Renato Carosone

Canzoni contro la guerra di Renato Carosone
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Renato CarosoneRenato Carosone nasce a Napoli il 3 gennaio 1920.
La mamma Carolina ed il papà Antonio non sospettavano certamente di aver messo al mondo l’uomo e l’artista che sarebbe diventato il simbolo della canzone napoletana in tutto il mondo. Attraverso la sua simpatia, il suo innato umorismo, la sua musica, ha fatto canticchiare, ballare, divertire, sognare, innamorare, gente di ogni paese. Cina compresa.
La sua infanzia è caratterizzata da una Napoli, fantastica, passionale, piena di risate e di poesia, dove tutto è ironia e commedia, ogni cosa al limite tra sogno e realtà.
La Napoli “dove ognuno vive in una inebriata dimenticanza di se” come ebbe a dire Goethe in occasione di un suo viaggio in Italia.
In questo clima non tarda a manifestare la sua schietta passione per la musica ed in particolare il fascino che su di lui esercita il pianoforte; i genitori a fronte di ogni sacrificio lo assecondano e lo fanno studiare sotto la guida di autentici maestri come Vincenzo Romaniello, Celeste Capuana e Alberto Curci.
La madre scompare prematuramente e Renato, primo di tre fratelli, aiuta il padre a tirare avanti la famiglia adattandosi ad ogni tipo di lavoro.
E’ proprio con il fratello e la sorella che forma il primo “trio” Carosone, per la gioia dei parenti, vicini e coetanei di quartiere.
Gli anni passano e Renato diciassettenne parte per l’Africa scritturato da una compagnia di arte varia in qualità di pianista e direttore d’orchestra.
Il gruppo artistico di cui Carosone fa parte, termina la tournèe africana e rientra in Italia, meno Carosone, che rimane in Africa scritturato nuovamente da un’orchestra Jazz di Addis Abeba.
E’ il 1937 e le esperienze musicali di Carosone da quel momento si susseguono una dopo l’altra, rivelando al giovane pianista aspetti completamente nuovi nell’arte di far musica.
Chiamato di leva, per la seconda guerra mondiale, viene inviato al fronte somalo-britannico.
Occupata dopo un anno Addis Abeba, Carosone riprende il suo posto al pianoforte in una formazione Jazz in un club di Inglesi.
Dirigerà in seguito piccole e grandi formazioni orchestrali per night, spettacoli di varietà, operette e veri e propri concerti per sola orchestra.
E’ il 1946 e Carosone, a 26 anni, torna con una delle prime navi che ripartono dalla Somalia per l’Italia.


I successi che già aveva nella ex colonia a nulla serviranno in Italia, poiché completamente sconosciuto.
Ricominciare da capo, era l’unica strada!
Una scrittura dopo l’altra in piccole formazioni di orchestra da ballo, ed infine il “momento magico”. A “Renato Carosone”, nel 1949, gli viene espressamente richiesto di formare un “Trio” ed inaugurare un nuovo night a Napoli.
Fa amicizia con un olandese dal nome Van Wood ed alle tre del mattino lo scrittura come cantante chitarrista.
Mancava il terzo; l’incontro avviene su segnalazione del padrone del Night che aveva incaricato Renato di formare il Trio.L’occhialuto simpatico Gegè di Giacomo si presenta puntuale alle 16,30 all’Hotel Miramare di Napoli dove Carosone stava provando con Van Wood.
Si viene a creare una situazione a dir poco comica, il batterista è senza batteria, dice che l'ha portata a cromare, Carosone e Van Wood contrariati cominciano a dubitare della validità di Gegè, che intuisce tutto e per fugare ogni dubbio improvvisa una batteria casalinga: una sedia di legno, un vassoio, tre bicchieri di diversa grandezza e tonalità, due pioli, un fischietto.
Questa è la prima prova del Trio Carosone divenuto in breve tempo famoso e richiesto in ogni parte del mondo.
“Napoli paese d’ò sole, paese d’ò mare, paese addo’ tutt’è pparole so’ ddoce e so’ amare, so’ ssempre parole d’ammore” dice una nota canzone, ed in questo spirito i singoli componenti del “Trio Carosone” mietono successi ovunque approdino, grazie anche alla spiccata personalità e doti comunicative che ognuno di loro riesce ad esternare.
Quando Van Wood si staccherà dal gruppo per formare un nuovo complesso per tentanre la propria fortuna, Renato spinge ancora di più l’accelleratore e non lo fermerà più nessuno.
Sempre con il fedele Gegè a fianco, formò altri gruppi e fecero la loro apparizione sul mercato i primi Long playng che contenevano le prime composizioni di Renato Carosone, “Maruzzella” aprì la strada del nuovo compositore, con un testo stupendo di Enzo Bonagura.
Ebbe inizio, dopo il L.P., un’ascesa rapida e travolgente, “Maruzzella”, “Torero”, “O Sarracino”, “Pianofortissimo”, “T’aspetto e nove”, “Pigliate n’a pastiglia”, “Caravan Petrol”, “O russo e ‘a rossa”, “Tu vuò fa’l’americano”, “ ‘O mafiuso”.
I testi firmati da un grande della musica leggera italiana: Nisa (Nicola Salerno).
“Torero” rimase in classifica per 14 settimane, al primo posto, nella Hit Parade Nord Americana. La stessa canzone fu tradotta in 12 lingue e di sole incisioni americane ne esistono 32. Questo enorme successo aprì a Carosone la conquista del mercato Nord Americano, dopo Parigi, Londra, Madrid, Barcellona, Valencia, Monaco, Francoforte, Hannover, Berlino, Norimberga, Dusseldorf, Zurigo, Losanna, Nizza, Montecarlo, Atene, Lisbona, Behiruth, Palma de Majorca, Rio de Janeiro, Sao Paolo del Brasile, la popolare formazione riceve il premio più ambito: la famosa “Carnegie Hall” di New York.
La tournèe americana ebbe inizio a Cuba, seguì a Caracas ed infine il debutto alla “Carnegie Hall” il 5 Gennaio 1957.
Lo spettacolo fu un vero trionfo, non erano più gli emigrati di “lacreme napulitane” che sbarcavano, i sei ragazzi di Carosone erano vestiti da Caraceni, con cravatte di Pucci e soprattutto di sorrisi smaglianti che sottolineavano con intenzione anche il nostro famoso e mai più ripetuto “miracolo economico”.
Le sue canzoni cominicarono ad apparire in film con Anna Magnani che canta “Maruzzella”, “Nella città l’inferno”.
Sofia Loren che canta “Tu fuò fà l’americano”, in coppia con Clarke Gable in “La baia di Napoli”. In tanti film di Totò ed infine “Mein street” di Martin Scorzese, di cui la colonna sonora è interamente rivestita dalla musica di Carosone.
Nel 1960, esattamente a 40 anni, Renato Carosone fiuta il vento che cambia, vede urlatori prima, e Beatles dopo, e decide di ritirarsi dall’attività, congedandosi dal pubblico durante una trasmissione televisiva appositamente allestita per l’occasione.
L’annunciatrice era Emma Danieli, Carosone disse al pubblico: “preferisco ritirarmi ora sulla cresta dell’onda, che dopo assalito dal dubbio che la moda jè-jè e le nuove armate in blues jeans possano spezzare via tutto questo patrimonio accumulato in tanti anni di lavoro e di ansie”.
Carosone anche quella volta ebbe ragione. Si appartò per ben 15 anni. Non fu solo. Il pianoforte, suo fedele ed inseparabile compagno, fu tutta la sua ragione di essere. Bach, Clementi, Chopin, Beethoven, furono la luce che illuminò questo periodo di “clausura”. “La sosta fu importante”, dice Carosone, “infatti in 15 anni ebbi modo di mettere a fuoco la mia vita e di uomo e di musicista e rimisi ordine nelle mani fino a riprendere pieno possesso della tastiera del pianoforte”.
Una telefonata, allo scadere del quindicesimo anno di silenzio, ruppe l’incanto! Sergio Bernardini, geniale e persuasivo, organizzò uno Show televisivo dal vivo alla “Bussola” di Focette.
Era il 9 Agosto 1975. La reazione della stampa di tutta Italia fu unanime. Trionfo! Carosone quella sera era vestito sempre Caraceni con cravatta di Pucci, col suo stesso sorriso di 15 anni prima, le stesse canzoni, le stesse mani, la stessa umiltà davanti al suo pubblico, lo stesso pianoforte.
Solo una cosa era cambiata: la consapevolezza del pubblico, di aver ritrovato anche se per una sola sera un amico. Renato Carosone dice: “io sono persuaso, dopo quella ‘reentrèe, che ogni artista deve restare fedele alla sua causa, servendola fino alla fine, senza lasciarsi tentare dalla mania, purtroppo diffusa ai nostri giorni, di ‘aggiornarsi’”. Lo spettacolo pietoso dei cinquantenni con criniere lunghe oltre il colletto e le cinture strette sotto il ventre è stata una testimonianza di questo “aggiornamento” grazie a Dio ora superato.
Ognuno al proprio posto e voglio rifarmi ad un grande Maestro figlio della mia stessa terra, che nonostante i “Gobbi” e “teatro uomo”, gli “spazi liberi” ed infine tutti gli ultimi prodotti del “cabaret” e del “teatro moderno nostrano”, ha continuato imperterrito a sostenere il suo teatro con la medesima tecnica e scuola, fedele e coerente con se stesso: “Eduardo De Filippo”.
E Renato Carosone ricorda sempre quello che un giorno gli disse Eduardo: “devi fare come me! Devi continuare così, perfezionando fino allo spasimo ciò che il tuo pubblico ha voluto, apprezzato e applaudito”.
Dopo il clamoroso rientro nel 1975 con lo “special alla bussola” di Viareggio, Renato ha la tentazione di rientrare “la stessa tentazione che prova chi ha smesso di fumare” dice “e riassapora per una volta il gusto di una sigaretta”.
La canzone non è soltanto arte e poesia, è anche industria, e Renato non vuole sentirsi schiacciato o meglio condizionato da esigenze e interessi economici che roteano intorno ad essa.
Quindi resiste e resta una discreta presenza. Passano ancora 7 anni prima che si convinca a rientrare in sala di registrazione; a far cadere ogni pregiudizio è la collaborazione strettamente amichevole che nasce con il suo produttore e discografico Sandrino Aquilani. Nasce così dopo 22 anni di silenzio discografico il nuovissimo e fiammante LP “Renato Carosone 82”.
L’accoglienza è davvero esaltante ovunque, e sul filo dell’entusiasmo, rientra in sala con il “fido” Aquilani e porta a termine la registrazione di tutte le sue canzoni di successo, con la tecnica moderna di incisione, che nel frattempo si è evoluta e perfezionata.
“Era un forte desiderio poter realizzare nuovamente il mio repertorio, che risentiva qualitativamente delle antiquate matrici di cera”. Questo corona una carriera che tutt’ora lo vede grande e sensibile protagonista. ????
Renato! Che cos’è questa: musica o gioia di vivere? “Tutte e due le cose”.