Aioresis

Canzoni contro la guerra di Aioresis
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Dal sito uficiale del gruppo : www.aioresis.it
La storia degli Aioresis comincia a Sud, nella terra tra due mari chiamata Salento dalla città omonima della Calabria, nel Cilento. Questo angolo di Puglia si protende tra l'Adriatico e lo Jonio verso sud-est fino alla punta estrema: il capo di Santa Maria di Leuca. Il Salento, dunque, non è solo un sud, ma è già oriente, è terra di confine, dove per secoli si sono avvicendate le civiltà che hanno fatto la storia del nostro Paese: Fenici, Greci e Turchi hanno lasciato traccia nella cultura, nella storia e nella lingua degli autoctoni. In particolare, la Grecìa salentina è la zona ellenofona della provincia di Lecce dove un tempo si parlava il griko, oggi conservato nel repertorio di splendidi canti d'amore e di pianto dell'antico Salento.
Secondo la leggenda, giunse sulle nostre coste (Porto Badisco, costa adriatica) Enea, il fondatore della stirpe dei latini; lungo il canale d'Otranto arrivarono le galee dei turchi, ma prima ancora delle genti dell'Ellade, qui vivevano, in modo stanziale, popoli che conoscevano l'uso del ferro e innalzavano verso il cielo imponenti lastre di pietra, (i menhir, di cui resta ancora traccia nelle campagne di Melendugno, Cavallino e Giurdignano) per pregare il loro Dio.
Il passato ricco di storia e tradizione è ancora presente lungo i muri a secco, nelle pajare attorniate dai fichi d'india, nei vicoli stretti delle città scolpite nella pietra leccese, nelle antiche corti, che sono testimonianza della vita della comunità salentina di un tempo che tutt'ora corre piano, incurante delle logiche di sviluppo-profitto-consumo dell'altra Italia.
Terra e mare sono dunque le risorse più preziose del Salento popolato da uliveti secolari, da lunghe file di vigneti e frutteti, delizia del palato e meraviglia della vista.
Appartiene a questa terra una musica antichissima, le cui origini e influenze si perdono nella notte dei tempi. E' una musica coinvolgente, entra in sintonia con il battito del cuore, "scazzica" (eccita) gli ardori, i sentimenti racchiusi nel più profondo dell'anima e accompagna i momenti gioiosi della festa con i canti d'amore, le serenate, fino a quelli più disperati della follia individuale e collettiva… Il ritmo incalzante del tamburello e il suono graffiante dei sonagli si aggiungono al violino, alla chitarra, all'organetto e ai fiati, ricordando l'antico ciclo coreutico-musicale che serviva a riportare all'ordine le donne vittime del morso velenoso della tarantola di Puglia.
La terapia musicale era affidata alle note della pizzica-tarantata, eseguita dall'orchestrina guidata dal barbiere-violinista, il medico delle tarantate, Luigi Stifani di Nardò. Esistono, oltre a questa, altre due forme di pizzica: la pizzica de core per i momenti di festa, nei quali la musica serviva ad accompagnare il ballo di corteggiamento a coppia, e la danza dei coltelli, anche detta danza delle spade, in cui il ritmo dei tamburelli entrava in sintonia con la gestualità dei danzatori, rigorosamente uomini, che si sfidavano a duello, al fine di assicurarsi il corteggiamento della donna amata.
Oggi queste tre forme di pizzica sono presenti nei repertori dei molteplici gruppi di riproposta della musica popolare salentina che, liberata dalla sua funzione terapeutica e di accompagnamento delle fatiche del lavoro dei campi, sta acquistando un posto significativo nel panorama musicale nazionale e internazionale. Essa rappresenta una sintesi sublime, un ponte ideale tra passato e presente: ogni nota, ogni parola, ogni simbolo raccontano la storia e la cultura del Salento.
Gli Aioresis devono il loro nome ad un'antecedente classico del tarantismo, ossia all'antico rito dell'altalena, al quale corrisponde il mito di Erigone, figlia di Icaro, che dopo aver trovato il cadavere del padre, ucciso dai vignaioli ubriachi, corse ad impiccarsi ad un albero. Per mettere fine ai suicidi di massa delle vergini attiche fu istituita la festa dell'aiora, che si svolgeva in primavera, in un clima effervescente di festa di capodanno. Il rito dell'aiora era presente nel tarantismo e consisteva nell'atto di dondolarsi ad una fune appesa al soffitto delle abitazioni o agli alberi. La tarantata si lasciava dondolare dalla fune in un atto di identificazione simbolica con il ragno, che sospeso al filo della tela, oscilla trasportato dal vento.