Roberto Benigni

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Roberto BenigniRoberto Remigio Benigni (Castiglion Fiorentino, 27 ottobre 1952) è un attore, comico, regista e sceneggiatore italiano. Fra i numerosi riconoscimenti per il suo lavoro, vanta il ricevimento del premio Oscar per il film La vita è bella (1997), come attore protagonista, e la candidatura al Premio Nobel per la letteratura 2007 (principalmente per l'impegno profuso in favore della diffusione della Divina Commedia di Dante Alighieri).

Noto e popolare monologhista teatrale, dalla comicità ironica e dissacrante, è diventato personaggio pubblico tra i più amati in Italia e nel mondo. Le sue apparizioni televisive sono poco frequenti e testimoniano un carattere gioioso e irruento, sovvertendo spesso il clima dei programmi di cui è ospite: spesso è stato oggetto di polemiche intentate dalla classe politica, specie di centrodestra, per la sua satira tagliente, che ha spesso come bersaglio esponenti politici di rilievo, in particolar modo Silvio Berlusconi. Benigni si è altresì distinto come lettore, interprete a memoria e commentatore della Divina Commedia di Dante Alighieri, ricevendo ampi consensi di pubblico e critica.

Nasce a Manciano La Misericordia (frazione di Castiglion Fiorentino in Provincia di Arezzo) il 27 ottobre 1952 da Luigi Benigni (1919 - 2004) e Isolina Papini (1919 - 2004), entrambi contadini. Roberto è il più giovane dopo le sorelle Bruna (1945), Albertina (1947) e Anna (1948), di carattere allegro ed espansivo fin da giovanissimo, si trasferisce nel 1958 con tutta la famiglia a Prato, nella frazione di Vergaio, dove vive tutt'ora la sua famiglia di origine. Iscritto dapprima in un seminario fiorentino, lo abbandona dopo l'alluvione del 4 novembre 1966, per compiere gli studi secondari nell'istituto tecnico commerciale Datini di Prato. La sua vera grande passione è però lo spettacolo.

Nel 1983 durante le riprese di Tu mi turbi conosce l'attrice cesenate Nicoletta Braschi che diventerà sua moglie il 26 dicembre 1991 con una cerimonia privata, da quel momento l'attrice sarà praticamente presente in tutti i film diretti dal marito.

Dopo avere iniziato come cantante e musicista debutta sul palcoscenico nella primavera del 1972, non ancora ventenne, al Teatro Metastasio di Prato con lo spettacolo Il re nudo di Eugenij Schwarz, diretto da Paolo Magelli. A Firenze fa la conoscenza - rivelatasi fondamentale - di Luigi Delli, Carlo Monni, Donato Sannini, Marco Messeri, col quale si avvia - i due durante i settanta portano in scena in coppia vari spettacoli scritti e diretti dallo stesso Messeri - verso forme di spettacolo d'avanguardia, di scherzo popolare da strada. Nell'autunno del 1972 si trasferisce a Roma e si fa le ossa per un triennio nel teatro sperimentale, collaborando soprattutto con Lucia Poli nella compagnia Beat '72 nel Teatro dei Satiri e nel Teatro San Genesio, partecipando a diversi spettacoli; di alcuni cura anche la regia.

Nel 1975 fa un incontro fondamentale per la sua carriera, con Giuseppe Bertolucci, che scrive per lui il monologo Cioni Mario di Gaspare fu Giulia, che ottiene grandissimo successo dapprima al Teatro Alberico di Roma e portato poi su tutti i palcoscenici italiani. Il personaggio di contadino toscano che delinea, in gran parte autobiografico, contiene già l'ambivalenza che caratterizza anche in seguito le sue interpretazioni: da un lato, una travolgente esuberanza gestuale e soprattutto verbale, che ricorre volentieri all'eloquio plebeo e all'aperta irriverenza verso qualsiasi forma di autorità; dall'altro lato un candore ingenuo e quasi infantile, che lascia spesso intravedere una vena di surreale e malinconica poesia.

Nel 1976 viene invitato al Premio Tenco che contribuirà in modo notevole alla sua affermazione e a cui parteciperà molto spesso.

Il personaggio di Cioni suscita anche grande scandalo e molti interventi censori, nella serie televisiva Onda libera (il cui titolo originale avrebbe dovuto essere Televacca), e Vita da Cioni, approdando infine al cinema nel 1977 nel film, diretto e sceneggiato dallo stesso Giuseppe Bertolucci, Berlinguer ti voglio bene, che ne asseconda facilmente l'estrema mobilità e la loquacità incontenibile. La pellicola attraversa numerose traversie, prima di affermarsi come un film cult. I censori dell'Italia democristiana dell'epoca avversano la pellicola, impedendone la diffusione in molte sale. Benigni venne lasciato senza un minimo supporto, anche dalla critica specializzata, che avrebbe dovuto essere imparziale e schierarsi con l'artista.

L'immagine del primo Benigni si forma dunque come personaggio scomodo e ribelle, di nicchia, temuto da una parte ed amato dall'altra, imprevedibile e sempre capace di provocare sorprese e, a volte, choc. Apparso a una manifestazione pubblica del Partito Comunista Italiano, del quale era simpatizzante, prese in braccio e dondolò il leader Enrico Berlinguer, persona molto seria. Fu un fatto senza precedenti; fino ad allora, i politici italiani erano noti per la loro seriosità e formalità, e Berlinguer era forse il più serio di tutti. L'evento segnò una svolta, dopo la quale i politici sperimentarono nuovi modi, frequentando anche manifestazioni meno formali e in generale modificando il loro stile di vita verso un'apparenza più familiare.

Durante il Festival di Sanremo del 1980, di cui è il presentatore, scandalizza il pubblico baciando appassionatamente, in diretta televisiva, la conduttrice Olimpia Carlisi, ma soprattutto fa storia il suo epiteto Wojtilaccio, una via di mezzo tipicamente toscana, tra l'irriverente e l'affettuoso per apostrofare il Papa venuto dall'Est, Giovanni Paolo II. In seguito compare ancora in televisione, come ospite d'onore in spettacoli condotti da Pippo Baudo (ancora al Festival di Sanremo del 2002) e Raffaella Carrà, nonché nei talk-show americani, soprattutto quello, popolarissimo, di David Letterman.

Con Bertolucci collaborerà ancora nel 1986 con un'antologia di spettacoli tenuti dal comico nelle piazze e nei teatri di tutta Italia, Tuttobenigni (dal vivo), replicata poi in videocassetta nel 1996 con Tuttobenigni 1995/96. È proprio tramite Bertolucci che Benigni entra in contatto con lo sceneggiatore Vincenzo Cerami col quale affronterà la fase più matura della carriera.

Mentre prosegue l'attività cinematografica in ruoli di secondo piano, tranne nel ruolo da protagonista di un bizzarro maestro elementare nel film Chiedo asilo di Marco Ferreri, nel 1978 partecipa al programma televisivo di Renzo Arbore L'altra domenica, nelle vesti di uno stralunato e improbabile critico cinematografico. La collaborazione con Arbore continua con altri due film: Il Pap'occhio del 1980 e FF.SS. del 1983 nel primo si racconta l'inaugurazione di un fantomatico, e in grande anticipo sui tempi, Centro Televisivo Vaticano: la seconda è un viaggio goliardico nei vizi dell'Italia degli anni '80 compiuto da una donna delle pulizie, raccontato in una fantomatica sceneggiatura volata via dallo studio di Federico Fellini. Entrambe le pellicole si attirano i fulmini censori e le ire del maestro riminese, che tenterà un'azione legale contro il regista. Benigni soprattutto nella prima pellicola è letteralmente scatenato: da antologia le scene sul balcone papale, dove il nostro si affaccia al posto del Pontefice, e soprattutto l'impagabile monologo con l'affresco del Giudizio Universale, dapprima tagliato dalla censura e poi riproposto integralmente nel 1998, alla pubblicazione in videocassetta. Nel febbraio 2005 Benigni torna ancora insieme ad Arbore in televisione come ospite a sorpresa in un suo programma di grande successo, Speciale per me - meno siamo meglio stiamo, dove recita a memoria un canto della Divina Commedia di Dante Alighieri. Il 27 ottobre 2005, inoltre, è ospite della trasmissione Rockpolitik, accanto ad Adriano Celentano e Luisa Ranieri, dove si esibisce in un esilarante monologo di tre quarti d'ora sulla libertà di espressione, riproponendo, in una versione tutta personale e aggiornata all'attualità politica del momento, una celebre scenetta del film Totò, Peppino e la malafemmina (in cui il Principe de Curtis dettava una strampalata lettera a Peppino). Per finire poi con citazioni su libertà e democrazia tratte da Voltaire e Socrate.

Nel 1983 inizia la sua carriera di regista cinematografico con Tu mi turbi film in quattro episodi dove ha ancora modo di mostrare la sua incontenibile verve nella scena famosa della guardia al Milite Ignoto. Il film viene apprezzato da pubblico e critica, quest'ultima però accoglie tiepidamente la sua prova dietro la macchina da presa.

Grandissimo successo al botteghino e di cassetta lo ottiene poi, nel 1984, Non ci resta che piangere, scritto, diretto ed interpretato con Massimo Troisi, pieno di gag e tormentoni entrati nel linguaggio comune e divenuti immortali. I due comici, grandi amici, simili per l'uso personale della parola e della mimica e per il ricorso al dialetto, ma anche profondamente diversi per l'appartenenza a due universi culturali tra loro assai distanti, appaiono come complementari in questo che purtroppo restò il loro unico film recitato in coppia.

Sbarcato per la prima volta negli Stati Uniti d'America, recita in tre film diretti dall'amico Jim Jarmusch: Daunbailò (Down by law) del 1986, nella serie di cortometraggi Coffee and Cigarettes del 1987 - ampliata e riproposta nel 2004 - dove l'attore toscano si cimenta col mondo cupo e soffocante dell'emarginazione nelle metropoli americane e in Taxisti di notte del 1991, film ad episodi nel quale recita, in una Roma spenta e desolata, la parte di un tassista toscano che uccide un prete con la sua scabrosa confessione su amori non proprio ortodossi. Pellicole diventate cult per molti cinefili. Ruolo più brillante, invece, quello che affronta con Blake Edwards nel 1993, nel nuovo film della serie della Pantera Rosa intitolato Il figlio della Pantera Rosa, dove gli viene affidata la parte del figlio dell'ispettore Clouseau, l'indimenticabile Peter Sellers.

Nel 1988 inizia una proficua collaborazione con lo scrittore e sceneggiatore Vincenzo Cerami in quattro pellicole da lui anche prodotte per la sua Melampo Cinematografica che ottengono uno straordinario successo di pubblico: nella prima, Il piccolo diavolo, recita al fianco di Walter Matthau; nella seconda, Johnny Stecchino si sdoppia in due personaggi e nella terza, Il mostro, allude certamente al famigerato mostro di Firenze per i delitti del quale in quegli anni si celebrava il processo a Firenze. In questi film mette a tacere la sua vena più aggressiva e popolana per concentrarsi, sempre con lo strumento comico dell'equivoco, su tematiche scottanti e attuali come appunto il mostro di Firenze e il il fenomeno del pentitismo mafioso.

Nel 1990 ha invece l'occasione di recitare in un film diretto da Federico Fellini, La voce della luna, tratto dal libro Il poema dei lunatici di Ermanno Cavazzoni, accanto a Paolo Villaggio, nel quale l'attore rinuncia per la prima volta alla maschera e al vernacolo per tratteggiare un personaggio lunare e inquieto, tutto teso ad ascoltare voci misteriose provenienti da un pozzo. L'anno seguente recita nella fiaba musicale di Sergej Prokofiev Pierino e il lupo, sotto la direzione del prestigioso direttore d'orchestra Claudio Abbado.

Nel 1997 raggiunge la consacrazione internazionale con l'acclamatissimo La vita è bella, il film che racconta la tragedia dell'Olocausto. La pellicola suscita un vero e proprio vespaio a causa dell'argomento trattato, in contrasto troppo stridente, secondo alcuni, con la comicità presente nel film. Benigni, figlio di un ex-deportato (Luigi Benigni fu deportato durante la guerra in un campo di lavoro nazista, ed il film si basa in parte sulle sue esperienze), difenderà sempre la sua scelta di trattare un tema così delicato con approccio diverso: la sceneggiatura tragicomica, in realtà, non fa altro che accentuare la drammaticità e la commozione di alcune scene, proprio grazie a questo contrasto. Ne risulta una traduzione in fiaba, se si vuole, di una tragedia fino ad allora ritenuta "raccontabile" solo in modi rigorosi (come nel capolavoro di Spielberg Schindler's List); ma, proprio come una fiaba, il film di Benigni esorcizza quella che è una tragedia vera, e lo fa ponendo l'accento su un aspetto "tragico nella tragedia", cioè dell'effetto devastante che essa può avere su un bambino. Nella pellicola è proprio il padre, impersonato dall'attore toscano, a salvare il destino e l'animo del figlio.

Il film riceve sette nomination all'edizione degli Oscar del 1999, portandone a casa tre nella notte indimenticabile del 21 marzo 1999, quello per la miglior colonna sonora a Nicola Piovani, quella come miglior film straniero e la prestigiosa statuetta per il miglior attore protagonista. Benigni è il primo attore non anglosassone a vincere in questa categoria, ed è anche l'unico attore - insieme a Laurence Olivier - ad aver vinto tale premio in un film diretto da se stesso, ed il quinto a vincerlo per una commedia. È anche stato il quarto nella storia a ricevere nello stesso anno le nomination come attore, regista e sceneggiatore, dopo Orson Welles, Woody Allen e Warren Beatty.

Proprio il momento della consegna del premio da parte di Sophia Loren (memorabile l'annuncio della Loren "ROBERTO!") ed è rimasta memorabile anche l'esplosione di gioia dell'attore toscano che, divertendo ampiamente il pubblico americano, abituato alla formalità della notte degli Oscar, all'annuncio del suo nome balzò sui braccioli e gli schienali delle sedie della sala per raggiungere il palco, passando sopra le teste dei divi di Hollywood presenti. Proprio questa gag improvvisata e il discorso di ringraziamento in un inglese stentato lo resero particolarmente simpatico ed apprezzato negli Stati Uniti. Dopo aver ricevuto le nomination, Benigni incontrò l'allora presidente della repubblica italiana Oscar Luigi Scalfaro e, stringendogli la mano, esclamò: Ora ho l'Oscar nelle mie mani!. Oltre a questo, il film fa incetta di premi: 5 Nastri d'Argento, 9 David di Donatello, e il prestigioso Gran Premio della Giuria al 51° Festival di Cannes, con uno scatenato Benigni che si distende ai piedi di un estasiato Martin Scorsese, presidente.

Subito dopo quel successo colossale e probabilmente irripetibile, sceglie di comparire in un film per famiglie di produzione francese Asterix e Obelix contro Cesare, diretto da Claude Zidi, accanto a Gérard Depardieu nella parte di Obelix, a Christian Clavier nella parte di Asterix e alla modella Laetitia Casta, interpretando Detritus, il perfido consigliere di Giulio Cesare.

Nel 2001 inizia la lavorazione di Pinocchio, uscito l'anno seguente, di cui firma la regia, la sceneggiatura e la produzione. Si tratta di uno dei film più costosi della storia del cinema italiano. Al botteghino il film ottiene un buon successo, ma viene preso di mira ancora una volta da parte della critica. Una polemica nasce dalla scelta di Benigni di non aver incluso sui manifesti il nome del creatore di Pinocchio Carlo Collodi. La risposta del comico sarà: "Collodi è un'assenza che più presenza non si può, è come dire che la Bibbia è tratto dall'omonimo romanzo di Dio. Tutti al mondo sanno che Pinocchio è di Collodi."

Nel 2004 produce, scrive e dirige il suo ottavo film, sempre al fianco della moglie Nicoletta Braschi, intitolato La tigre e la neve, uscito nelle sale il 14 ottobre 2005. Si tratta della riproposizione di tematiche già presenti nel film La vita è bella (un uomo qualunque, ilare e giocoso che si innamora di una donna) ambientata stavolta in un altro tragico contesto: la guerra in Iraq. Nel film, con Benigni e la Braschi, appaiono Jean Reno e Tom Waits. Anche questo si rivela un grande successo di pubblico, ma viene accolto in maniera controversa dalla critica. Anche questo film si rivela un vero inno alla vita e alla gioia di vivere.

Un rapporto particolare lega poi l'attore toscano con la Divina Commedia e Dante: tiene letture sull'argomento in diverse università ed è molto apprezzato per le sue recitazioni a memoria di interi canti del poema: resterà memorabile quella dell'ultimo canto del Paradiso avvenuta il 23 dicembre 2002 nel teatro di posa della sua casa di produzione a Terni, alla presenza di un folto pubblico televisivo, ispirate dalla tecnica della poesia estemporanea, una forma d'arte popolare in Toscana.
Roberto Benigni sul palco di Tutto Dante a Padova, 23 giugno 2008.

A partire dal 27 luglio 2006, in Piazza Santa Croce a Firenze, Benigni ha tenuto un ciclo di letture dantesche. Tredici canti, uno per sera, letti e commentati, come in un unico grande racconto, dall'attore toscano più noto nel mondo. I canti della Divina Commedia che sono stati scelti sono i primi dieci, il XXVI e il XXXIII dell'Inferno e il XXXIII del Paradiso.

Dal successivo novembre Benigni ha poi portato in giro per l'Italia le sue letture dantesche, in un tour chiamato "Tutto Dante".

Nel corso del 2007 lo spettacolo è stato proposto in alcune carceri italiane.

Ispirato al tour "Tutto Dante", la RAI ha prodotto uno show, che vede protagonista lo stesso Benigni, diviso in una prima serata evento ed altre dodici seconde serate. Il 29 novembre 2007 è andata in onda su Rai Uno la prima puntata della serie in cui Benigni ha letto 14 canti della Divina Commedia, preceduti da una sua personale spiegazione. La prima puntata è stata seguita da 10.997.000 spettatori. Il programma "Tutto Dante" continua per 13 puntate in seconda serata su Rai Uno a partire dal 6 dicembre. Durante la prima puntata ha parlato del XXXIII canto del Paradiso.

Dal dicembre 2008, lo spettacolo Tutto Dante varcherà i confini nazionali per intraprendere un viaggio che porterà Roberto Benigni e Dante in giro per l’Europa, gli Stati Uniti, il Canada e l’America del Sud.

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