneva di avere una gran tecnica chitarristica. Però riconosco che mi è piaciuto parecchio identificarlo con l'arpista che suona su più corde, dato che strum vuol dire anche quello !

Riccardo Venturi - 18/4/2020 - 23:11


Non temere, Ricardinho, "Gaute da suta" non c'entra nulla con i Goti... Vuol dire "Togliti di mezzo, di sotto", dal verbo Gavé... E' un modo di dire molto comune da queste parti, e anche il nome di una celebre scuderia fuoristradistica, nonchè di un Toro Fan Club...

Salut

B.B. - 19/4/2020 - 10:18


@ BB e RV
anche "gaute la nata"
Modi di dire piemontesi: gavesse la nata

Cattia Salto - 19/4/2020 - 13:32


Giustirrimo, Cattia!

B.B. - 19/4/2020 - 15:45


SKÁLD - Villeman og Magnhild

1/8/2023 - 12:42




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